Il Gup: su Longarini indagini ampie, ma “di scarso o nullo rilievo” per le accuse
Un fascicolo d’indagine “molto ampio”, ma buona parte di esso, “sul piano quantitativo, è di scarso o nullo rilievo” per valutare le “accuse che sono state contestate ai tre imputati”. E’ la premessa del Gup del Tribunale di Milano Guido Salvini alle motivazioni, depositate in questi giorni, della sentenza con cui ha assolto, lo scorso 9 aprile, l’ex pm di Aosta Pasquale Longarini (oggi giudice civile ad imperia), l’albergatore Sergio Barathier e l’imprenditore alimentare Gerardo Cuomo dall’accusa di induzione indebita a dare o promettere utilità, “perché il fatto non sussiste”.
I tredici faldoni riempiti dagli atti dell’inchiesta, annota ancora il giudice, contengono “numerose intercettazioni e accertamenti patrimoniali bancari su Longarini, Cuomo ed altri soggetti”. Tuttavia, “nessuno di tali accertamenti” risulta “utile in relazione alla prova delle accuse mosse”. Detto questo, il magistrato noto per essersi occupato, tra l’altro, dello “Scandalo Telecom-Sismi” passa ad analizzare i singoli capi d’imputazione del procedimento.
Relativamente a quello che vedeva i tre co-imputati (l’induzione indebita consistita, secondo la Procura meneghina, in “pressioni” telefoniche di Longarini su Barathier, da lui indagato in procedimenti fiscali, affinché si rifornisse per l’Hôtel Royal e Golf di Courmayeur dal “Caseificio Valdostano” dell’“amico” Cuomo), il giudizio del Gup è che “per quanto improvvida possa essere stata l’iniziativa del dr. Longarini, si tratta di una telefonata di 79 secondi avvenuta per di più in un luogo pubblico” (un bar non lontano dalla Procura, ndr.).
Una conversazione “in cui, esauriti i convenevoli e le notizie circa le relative famiglie, ben poco l’imputato può aver detto per favorire Gerardo Cuomo”. Peraltro, si legge ancora nella sentenza, “non vi è alcuna traccia, nonostante l’ampiezza delle indagini svolte, di un interessamento successivo del dr. Longarini in merito ai rapporti commerciali tra Cuomo e Barathier”. In sostanza, un’iniziativa “rimasta al di sotto della soglia dell’abuso”, mirata a segnalare “che il contatto con Cuomo meritasse un esito positivo in quanto questi era un imprenditore affidabile e con prodotti di qualità”.
Fatta salva l’inopportunità del gesto (“che è già stata sanzionata severamente sul piano cautelare con il trasferimento del magistrato dalla Procura di Aosta, che in quel momento reggeva”) il Gup osserva che “quando è avvenuta la telefonata erano già in corso trattative che potevano portare ad un rapporto commerciale tra l’azienda di Cuomo e l’hotel”. Se un effetto quella conversazione ha avuto, non è “stato fino al punto di ‘indurre’ Barathier a firma di un accordo sfavorevole e contro il suo interesse”, in quanto “si è realizzato tra le parti un normale contratto commerciale”.
Oltretutto, nel motivare le assoluzioni, Salvini rileva che nei procedimenti condotti dall’allora pm di via Ollietti nei confronti di Barathier (quale titolare dei negozi “Aurum” di Aosta e Courmayeur) “non vi è alcun segnale indicativo di benevolenza, indulgenza o lassismo”. In un caso, l’ex pm aveva emesso decreto di citazione a giudizio, ma l’albergatore era stato assolto nell’aprile 2017 dal giudice monocratico del Tribunale di Aosta. Nell’altro, le accuse formulate inizialmente da Longarini erano state ridimensionate dal sostituto procuratore generale di Torino Giancarlo Avenati Bassi, che aveva poi condotto il processo. Elementi che conducono a parlare “di severità da parte del pubblico ministero Longarini, certo non di compiacenza”.
Quanto alle accuse di favoreggiamento e di rivelazione di segreti d’ufficio, mosse al solo Longarini (relativamente all’ipotesi che avesse “aiutato” Cuomo ad eludere le investigazioni della Dda di Torino in materia di criminalità organizzata, rivelandogli di essere sottoposto ad intercettazioni telefoniche, di cui aveva appreso dai Carabinieri di Aosta per ragioni d’ufficio), il Gup annota che il primo addebito “soffre di un’intrinseca debolezza”, mentre il secondo è rimasto “del tutto indeterminato nel suo contenuto”.
Per la Procura, l’effetto della “rivelazione” del pm aostano all’imprenditore sarebbe stato palesato dal brusco interrompersi dei rapporti tra Cuomo e Giuseppe Nirta, 52enne di San Luca ucciso in Spagna l’11 giugno 2017 “sotto osservazione” nell’inchiesta Dda poi culminata nell’operazione Geenna, ma, per Salvini, questi “possono essersi esauriti per più ragioni anche del tutto avulse dalla dinamica dell’indagine e dai rapporti col dr. Longarini”. Peraltro, l’esame “incrociato” di dichiarazioni rese a processo e nelle indagini, porta il giudice a ritenere “molto probabile” che all’apprendere della Procura di Aosta del procedimento torinese in cui compariva Cuomo, “quest’ultimo avesse già rotto i rapporti con Nirta e quindi non avesse certo alcun bisogno di suggerimenti dall’esterno”.
In sostanza, conclude il Gup nella sentenza, gli elementi del favoreggiamento contestato a Longarini “appaiono anche meno che indiziari, piuttosto si riducono ad illazioni”, dovute pure, “nella loro origine, probabilmente alla delusione per l’esito sfavorevole del segmento di indagine che riguardava il monitoraggio degli spostamenti di Nirta tramite l’intercettazione dell’imprenditore valdostano”. “Illazioni” sulla base delle quali la Procura di Milano aveva chiesto (ed ottenuto) dal Gip, il 30 gennaio 2017, l’arresto dell’allora Procuratore capo facente funzione di Aosta, che per il Tribunale di Milano non è però una “toga sporca”. Anzi.