La “rimborsopoli” valdostana approda alla Corte dei conti: oggi le prime due udienze
La “rimborsopoli” valdostana, chiusasi al Tribunale di Aosta tra il luglio 2014 e il marzo 2015 con un patteggiamento e ventiquattro assoluzioni, e per la quale è imminente il processo d’appello a Torino (in calendario per il 28 novembre), ha visto oggi, giovedì 10 novembre, l’inizio delle udienze alla Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti. Ad essere discusse stamattina in piazza Roncas, con sentenza che sarà disponibile nelle prossime settimane, sono state le contestazioni mosse dalla Procura regionale agli ex capogruppo della Stella Alpina, Francesco Salzone, e del Popolo delle Libertà, Massimo Lattanzi, nella legislatura del Consiglio Valle dal 2008 al 2013 (entrambi assenti in aula).
Il primo è stato citato in giudizio per un danno che, complessivamente, è di oltre 417mila euro, mentre l’ammontare richiesto al secondo supera di poco i 368mila euro. La maggior parte della cifra oggetto di contestazione, per entrambi, è relativa alla mancata documentazione delle spese effettuate, tra il 2009 e il 2013, utilizzando i fondi erogati dall’Amministrazione regionale a titolo di contributo per il funzionamento dei gruppi consiliari.
“Quella effettuata dal capogruppo in questo caso – ha detto il procuratore Roberto Rizzi nella sua arringa – è una gestione di fondi pubblici ed è fin da un regio decreto del 1923 che esistono prescrizioni in merito alla corretta rendicontazione del loro uso. Parliamo di un precetto che ha quasi cento anni, dal quale un gruppo consiliare non può certo ritenersi esente. Il presupposto difensivo per cui la norma regionale allora in essere non obbligava alla presentazione dei giustificativi, ma solo di rendiconti riepilogativi delle spese, è piuttosto debole”.
Di avviso opposto i difensori dei due imputati, che vedono in tale aspetto (così come era stato per il capitolo penale) il punto centrale della vicenda. L’avvocato Massimo Occhiena, che assiste Francesco Salzone, ha posto l’accento sulla deliberazione del Consiglio regionale che “diceva cosa i capogruppo dovessero produrre per rendicontare, me da nessuna parte si parla di deposito di pezze giustificative, fatto che esclude l’anti-giuridicità delle spese”. “Gli uffici non hanno mai informato il mio assistito della necessità di trattenere i giustificativi. – ha aggiunto il legale – Se fosse avvenuto, perché non avrebbe dovuto tenerli? Sarebbe stato un comportamento scellerato e ben diverso dalla levatura richiesta per un rappresentante del popolo”.
Respingendo gli addebiti, il difensore di Massimo Lattanzi, l’avvocato Carlo Merani, si è anche chiesto a voce alta: “gli uffici della Presidenza del Consiglio regionale, e i dirigenti, che dicevano al Capogruppo come fare, e controllavano quanto veniva presentavano, se la tesi della Procura fosse corretta non avrebbero un eventuale concorso di colpa, nemmeno virtuale? Le eventuali negligenze altrui vanno quindi imputate, anch’esse, al capogruppo?”.
L’altra parte della contestazione comune ad entrambi gli imputati riguarda, per le uscite per cui i “convenuti” hanno prodotto pezze giustificative, l’incoerenza delle spese sostenute rispetto alle finalità istituzionali per cui i contributi vengono erogati ai gruppi. Al riguardo, il procuratore Rizzi ha citato i soldi utilizzati per pagare pranzi e viaggi (“si tratta di voci coperte dalla diaria percepita dai consiglieri, che potrebbero essere ritenute coerenti solo se avessero carattere di rappresentanza, ma dovrebbero quindi essere prodotte informazioni utili a qualificarle come tali”), nonché per la stampa di giornali dei rispettivi partiti.
Sull’ultimo punto, il pubblico ministero ha precisato: “l’atto sui contributi parla segnatamente di prodotti editi dai gruppi. Utilizzare questi fondi per finanziare il giornale stampato dal partito è errato, perché si tratta di un altro soggetto e quindi l’uso non è quello previsto”. Sul punto, l’avvocato Occhiena ha replicato: “se il giornale si chiama ‘Stella Alpina’, il gruppo pure e il partito anche, in una regione di cui conosciamo le dimensioni, e il giornale parla di attività del gruppo, non riesco a capire di cosa stiamo parlando”.
Per l’ex capogruppo Lattanzi, la posizione sulle spese per l’editoria è diversa, perché il periodico “Foglio Azzurro” era sì edito dal gruppo in Consiglio regionale, ma gli inquirenti contestano che, oltre alle spese per la sua pubblicazione rendicontate nell’uso dei contributi, sono stati chiesti (ed ottenuti) 55mila euro di sovvenzioni, ai sensi della legge regionale sull’editoria, con una indebita duplicazione di provvidenze.
Rispetto all’attinenza delle spese per ristorazione e spostamenti, i legali hanno ricondotto anch’essa all’assenza dell’obbligo di conservazione delle pezze giustificative. Per l’avvocato Merani, la norma con cui il Consiglio regionale nel 2013 ha modificato le modalità di erogazione dei contributi (introducendo la necessità di documentare le spese, ndr), “non è interpretativa della precedente, ma innovativa. Esiste una separazione netta tra i due regimi e ciò esclude l’antigiuridicità delle spese contestate. Se a ciò aggiungiamo l’assenza di contestazioni, da parte degli uffici chiamati ad esaminare i rendiconti, mi chiedo anche dove sia l’elemento soggettivo del dolo obiettato all’allora capogruppo Lattanzi”. L’altro aspetto sollevato dalle difese in proposito concerne le spese effettuate non direttamente dal capogruppo, ma da altri consiglieri delle stesse formazioni: “i nostri assistiti si limitavano a rimborsarle e ad inserirle nel rendiconto e l’obiezione è a loro carico?”.
Al solo Francesco Salzone, la Procura contesta anche il danno d’immagine cagionato alla Pubblica amministrazione (198mila euro sui 417 dell’addebito totale). Il procuratore Rizzi ha spiegato trattarsi di una conseguenza della sentenza di patteggiamento. “Le scelte personali di uscire dal procedimento penale scegliendo tale opzione – ha detto – non sono in discussione, ma l’impatto sull’opinione pubblica c’è stato ed anche rilevante”. La somma è stata calcolata adottando un criterio previsto dalla legge nazionale anticorruzione, vale a dire raddoppiando i fondi restituiti da Salzone all’esito del processo per peculato (circa 96mila euro).
Una contestazione rimandata al mittente dall’avvocato Occhiena, secondo cui la stessa “viola i principi dell’ordinamento europeo, laddove è prevista l’impossibilità di raddoppiare le sanzioni per lo stesso fatto” ed, inoltre, “se è vero che le notizie di stampa sulla sentenza per il mio assistito hanno avuto un riflesso, allora bisogna considerare anche quelle uscite all’indomani della conclusione del primo grado del procedimento penale”. Nei prossimi mesi si terranno anche le udienze a carico degli altri capigruppo di quella legislatura imputati nella “rimborsopoli” valdostana.