Caso Longarini, si allarga il cerchio delle persone coinvolte nell’inchiesta

31 Gennaio 2017

All'indomani dell'arresto del procuratore capo facente funzione, Pasquale Longarini, al Tribunale di Aosta la sensazione prevalente è sospesa tra lo sbigottimento e la sorpresa. "Non ho parole" è la sola (e rara) espressione che vince il muro del silenzio nel palazzo di via Ollietti e dintorni, oggi anche meno trafficato di altri giorni, per l'assenza di udienze penali in calendario.

Peraltro, la fama da magistrato irreprensibile Longarini se l'è costruita sul campo, negli anni. E' il Pubblico ministero che ha indagato sulla politica, prima di "Mani pulite", arrivando a far arrestare l'allora (ed attuale) Presidente della Regione, Augusto Rollandin, e a condurre alle dimissioni (per gli effetti dell'inchiesta sui ritiri calcistici) il capo di un altro esecutivo di piazza Deffeyes, Dino Viérin. E' stato sempre lui ad occuparsi di questioni complesse, sostenendo tra l'altro l'accusa nel processo di primo grado del delitto di Cogne, vicenda iniziata proprio il 30 gennaio di quindici anni fa, nello stesso giorno in cui ieri Longarini è finito in manette.

Referente della Direzione Distrettuale Antimafia e – dallo scorso dicembre, con il trasferimento dell'allora procuratore capo Marilinda Mineccia a Novara, incaricato di reggere la Procura, in attesa che il CSM nominasse il titolare (e lui stesso era tra i concorrenti) – il magistrato inquirente finisce all'attenzione dei suoi colleghi di Milano circa sei mesi fa, per un esposto che parte da Torino. A inviarlo è il Procuratore generale: nel corso di un'indagine sviluppata proprio nel capoluogo piemontese, alcune intercettazioni tiravano in ballo il pubblico ministero aostano.

Nel palazzo di giustizia meneghino, il fascicolo finisce al pm Roberto Pellicano ed al procuratore aggiunto per i reati di corruzione Giulia Perrotti, che coordinano le indagini, affidate al Nucleo di Polizia tributaria della Guardia di finanza. Si arriva così a ieri, il giorno più lungo per Longarini, quando i finanzieri lo raggiungono e gli notificano l'ordinanza di custodia cautelare ai "domiciliari" firmata dal Gip Giusy Barbara. I reati che gli vengono contestati sono due: "induzione indebita a dare o promettere utilità" e "favoreggiamento".

Assieme al magistrato, finisce ai domiciliari anche un'altra persona, Gerardo Cuomo, amministratore delegato del "Caseificio Valdostano" di Pollein, ditta attiva nel settore della ristorazione, con export anche verso Francia e Svizzera. Secondo gli inquirenti, Longarini – indagando su Sergio Barathier (socio titolare di riferimento dell'Hotel Royal & Golf di Courmayeur, ndr) in un procedimento per irregolarità di natura fiscale e riciclaggio – lo avrebbe "consigliato" sulla "strada" da intraprendere per minimizzare l'impatto dell'inchiesta ("risolvendo" l'aspetto penale, contro un pronto pagamento a livello amministrativo).

In cambio, tuttavia, avrebbe posto la condizione che l'indagato si rifornisse, per alcuni generi, da un imprenditore suo amico, cioè Cuomo. In particolare, alle risultanze delle indagini vi sarebbe una fornitura di Fontine per un totale di circa settantamila euro. L'inchiesta si è avvalsa della testimonianza dell'albergatore e il telefono del pubblico ministero è stato messo sotto controllo. Nell'ambito di quest'attività investigativa, sarebbe emersa anche una vacanza del pm in Marocco, senza spese per il magistrato. L'episodio non è stato tuttavia fatto oggetto di imputazione specifica, rimanendo nell'ambito della contestazione di "induzione indebita a dare o promettere utilità", versione moderna – introdotta dalla legge Severino nel 2012 – della vecchia "concussione".

