Maltrattamenti alle capre: padre e figlia assolti dalle accuse di sevizie
Udienza conclusiva, stamane, al Tribunale di Aosta, del processo a carico di Guido (61 anni) e Rita Chaussod (33), padre e figlia di Nus, imputati di vari reati legati al maltrattamento delle capre di cui sono allevatori, commessi secondo l’accusa in concorso tra loro.
Al termine della requisitoria del pubblico ministero Sara Pezzetto e dell’arringa dell’avvocato difensore Stefano Moniotto, il giudice monocratico Marco Tornatore ha assolto entrambi "per non aver commesso il fatto" dalle accuse di sevizie agli animali e di abbandono dei resti delle capre in prossimità delle stalle in cui le stesse erano tenute.
A proposito, invece, dell’imputazione di "aver effettuato attività di macellazione in luoghi diversi da quelli previsti e senza il rispetto delle normative in materia", Rita Chaussod – che aveva chiesto di essere giudicata con il rito abbreviato – è stata condannata a un’ammenda di 2000 Euro (pena sospesa).
Per quanto riguarda il padre Guido, considerata l’assoluzione odierna rispetto ai due reati più gravi di cui era imputato, è venuta meno la proporzionalità della proposta di patteggiamento avanzata durante la scorsa udienza (due mesi e venti giorni di reclusione) rispetto a quanto commesso. L’imputato ha quindi formulato seduta stante una nuova richiesta, vale a dire una pena pecuniaria di 3000 Euro, da convertire in 12 giorni di libertà controllata: il giudice Tornatore ha accolto, tramutandola in condanna per l’uomo (difeso, nella precedente comparizione in aula, dall’avvocato Valente).
Le indagini erano state compiute nel 2014 dal Corpo Forestale Valdostano, con un sopralluogo nella stalla dell’azienda dei due che, sulla base di quanto riscontrato dagli agenti, aveva condotto a formulare le tre imputazioni. Nell’arringa di stamattina, l’avvocato Moniotto ha insistito in particolare su due aspetti.
Il primo, legato all’impossibilità di contestare il concorso nei reati: "i fatti sono stati commessi dal padre, mentre Rita è solo il titolare dell’allevamento. Lui continua ad allevare come si faceva trent’anni fa (macellando in stalla), mentre lei ha una visione più moderna. Lei sa come lavora il padre, ma tra concorso e connivenza esiste una differenza ribadita da numerose sentenze: la seconda non ha rilievo penale". L’altra osservazione ha riguardato, invece, l’esistenza di giurisprudenza rispetto al fatto che, qualora le finalità della detenzione di animali siano l’allevamento e la macellazione, occorra attenersi solo alle norme su queste attività e non a quelle, più generali, sulla loro cura. Eccezioni tali da convincere il giudice Tornatore, che li ha assolti per le accuse di sevizie ed abbandono dei resti.