Migranti, un operatore aggredito. Il grido di allarme delle coop per il continuo scaricabarile

02 Maggio 2019

Un operatore della cooperativa La Sorgente di Aosta questa mattina, giovedì 2 maggio, mentre svolgeva il suo lavoro nella sede della coop in Via Binel è stato aggredito da un giovane con problemi psichiatrici che non avrebbe dovuto trovarsi lì. Soccorso dal 118, è stato portato ospedale Parini di Aosta dove i sanitari gli ha riscontrato la frattura del setto nasale.

“L’aggressore è un uomo titolare di permesso di soggiorno per motivi umanitari che non ha più diritto all’accoglienza nelle strutture previste dalla Prefettura” ci spiega Riccardo Jacquemod, Presidente della cooperativa La Sorgente “ma che, nonostante i nostri sforzi e le nostre denunce, non riusciamo ad allontanare perché ci viene sempre rispedito indietro”.

Non è la prima volta che l’uomo si rende protagonista di episodi di violenza. “L’aggressione di questa mattina è solo l’ultimo episodio critico che avviene dopo ripetute azioni di danneggiamento, di violazioni e minacce, tutte regolarmente denunciate alle forze dell’ordine e segnalate ai servizi socio sanitari, senza che si produca alcun effetto” spiega ancora Jacquemod.

Dalle parole di Riccardo Jacquemod traspare preoccupazione e impotenza per una situazione di criticità diffusa sull’accoglienza dei migranti. “Il disimpegno che il Governo e le Istituzioni mettono in atto nei confronti di migranti è pericoloso: come cooperativa sono almeno sei mesi che ci facciamo carico di persone in gravi difficoltà e che, in seguito alle ultime modifiche legislative apportate dal decreto Salvini, non possono più rientrare nel programma di accoglienza”.

Il circolo, in effetti, è vizioso e non può che produrre di fatto un gioco allo scaricabarile tra i soggetti coinvolti: le cooperative che gestiscono le strutture, i servizi sociali e le forze dell’ordine. I migranti esclusi dal programma di accoglienza non possono essere rimpatriati, perché in possesso di un titolo per soggiornare nel nostro paese. Nello stesso tempo, però, non hanno più un posto in cui mangiare e dormire e non hanno un lavoro per mantenersi e per affittare una casa. Davanti a loro solo due alternative: vivere in strada e delinquere o rientrare a loro spese nel loro paese da cui sono fuggiti per fame o per guerra. Quasi ovvio pensare che la seconda delle alternative non rientra quasi mai tra le scelte di questi giovani.

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