Intercettazioni, consulenze e perquisizioni: le strade delle indagini sul rogo di Aymavilles

28 Agosto 2024

Per l’origine e il dilagare dell’incendio che, il 19 luglio dell’anno scorso, ha divorato 115 ettari di terreno tra Aymavilles e Villeneuve, distruggendo due case e danneggiandone una terza in località La Comagne, esistono delle responsabilità. E’ la tesi della Procura di Aosta, che negli scorsi giorni ha chiuso l’inchiesta sul maxi rogo, articolata su più filoni investigativi, muovendo addebiti, per i fatti di quel giorno, a oltre dieci indagati.

Un arco voltaico alla base delle fiamme

L’innesco delle fiamme, per gli inquirenti, va ricondotto ad un corto circuito verificatosi per la caduta (favorita verosimilmente dalla ventosità della giornata del rogo) del rametto di uno dei pioppi sovrastanti il traliccio della linea di media tensione Deval in località La Poya. Ne è derivata, nella tesi accusatoria, una violenta scarica con fenomeno di arco voltaico, arrivata sulla vegetazione sottostante, originando l’incendio.

Secondo l’inchiesta, tuttavia, alcune ispezioni aeree svolte sulle linee, già dal 2018 avevano segnalato criticità nell’area, legate alla vegetazione intrusiva. Per l’omessa risoluzione delle stesse (attraverso il taglio dei rami, o comunque la programmazione degli interventi di risanamento), l’accusa di incendio boschivo, e di inquinamento ambientale, è mossa a cinque rappresentanti della Deval, in concorso tra loro nei diversi ruoli e responsabilità rivestiti.

Si tratta dell’amministratore delegato e presidente del Consiglio di amministrazione della società Giorgio Pession (60 anni, Valtournenche), dell’assistente tecnico di rete Domenico Mileto (58, Saint-Marcel), del responsabile dell’Unità operativa territoriale di Aosta Valerio Zinetti (57, Aosta), dell’elaboratore del documento sulle ispezioni di linee aeree Valter Musso (48, Aosta) e del perito dell’area tecnica Luigi Traverso (63, Genova).

Incendio Boschivo Aymavilles

Lo “scintillio” catturato dalla videosorveglianza

Scartata la tesi delle fiamme partite da un mozzicone di sigaretta (che, nell’impostazione iniziale, sarebbe stato gettato nella zona, ove si era formata anche una coda di auto lungo la strada regionale per Cogne, a seguito di un incidente tra un auto e un ramo d’albero finito sulla carreggiata), le indagini si sono concentrate sullo “scintillio” ripreso dalle telecamere del Municipio di Saint-Pierre, collocate in prossimità del castello.

Una “manifestazione luminosa violenta” (che, tecnicamente, è un’esplosione a carattere elettromagnetico), verificatasi – stando alle immagini – in zona compatibile con la linea di Aymavilles. Il centro di controllo dell’azienda elettrica registra un malfunzionamento della linea alle 15.15 del 19 luglio, orario quindi, per l’indagine, del probabile inizio dell’incendio. Un dato corroborato dagli accertamenti tecnici svolti dai consulenti del pubblico ministero con dei sopralluoghi nell’area interessata.

A ciò, gli inquirenti aggiungono la testimonianza della titolare di un’attività nelle vicinanze, che racconta di aver notato, a partire da diversi giorni prima, malfunzionamenti a dispositivi ed elettrodomestici che con una simile cadenza, non si erano mai verificati in passato. Da qui, l’ipotesi inquirente legata alla caduta del ramo che si è interposto tra due conduttori nudi della linea, con lunghezza sufficiente a innescare e determinare la violenta scarica con arco.

Il fotogramma della videosorveglianza di St. Pierre (a sinistra il fumo del rogo).

Il ritardo nell’intervento dell’elicottero

L’altro filone delle indagini ha riguardato, invece, il funzionamento della “macchina dei soccorsi” messasi in moto quel giorno. In proposito, l’inchiesta ha determinato un ritardo, stimato in circa due ore dalla chiamata di attivazione, dell’elicottero legato alla Protezione civile da un appalto per il servizio antincendio boschivo. Il contratto prevede un tempo d’intervento di 20 minuti per le urgenze e di 40 minuti per le attività ordinarie.

Nel tempo di mancata operatività, secondo una consulenza tecnica affidata nell’ambito dell’inchiesta, si sarebbero potuti eseguire almeno 20 lanci di acqua, per un totale di 12mila litri, su una zona difficilmente accessibile dalle squadre di terra e con visione dall’alto, quindi migliore. Quantità che, stando al consulente incaricato dal pm Giovanni Roteglia (titolare dei fascicoli), avrebbe rallentato l’espandersi del fuoco (nato in località La Poya, mossosi inizialmente verso la strada per Ozein e poi spinto dal vento oltre il torrente Grand Eyvia, sul versante opposto, risalendolo poi anche con fenomeni di “spotting”) e dirottato il suo fronte lontano dalla frazione La Camagne, dove si trovavano le case andate a fuoco.

