Gramola, 34 anni da giudice in Valle: “la giustizia non può essere segreta”
“Fare un bilancio di trentaquattro anni di giustizia in Valle d’Aosta è tutt’altro che semplice e lo è ancora meno farlo in quattro parole”. E’ la premessa al ragionamento di Eugenio Gramola, agli ultimi giorni da Presidente del Tribunale di Aosta, che lascerà nel giro di un mese per andare a presiedere la Corte d’Appello di Trento.
L’ordinamento profondamente cambiato
“Sono arrivato qui” nel 1989, dopo un paio d’anni alla pretura di Pinerolo, “nel giorno che è entrato in vigore il nuovo codice penale”. “Siamo passati da un sistema – sottolinea – in cui un giudice faceva le indagini e il processo, a uno in cui mettendo anche solo la firma su una proroga per delle intercettazioni si diventa incompatibili. E’ indubbiamente cambiato l’uso dei giudici”.
Relativamente al tipo di reati perseguiti, salta all’occhio “la fortissima abrogazione” di fattispecie. “Il primo anno qui, – racconta – in Pretura c’era arretrato e ho fatto 1.300 sentenze. Gli anni dopo erano comunque 1.000. Oggi sono 300”. Al tempo erano previsti reati come l’emissione di assegni a vuoto e “spesso fatti del genere originavano reati collegati, come ad esempio nei casi in cui si pagava il rifornimento di carburante con un assegno rubato, chiedendo il resto in contanti”.
“Di questi processi – aggiunge Gramola – ce n’erano parecchi. Oggi sono scomparsi. Purtroppo, sono aumentati i maltrattamenti. Le donne denunciavano meno e se ne parlava di meno”. Nel campo civile, il Presidente non riferisce grossi cambiamenti (“l’ambiente è litigioso per questioni bagatellari”), mentre sulle cause di lavoro “qualche mobbing e licenziamento”, ma “non in proporzioni diverse da altrove”. C’è tuttavia “molto contenzioso legato al pubblico impiego, in proporzioni che non sono cambiate nel tempo”.
Il procedimento fonte di soddisfazione…
Tra i “casi” forieri di soddisfazioni, uno di diritto dell’impiego, in cui l’ordinanza emessa dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, adita dal lavoratore, si è posta conformemente all’orientamento espresso dal giudice aostano. La Cassazione era, invece, al tempo “orientata a ritenere che se si superava il termine di 36 mesi per la reiterazione di contratti non andasse prevista sanzione per il datore di lavoro”. Una vicenda che, dopo l’esito alla Cedu, portò la Suprema Corte ad adeguarsi “in un settore anche socialmente importante”.
Il “caso Cogne”
Relativamente al caso Cogne, di cui fu il Gup di primo grado (condannando Anna Maria Franzoni a 30 anni di carcere per l’omicidio del piccolo Samuele Lorenzi), Gramola è poi netto: “Sono convinto che i processi si facciano in aula, non in tv. – sospira il magistrato – E vedere che veniva quasi fatto il contrario, comunque che venisse fatto un processo parallelo a me ha dato alquanto fastidio. Comunque, mi sono fatto il mio processo tranquillamente, sono riuscito a farmi vedere meno possibile e quindi tutto sommato il lato giudiziario credo che abbia funzionato ragionevolmente bene”.
Il personale, situazione annosa
La situazione del personale del Tribunale aostano resta annosa. Dal punto di vista dei magistrati, oltre a Gramola lascerà Aosta a breve anche Paolo De Paola, transitando nell’organico dei giudici tributari professionali. “Ne mancheranno due su otto. – commenta il Presidente – Un quarto è tanto, si può sostenere solo per qualche mese”. L’impegno, cercando di sfruttare una fase proficua di interlocuzione con il Ministero, sarà di cercare “di avere nel più breve tempo la pubblicazione del mio posto e di quello che lascia” il collega (è inoltre atteso l’arrivo della dottoressa Giulia De Luca, da Genova, in sostituzione della magistrata Anna Bonfilio).
Sul piano del personale amministrativo, dove la pianta organica è di 34 dipendenti, oggi ce ne sono 20 in servizio e “siamo in una situazione migliore rispetto a sei anni fa”. Si perderanno però alcune unità e con il 31 marzo prossimo, il saldo, arrivando a 17 dipendenti, “sarà peggiore” che in passato. Sempre che “non si riesca nel mentre a trovare soluzioni”.
I temi “caldi”
Su una serie di temi, essendo di competenza del legislatore, od oggetto di procedimenti ancora aperti, Gramola preferisce non esprimersi, ma qualche sensazione non la cela. L’abolizione dell’abuso d’ufficio? “E’ tema di dibattito politico”, ma “l’importante è che il pubblico amministratore disonesto resti punibile”.
L’esistenza della criminalità organizzata in Valle? “Direi proprio di sì’, poi bisogna vedere in che forme”. Al riguardo, il magistrato svela che “quando sono arrivato qui, mi era stato ‘consigliato’ di non andare a fare benzina in un luogo, perché ‘era della ‘ndrangheta’”. L’emendamento Costa, approvato alla Camera, per il divieto della pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare? “I giornalisti se la procurano con facilità e ne possono fare degli articoli riassuntivi, non so fino a che punto la norma possa essere efficace”.
Il rapporto tra stampa e giustizia
Tuttavia, “siamo nell’ambito di scelte del potere legislativo, e del governo in definitiva, sulle quali non ritengo di dovermi esprimere, ma “occorre comunque garantire un equilibrio tra il diritto all’informazione delle persone e il diritto alla privacy”. “Non si può pensare di arrivare a poter dare delle notizie soltanto a seguito, per dirla proprio al limite estremo e assurdo, di una sentenza passata in giudicato”, continua il Presidente.
Occorre “trovare un punto di equilibrio, e spero venga correttamente trovato”. “Certamente – chiude Gramola – la giustizia non può e non deve essere segreta, d’altra parte viene resa in nome del popolo italiano. Le udienze sono pubbliche. D’altra parte l’articolo 97 della Costituzione ci parla di trasparenza della pubblica amministrazione, trasparenza significa anche poter pubblicare notizie che riguardano vicende giudiziarie su persone”, pur “con il diritto del singolo a non vedersi trattato come un delinquente quando ci sono invece semplicemente delle indagini in corso”.