‘Ndrangheta, Procura preoccupata per voto di scambio e pervasivo intervento regionale nell’economia
Il pubblico ministero Luca Ceccanti è, ad oggi, il magistrato da più tempo in servizio alla Procura di Aosta. Sono sulla sua scrivania alcuni fascicoli riguardanti Palazzo regionale e i suoi “inquilini”, tra quelli maggiormente rilevanti della “vita recente” dell’ufficio inquirente del capoluogo, intendendo con ciò la fase iniziata il 5 luglio 2017, giorno d’insediamento del procuratore capo Paolo Fortuna, artefice della riorganizzazione interna promossa, dopo la reggenza "transitoria" del facente funzione Giancarlo Avenati Bassi, per lasciare definitivamente alle spalle lo “scandalo” dell’arresto dell’allora pm Pasquale Longarini.
“Corruzione in Valle d’Aosta” (con arresti e perquisizioni, anche a carico di consiglieri regionali in carica) e il ritrovamento dei 25mila euro nell’ufficio dell’allora presidente della Regione, Pierluigi Marquis, sono solo due delle inchieste di cui è titolare. Pagine giudiziarie non ancora definite, ma che gli hanno offerto, assieme a numerose altre scritte nel tempo, un’osservazione privilegiata sulla Valle d’Aosta e sui rischi d’infiltrazione del suo tessuto socio-economico da parte della criminalità organizzata.
Per questo, quando la prima Commissione del Consiglio regionale ha chiesto alla Procura della Repubblica di procedere all’audizione di un suo rappresentante sul tema – nell’ambito dell’attività che aveva già riguardato i comandanti delle forze dell’ordine nella regione – per quanto non fosse scontato, la scelta è caduta proprio sul pm che si è occupato (e si occupa) di piazza Deffeyes e dintorni. La seduta dedicata ad ascoltare il Procuratore vicario si è tenuta lo scorso 14 febbraio, giorno di San Valentino, ma la chiave scelta dal magistrato ha concesso poco al romanticismo, pur rimanendo inappuntabile sul piano istituzionale.
Il verbale dell’audizione, confluito assieme a quelli delle altre personalità sentite nella relazione finale approvata ieri, giovedì 1 marzo, dalla Commissione e che verrà sottoposta prossimamente al Consiglio regionale, testimonia infatti come il pm Ceccanti risponda anzitutto all’interrogativo del giorno. Lo fa sottolineando che la storia processuale della criminalità organizzata, della ‘ndrangheta in particolare, in Valle d’Aosta evidenzia che “non ci sia una presenza organizzata, non ci siano delle articolazioni” nel territorio regionale. Dei riferimenti si sono notati “soprattutto in procedimenti che sono stati fatti fuori dalla Valle, ma questi, tuttavia, non hanno avuto un riscontro processuale”.
Dopodiché, il magistrato passa all’analisi del contesto di una Valle d’Aosta che, “in quanto regione ricca, rappresenta un’opportunità di guadagno, prima di tutto, per le associazioni criminali che hanno l’interesse ad acquisire terreno attraverso strutture imprenditoriali, medie o piccole, che operano sul territorio, nel settore dell’edilizia", ma "non solo”. Di ciò esistono “evidenze amministrative e processuali”: società che operano nella regione, o che vi hanno sede, sono state coinvolte in procedimenti penali e “misure di prevenzione e misure interdittive” applicate anche in Valle.
Secondo il Procuratore vicario, è “altrettanto percepibile e percepito che il pericolo vero risieda nella struttura dell’Amministrazione regionale e nel suo pervasivo intervento in campo economico”. Per la Procura “crea preoccupazione” il fenomeno del voto di scambio, “perché questo è un terreno di elezione classico della criminalità organizzata che, in modo molto evidente, dà dei frutti significativi, che sono dei frutti avvelenati, proprio in Valle d’Aosta”.
Sullo specifico punto, “in questo momento” non c’è un evidenza processuale, “non essendo state rilevate condotte coercitive o di intimidazione che attestino che il mercimonio dei voti passi attraverso le forme classiche della criminalità mafiosa”. Tuttavia, Ceccanti fa rilevare ai commissari (tra i quali Davide Perrin, già imputato in un processo per voto di scambio relativo alle elezioni regionali 2013, dal quale era uscito assolto), “la presenza del fenomeno”, a suo dire più insidioso e preoccupante, soprattutto in realtà molto piccole come quelle valdostane, “dell’accaparramento dei voti” con forme "molto più insidiose, che trovano terreno di coltura fertile nell’anomalia – tutta valdostana e che non ha eguali in questo Paese – del sistema delle società partecipate”.
Il magistrato trova evidente che “questa galassia di S.r.l. e S.p.A, a cui si aggiunge tutto un coacervo di Comitati, Associazioni e Fondazioni, comporta opportunità di guadagno e di accesso, sia in termini di posti di lavoro, che di cariche”. In sintesi, il sistema “anche se non direttamente legato a forme tipiche di espressione della criminalità organizzata, manifesta un esercizio rigido del potere”. Un dato oggettivo, cui il procuratore vicario Ceccanti, “senza riferirsi a persone o a forze politiche”, affianca una considerazione conclusiva: tale rigidità “è poco fisiologica, perché il potere, in democrazia, si esercita in forme elastiche, fluide e partecipative, cosa che questo sistema non garantisce”.
Lasciando il foyer del Consiglio regionale, il pm non aveva voluto rilasciare dichiarazioni ai giornalisti in attesa. In tutto, dal momento in cui era iniziata l’audizione, non erano passati più di dieci minuti. Nessuna domanda era giunta, in replica, da parte dei commissari che, al termine della seduta, avevano valutato “considerazioni importanti” quelle del magistrato (il presidente, David Follien), o “interessante” l’audizione nel suo insieme (il consigliere di opposizione, Albert Bertin). Oggi è più chiaro perché.