La tesi di Sorbara: sostegno della ‘ndrangheta? Ero odiato “da una parte dei calabresi”
Per Marco Sorbara, la conoscenza con il ristoratore Antonio Raso dura praticamente da sempre. Lo ha ribadito ancora oggi, venerdì 24 luglio, in aula al processo “Geenna”. Il consigliere regionale sospeso è imputato di concorso esterno nella “locale” di ‘ndrangheta che, per la Dda di Torino, aveva al vertice il suo “grande amico”. Il sodalizio criminale, dall’inchiesta, avrebbe garantito al politico di origini calabresi sostegno alle elezioni comunali del 2015, ricevendo in cambio informazioni riservate sull’attività del Municipio.
Una tesi che Sorbara respinge quasi con sdegno. “Io ero amato dai miei cittadini. – ha detto, rispondendo al suo difensore Raffaele Della Valle – Ero odiato, in quel momento, dalla mia parte politica e da una parte di calabresi”. Pertanto, nessun appoggio da Raso, perché “il mio appoggio è stato quello degli anziani”, a seguito del “lavoro che ho fatto per loro dal 2010 al 2015”, nella prima legislatura da assessore comunale alle politiche sociali.
Raso “dà i numeri”
A rinforzo della tesi, l’altro avvocato del team difensivo, Corrado Bellora, legge un’intercettazione agli atti. È di due giorni prima dell’appuntamento con le urne, il 9 maggio 2015, e vi si sente il titolare de “La Rotonda” conversare con un’altra persona, cui indica tre numeri di candidati della lista dell’Union Valdôtaine, quella dell’imputato. Corrispondono, sottolinea il legale, ai nomi di “Lancerotto, Porliod e Paesani”. Il numero di Sorbara, ricordato poco prima dal diretto interessato come il 24, non è tra di essi.
“Tutti dicono che ti votano, – reagisce l’imputato – ma se ti vota il 10% è già tanto. Gli anziani ti guardano in faccia e se ti dicono ‘sì’ è ‘sì’”. Bellora chiosa: “mi sembra che questa telefonata confermi che Raso non faceva campagna elettorale per lei, o solo per lei”. Rispondendo al pm Valerio Longi, poc’anzi Sorbara aveva detto che, al di là di ciò che emerge dalle carte, “Raso ha promesso voti a tutti, compreso il sottoscritto”, ma la sua attività di commerciante era tale per cui “diceva a tutti sì”. In realtà, “nel 2015, passavo come l’assessore che aveva fatto bene”.
Nessun appoggio da Di Donato
Il rappresentante dell’accusa va in pressing sull’imputato, leggendo un’altra conversazione, stavolta del 2016, in cui Marco Fabrizio Di Donato (condannato a Torino, in abbreviato, come capo della “locale”) si rivolge a Raso: “ascolta Tonino, sono tre preferenze. Una è Marco, ne abbiamo già parlato”. Sorbara replica osservando che “le elezioni comunali sono state nel 2015” e le regionali (a cui entrerà in Consiglio Valle) si sarebbero tenute solo nel 2018. “Come si fa a decidere di votare qualcuno due anni prima? – si chiede l’imputato – Oltretutto, all’interno dell’Union Valdôtaine ci sono le primarie” e “nel 2016 non si poteva dire che mi sarei candidato”.
Il pm sibila “il fatto è che l’abbiano detto, non che lei lo metta in discussione” e Sorbara – per il quale “con oggi sono 549 giorni di detenzione” – sbotta: “in una conversazione si mette in dubbio, in altre dieci Sorbara è onesto, non vuole giochini”. Quanto all’aver disvelato i “segreti” del comune, “non è mai successo, non solo a Raso, ma a nessun altro”. Assieme al ristoratore “ho discusso solo di articoli di giornale”. Ci sono “intercettazioni in cui mi si sente leggere passi di articoli di giornale”.
Mai sentori di ‘ndrangheta su Raso
A quel punto, l’avvocato Della Valle si fa più diretto che mai: “ha mai fatto un favore a Raso, nella consapevolezza che fosse in odore di ‘ndrangheta”? “No, – si fa intransigente l’imputato – ancora oggi Raso per me è una brava persona”. La tesi dell’accusa è che il ristoratore desse anche “consigli” all’allora assessore, su alcune situazioni politico-amministrative. È il caso, ad esempio, della donazione di mobili dismessi dal comune di Aosta a quello di San Giorgio Morgeto, trasportati nel comune calabrese personalmente da Sorbara.