Il ritardo, nella ricostruzione inquirente, è dovuto a dei problemi di funzionamento della “benna antincendio” dell’elicottero intervenuto. Di quelle criticità, tuttavia, secondo la Procura, la ditta affidataria del servizio, la Sky Aviation srl (che ha incorporato GMH srl, aggiudicatasi originariamente l’appalto), era cosciente. Il malfunzionamento si era infatti già verificato, stando alle attività investigative, in un incendio a Sarre, il 3 luglio, cioè 16 giorni prima.

Una casa distrutta a La Comagne.

Il malfunzionamento non sanato

Una situazione di cui, sulla base di un’intercettazione effettuata durante una riunione dell’8 agosto 2023, tra responsabili dei servizi regionali coinvolti nella gestione degli eventi incendiari, era emersa traccia. “Lì l’equipaggio – dice uno dei partecipanti – aveva risolto tutto dopo un po’ di manovre e quindi nell’arco di pochi minuti aveva sistemato la questione”. Nel caso di Aymavilles, “invece è dovuto rientrare e quindi dall’attivazione alle 16 e 09 sostanzialmente che a me risulta ah… sul luogo dell’incendio è diventato poi nuovamente operativo alle 18 e 10 circa quindi sono passate un paio d’ore”.

Per gli inquirenti, i vertici dell’azienda elicotteristica – dato desunto da alcune chat di messaggistica acquisite in perquisizioni effettuate nelle indagini – non potevano ignorare le criticità. Non avrebbero però operato per la loro risoluzione, tanto che il 19 luglio il primo elicottero della Sky giunto ad Aymavilles non era riuscito a scaricare acqua, per il verificarsi del problema. Ne è stato quindi cercato un secondo, che però ha impiegato del tempo a convergere in zona (le telefonate tra gli operatori della Centrale unica e i diversi attori dell’emergenza restituiscono che fosse partito da Gaby). Quindi, è stato individuato un terzo aeromobile, di un’altra ditta, più vicino ed arrivato rapidamente.

Dopo gli elicotteri, a dar man forte allo spegnimento (completato solo l’indomani) sono arrivati anche i Canadair della Protezione civile nazionale, richiesti in ragione dell’evoluzione delle fiamme. Le accuse di incendio boschivo, delitto contro l’ambiente e inadempimento di contratti di pubbliche forniture sono mosse, a vario titolo, ai rappresentanti legali di Sky Aviation Cesare Sappino (46 anni, Biella) e Alessandro Penco (45, Como), a Carlo Cugnetto, al pilota del primo velivolo intervenuto quel giorno Christian Gagliardo (50, Sarre), al verricellista Luca Laurent (47, Gressoney) e al pilota Roberto Fontanari (50, Trento).

E’ indagato in questo filone anche il capo della Protezione civile regionale, Valerio Segor, in carica all’epoca da quattordici giorni, a seguito della nomina da parte della Giunta Testolin. L’addebito mossogli è di aver contribuito, colposamente, ad aggravare le conseguenze del rogo, giacché non avrebbe operato per superare le presunte inefficienze della compagnia Sky Aviation, alla luce anche del “pregresso” episodio sulla collina di Sarre. Altri accertamenti riguardano poi la documentazione contabile presentata dall’azienda a seguito degli eventi, con ipotesi di truffa e falso, non solo legati ai due incendi.

L’incendio del 3 luglio a Sarre.

Il Comandante sotto inchiesta

Nell’indagine sono state affidate dalla Procura molteplici deleghe investigative, a più corpi (Carabinieri e Corpo Forestale, attraverso varie articolazioni, incluso il Nucleo Antincendio Boschivo e l’aliquota della Sezione di polizia giudiziaria presso la Procura). Sono inoltre stati incaricati di ricostruire origine e sviluppo del rogo diversi consulenti tecnici del pubblico ministero. Questa scelta inquirente pare, nella fase iniziale delle indagini, aver creato perplessità al vertice del Corpo forestale.

Per il contenuto di una telefonata intercettata il 7 agosto 2023, il comandante del Corpo forestale Luca Dovigo, mentre parla con un allora dirigente regionale (oggi non più in servizio), è indagato per rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio. In quella conversazione, per la Procura, il Comandante ha svelato notizie, che avrebbero dovuto rimanere riservate, sulle attività disposte dalla Procura, sulle modalità degli accertamenti, oltre all’allora finalità investigativa perseguita.

“Ma adesso… il… il PM ha nominato un tecnico CTU”, dice Dovigo al telefono. Il suo interlocutore (non indagato) è netto: “allora vuole dire che non si fida di noi… perché è grave ‘sta cosa qua”. Il Comandante osserva che “non ne concluderà niente”, e l’altra persona successivamente ritiene che “il CTU si baserà sui nostri rilievi cosa vuoi che faccia”. Dovigo risponde: “ma certo… anche perché come fai… sì ma sono arrivati su con tutti cartellini tipo CSI… lì c’è un mozzicone… lì c’è altre cose… ah… han beccato un rastrello… sì rastrello stan facendo i fieni per forza che c’è il rastrello… ehm”. Agli occhi della Procura, parole in libertà. Troppa, da parte di un pubblico dirigente.

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