La frana a Lillaz naturale e imprevedibile, pm chiede l’archiviazione
Era il 12 giugno dell’anno scorso quando una colata di detriti provenienti dallo sterile della miniera di Colonna aveva bloccato, per una settimana, la strada che da Cogne conduce alla frazione Lillaz e Cogne. La frana non minacciava l’abitato ed era possibile una viabilità alternativa, ma la Procura aveva aperto, all’indomani dei fatti, un fascicolo per disastro colposo. È sempre rimasto a carico di ignoti e, negli scorsi giorni, ne è stata chiesta l’archiviazione al Gip del Tribunale, perché gli accertamenti delegati al Corpo Forestale Valdostano hanno consentito di escludere che si sia consumato il reato ipotizzato.
Per il pm Eugenia Menichetti, l’evento franoso va infatti verosimilmente ricondotto ad un insieme di concause tali da sfuggire al controllo, ed alla prevedibilità, di amministratori comunali e regionali, gli unici che avrebbero potuto essere chiamati in causa per i fatti. Alla luce degli accertamenti, nel determinare il crollo si sono sommate le abbondanti piogge dei giorni antecedenti, il cedimento del canale di convogliamento delle acque in uscita dalle miniere di Cogne e l’accumulo di materiale legato all’attività estrattiva (cessata nel 1979).
La miniera di Colonna, inizialmente di proprietà dello Stato, era passata nelle mani di Fintecna SpA nel 2006. In quello stesso anno, la società aveva presentato alla Regione un’istanza di rinuncia allo sfruttamento del sito. Piazza Deffeyes aveva quindi stabilito una serie di misure di messa in sicurezza e di recupero ambientale poste a carico della “finanziaria per i settori industriali e dei servizi”, indicate in una deliberazione adottata dalla Giunta regionale nel settembre 2011.
A quanto emerso, Fintecna ha adempiuto e, nel dicembre 2012, ha depositato un elaborato che esponeva, in particolare, le opere realizzate al fine di convogliare le acque circolanti all’interno della miniera. Nelle indagini sono inoltre stati sentiti sia il responsabile dell’Ufficio regionale cave, miniere e sorgenti, Luca Franzoso, sia il sindaco di Cogne Franco Allera, che hanno confermato l’adozione di strumenti di misurazione del volume acqueo, come richiesto dalla relazione del Politecnico di Torino, interessato sul dossier dalla Regione.
L’inchiesta non ha messo quindi in luce omissioni, o condotte negligenti imputabili ad alcuno e, peraltro – è la conclusione del pm Menichetti – anche se si dovesse ipotizzare un intervento erroneo o difettoso, non sarebbe possibile determinarne l’eventuale apporto alla caduta della frana, differenziandolo dalle altre concause emerse. Secondo le stime del Comune, dalla miniera erano caduti quasi diecimila metri cubi di materiale, pari a circa 600 camion per il trasporto di inerti.