Inchiesta Blu belga sulla carne piemontese spacciata per valdostana: le prime sentenze

09 Novembre 2016

Sono arrivate stamattina, al termine dell’udienza a porte chiuse dinanzi al giudice Davide Paladino, le prime sentenze dell’inchiesta “Blu Belga”, nata a fine 2014 da alcuni accertamenti effettuati dal Corpo Forestale Valdostano sulla macellazione clandestina e che ha visto il pubblico ministero Luca Ceccanti contestare a quindici persone reati che includono il concorso in falso, la soppressione di atti veri, la violazione di sigilli e l'omessa denuncia di reato da parte di pubblico ufficiale.

Le posizioni definite oggi, mercoledì 9, riguardano coloro che, nelle precedenti udienze preliminari, avevano optato per riti alternativi. In particolare, è stato condannato a un anno e quattro mesi (pena sospesa) Paolo Moussanet, 54 anni, di Challand-Saint-Victor. Sono invece stati assolti Camillo Pecco, 54 anni, di Gressoney-Saint-Jean e Andrea Piatti, 53 anni, veterinario dell’Unità Sanitaria Locale della Valle d’Aosta.

Sono quindi stati accolti i patteggiamenti chiesti da: Gabriele Empereur, 71 anni, di Gressan (otto mesi di reclusione e 800 euro di multa); Ezio Chabloz, 53 anni di Sarre (sei mesi di reclusione e 200 euro di multa); Albein Bagnod, 37 anni, di Challand-Saint-Victor (otto mesi di reclusione); Franca Marcoz, 56 anni, di Brissogne (sei mesi di reclusione)

La messa alla prova (una misura alternativa per l’estinzione del reato) è stata infine chiesta da: Mathieu Chabod, 20 anni, di La Salle; Alfredo Girod, 32 anni, di Fontainemore; Leo Montrosset, 45 anni, di Jovençan.

Per tutti gli altri imputati – cioè Guido Chaussod, 62 anni, di Nus; Paolo Consol, 62 anni di Issime; Cassiano Treboud, 42 anni di La Salle; Marco Cerise, 38 anni, di Sarre; Piergiorgio Colleoni, 47 anni, di Fontainemore – è stato disposto il rinvio a giudizio. Compariranno quindi nell’udienza dibattimentale, dinanzi al giudice monocratico, fissata per il 20 aprile 2017.

Nel corso delle indagini, iniziate appunto con dei controlli a Nus, gli inquirenti avevano approfondito le modalità con cui alcuni bovini piemontesi venivano macellati, per essere poi commercializzati come carne valdostana. Oltre a individuare una decina di casi del genere (in cui la “valdostanizzazione” era avvenuta grazie a marche auricolari e microchip rimossi da mucche autoctone), erano emersi gli episodi di sei animali maltrattati e uccisi, diciassette carcasse smaltite illecitamente, nonché di trentotto forme di formaggio "insudiciate" e invase da parassiti.

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