Interdittiva antimafia, la Tramoter si oppone alla cancellazione dall’albo dei gestori ambientali
La “Tra.Mo.Ter”, la seconda impresa edile valdostana ad essere stata colpita da interdittiva antimafia (emanata nello scorso ottobre), si rivolge nuovamente alla giustizia amministrativa. Dopo aver chiesto al Tar della Valle d’Aosta (ed essersi vista negare) la sospensiva del provvedimento del Questore, il nuovo ricorso è stato depositato rispetto ad uno degli “effetti collaterali” dell’interdizione: la cancellazione dall’albo nazionale dei gestori ambientali.
Si tratta di un elenco previsto da una legge dello Stato – con sede in Valle d’Aosta presso la “Chambre” – al quale devono essere obbligatoriamente iscritte, per poter operare, le ditte che effettuano attività di raccolta e di trasporto di rifiuti. Tra i requisiti per l’inserimento nell’albo vi è il non essere sottoposti a misure di prevenzione. A seguito dell’emissione dell’interdittiva, lo scorso 25 gennaio, la sezione regionale dell’Albo ha deliberato la cancellazione dell’azienda per il venir meno di quel presupposto.
Secondo la “Tra.Mo.Ter”, tuttavia, tale provvedimento al momento non sarebbe legittimo, perché se è vero che il Tar ha negato la sospensiva cautelare (ritenendo l’interdizione sorretta “da sufficiente motivazione e da congruo supporto istruttorio”), resta ancora da discutere la causa nel merito, nell’udienza fissata per il prossimo 10 maggio. Ecco quindi depositato dall’avvocato stabilito Pasquale Siciliano, per conto dell’azienda di Saint-Christophe, un secondo ricorso, contro l’atto della “Chambre”. In esso, si sostiene che l’eventuale cancellazione dall’albo dei gestori ambientali possa essere deliberata solo dopo la definitività dell’interdittiva (quindi, una volta avvenuto il pronunciamento dei giudici amministrativi).
La questione, anche se originata da un “aspetto collegato” al provvedimento principale, non è di poco conto: se l’atto del Questore inibisce una ditta dall’operare con la Pubblica Amministrazione, la cancellazione dall’albo dei gestori ambientali gli fa perdere il titolo ad effettuare l’attività di raccolta e trasporto rifiuti. Tradotto, significa dover smettere di lavorare anche con i privati in quello specifico settore.
L’udienza in camera di consiglio al Tar su questo nuovo ricorso è stata fissata, anch’essa, per il 10 maggio. Vista la consequenzialità della cancellazione rispetto all’interdittiva, si tratterà quindi di una giornata che dovrebbe essere risolutiva su entrambe le questioni.
L’interdizione alla “Tra.Mo.Ter” era nata dalla condivisione informativa – effettuata dal gruppo interforze composto da Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza, Direzione investigativa antimafia e Ispettorato del lavoro – di elementi emersi durante un’indagine derivata dall’inchiesta "Tempus Venit", imperniata sullo smaltimento irregolare di rifiuti di vari cantieri, tra i quali quello per la realizzazione del parcheggio sotterraneo "Parini". In particolare, stando a quanto appurato durante l’istruttoria effettuata ai fini di valutare l’emissione dell’interdizione, l’azienda, pur presentando come amministratrice Rossella Furfaro, sarebbe stata “gestita di fatto” dal padre Vincenzo.
Sia Rossella, sia Vincenzo Furfaro risultano tra le sei persone per cui il sostituto procuratore Paola Stupino ha richiesto il rinvio a giudizio, al termine degli accertamenti condotti dalla Direzione distrettuale antimafia e dai Carabinieri sullo smaltimento illecito di 85.000 metri cubi di rifiuti, per un ingiusto profitto compreso tra i 500.000 e i 2 milioni di euro.
L’udienza preliminare si è tenuta dinanzi al Gup distrettuale di Torino lo scorso 30 marzo. In quell’occasione sono state esclusivamente perfezionate le comparse, con il rinvio al prossimo 9 maggio. Sembra tuttavia, da quanto appreso, che non vi sia l’intenzione di optare per riti alternativi, anche perché alcune difese sarebbero pronte a giocare la carta di un’eccezione sull’utilizzabilità, nel procedimento, di alcune intercettazioni telefoniche, che rappresenterebbero peraltro l’elemento fondante dell’accusa nella dimostrazione del reato di associazione per delinquere finalizzata allo smaltimento illecito di rifiuti, contestato ai coinvolti nei fatti.
Oltre a Rossella Furfaro, sono imputati il costruttore Giuseppe Tropiano, l’ingegnere Serafino Pallù, il collaboratore di Tropiano e geometra Pasquale Toscano e gli imprenditori Roberto Guerrino Montrosset e Vincenzo Furfaro. Per l’accusa, l’“ingiusto profitto” sarebbe stato ottenuto smaltendo i rifiuti derivanti dagli scavi tra cave, discariche non autorizzate a ricevere quel materiale e terreni di consorzi di bonifica in media Valle. Le operazioni sarebbero state compiute, secondo gli inquirenti, falsificando i documenti di trasporto degli inerti.