L'accusa di favoreggiamento è invece relativa al fatto che Longarini avrebbe fornito all'imprenditore beneficiario delle forniture alcune informazioni su un procedimento avviato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Torino. Questo dettaglio, unito a quanto captato durante le indagini, apre risvolti su ambienti contigui a clan di 'ndrangheta, ai quali Cuomo non sarebbe esattamente estraneo. Il "Caseificio valdostano", peraltro, era stato al centro di alcune richieste di accesso agli atti del "Movimento 5Stelle", in ordine agli acquisti di "ingenti quantitativi di generi alimentari" effettuati presso tale fornitore dal "Casinò de la Vallée".

Intercettando Gerardo Cuomo e i suoi contatti con alcune famiglie 'ndranghetiste, in particolare con il pluripregiudicato Giuseppe Nirta, sarebbe emerso il nome di Longarini. Nel corso di un'intercettazione ambientale tra Di Donato e Strati, "due soggetti che consideriamo 'ndranghetisti di vertice" – hanno riferito i carabinieri agli inquirenti, come si legge nell'ordinanza del gip Giuseppina Barbara – "Strati si lamentava in dialetto del fatto che Longarini 'era in stretta con tutti' ma non aveva aiutato lo stesso Strati in un processo". 

Cosa dice l'ordinanza
Nell'ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti del procuratore capo facente funzioni Pasquale Longarini, il gip Giuseppina Barbara scrive: "Le attività di intercettazioni delle utenze in uso a Longarini hanno poi consentito di verificare come lo stesso svolga le sue funzioni di pubblico ministero presso la Procura di Aosta in modo che appare quantomeno disinvolto e inopportuno, dando suggerimenti ai suoi interlocutori, con in quali intrattiene rapporti confidenziali, su come comportarsi o che strategie processuali adottare nell'ambito di procedimenti penali iscritti presso quell'ufficio giudiziario ed assegnati allo stesso Longarini o ai suoi colleghi in un intreccio di rapporti che certamente dovrà essere approfondito dagli inquirenti". 

Oltre ad approfondire la natura dei rapporti tra Gerardo Cuomo e Pasquale Longarini le indagini ancora in corso del nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di Milano si concentrano anche sulle relazioni del magistrato con altri imprenditori. I pubblici ministeri dovranno approfondire "se il magistrato – scrive il gip – abbia asservito la propria funzione non solo a vantaggio dell'amico coindagato ma anche di altri imprenditori valdostani, quali Claudio Leo Personettaz (anch'egli partecipe alle spese del viaggio nel Maghreb), Francesco Muscianesi (autore dei due bonifici bancari per complessivi 45 mila euro) e/o di altri soggetti indirettamente intercettati, in cambio di qualche utilità per sé o per altri". 

"Cuomo pericoloso" mentre Longarini "se libero, rischio di abuso di funzione"
Per il gip Giuseppina Barbara è "più che concreto, oltre che attuale, il pericolo che, se lasciato libero Longarini continui ad abusare della sua funzione di pubblico ufficiale commettendo reati contro la pubblica amministrazione o contro l'amministrazione della giustizia in violazione dei doveri di imparzialità e correttezza su di lui incombenti" mentre su Gerardo Cuomo il Gip sottolinea che è "un soggetto particolarmente pericoloso ed è concreto il rischio che, se lasciato libero, lo stesso non esiti ad utilizzare le sue 'capacità' e relazioni per commettere altri reati contro la pubblica amministrazione, se da ciò possano derivarne vantaggi per lui e per le sue aziende". 

Venerdì l'interrogatorio di garanzia
Pasquale Longarini ha scelto di essere difeso dall'avvocato Claudio Soro, di Aosta. Incrociato stamane all'uscita del Tribunale, il legale – altro nome storico del foro cittadino, già legato anch'egli alla vicenda di Cogne (fu il difensore dei vicini di casa di Anna Maria Franzoni) – non ha voluto commentare, dicendosi in attesa dell'interrogatorio di garanzia, previsto per venerdì 3 febbraio. Sarà quella la sede in cui la versione dell'interessato potrà essere opposta alle accuse.

Un momento comunque non semplice per Longarini, che si troverà davanti quelli che fino a ieri erano dei colleghi (sul suo destino quale toga disporrà il CSM, informato dalla procura di Milano dell'arresto) determinati nel porgli le domande che lui stesso ha rivolto ad altri indagati, in circostanze del genere. E chissà se i mormorii sulle amicizie "chiacchierate", prenderanno, nella sua mente, più spazio delle poche parole con cui li aveva sempre liquidati.

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