“Ho portato a termine l’indirizzo dato dalla Giunta comunale nel 2012 e ho fatto risparmiare dei soldi al Comune, liberando il magazzino in cui erano, per cui si pagava un affitto”, ha spiegato l’imputato. Certo, “ero convinto di aver fatto una buona cosa”, poi è nata una polemica, legata ad un’interrogazione della Lega. L’ex assessore si arrabbia e “mi sfogo con Raso”, ma a quel punto “c’è già tutto”, compreso il ringraziamento “di San Giorgio Morgeto in cui si diceva che Sorbara aveva” portato gli arredi “a sue spese”.
“Ho sempre deciso io”
“In otto anni da assessore – sono state le parole dell’imputato – ho fatto solo quello che ho deciso io”. Raso era “un recettore”, come altri “che mi davano le informazioni” dal territorio, poi “io andavo negli uffici”. Se “si poteva fare, bene, sennò fuffa”. “Io – ha continuato Sorbara – cercavo di trasmettere il messaggio che il politico non ti può dare nulla”. Una tesi sostenuta anche riguardo alle “segnalazioni” che per l’accusa l’ex assessore avanzava ad un rappresentante della cooperativa “Leone Rosso”, già sentito in aula in una precedente udienza, con l’inoltro di curriculum vitae di persone in cerca di lavoro.
“Mai chiesto assunzioni”
“Per me era importante poter dare una risposta ai problemi delle persone, perché molte volte succedeva – e questo l’ho appurato stando sul territorio – che le persone non sono informate sulle opportunità che ci sono”, è stato il ragionamento del consigliere regionale sospeso, seguito da: “non ho mai detto a qualcuno ‘assumimi quella persona’, non è mai successo”. Più in generale, “ho dato sempre lo stesso consiglio, ‘mandate il cv”, perché “lo dicevo sempre: ‘se vuoi lavorare nei servizi sociali non devi chiedere a nessuno, basta mandare il curriculum”.
E quel “ci penso io”, a proposito di una persona in difficoltà con una pratica di emergenza abitativa, detto a Raso in una conversazione intercettata dai Carabinieri del Reparto operativo? “Voleva dire ‘vengo e ti spiego’. – esclama l’imputato – Non ha il senso che avessi la possibilità di fare qualcosa. L’assessore non aveva nessun potere. Io non avrei mai preso in giro”. D’altronde, “ero l’assessore che riceveva di più in assoluto. Ricevevo dalla mattina alla sera, tutti i martedì, e poi anche mercoledì e giovedì”.
La telefonata con Raffa “finita in niente”
Politicamente “stavo sulle scatole”, perché “facevo quello che gli altri politici non facevano” e “il popolo mi votava”. Nemmeno l’intercettazione del 2011 con Roberto Raffa, artigiano oggi a processo nell’operazione “Altanum” della Dda di Reggio Calabria sui contrasti tra una cosca e una locale con proiezioni in Valle, nella quale l’allora amministratore comunale parla di “lavoretti” da fare in un centro per anziani “non ha mai avuto un effetto”. “Sicuramente, – ha ammesso Sorbara – ho usato un linguaggio inopportuno” e “non l’ho mai negato, nemmeno in Consiglio comunale”.
Però, nel 2018, quei lavori “non erano ancora stati fatti” e la verità di Sorbara, ancora una volta, è che “l’assessore non ha voce in capitolo”. Attenzione, obietta il pubblico ministero, “Raffa l’ha contattato lei”. “La mia finalità era ‘presentati in ufficio, fai le cose in maniera corretta’” e “a monte non avevo nessun potere”. Oltretutto, “avrei dovuto segnalare a un dirigente, che non era nemmeno il mio dirigente”, ma di “un altro assessore” e “in quel momento, comunque, non è che ci fossero ottimi rapporti”. Concluso l’esame degli imputati, con Sorbara, il processo Geenna tornerà il 9 settembre. E’ in calendario l’inizio della discussione tra le parti, ultimo rettilineo verso la sentenza.