Nel contenzioso con il Casinò, i Lefebvre segnano in Cassazione un punto che può valere milioni
Guardando al contenzioso tra gruppo Lefebvre e Casinò come ad una sorta di “gioco dell’oca”, l’ultima casella – su cui si arriva con una sentenza della Corte di Cassazione di venerdì scorso, 19 gennaio – intima di “tornare indietro di un giro” e le conseguenze per le casse pubbliche potrebbero essere tutt’altro che indifferenti.
Gli “ermellini” hanno infatti accolto – decidendo sulla “causa madre” che oppone una delle società facenti capo all’ex “Sitav” del gruppo romano alla Gestione straordinaria (in liquidazione) e alla “Casinò de la Vallée” SpA – uno dei motivi di ricorso avanzati dai Lefebvre, assistiti dall’avvocato capitolino Antonio Rappazzo, che ha affrontato il giudizio assieme ai colleghi Stefano Ambrosini e Giorgio Gallone.
Viene così cassata, in parte, la sentenza d’appello pronunciata nel 2007 (già ribaltando il verdetto di primo grado) sulla diatriba scatenata dall’(in)osservanza del contratto per il passaggio, tra la “Sitav”, precedente concessionaria del Casinò, e la successiva gestione, della banca dati dei clienti e di alcuni beni immobili.
In pratica, la Corte di Cassazione “rilegge”, concludendo di non ritenerla esaustiva dei rapporti tra le parti, la condanna della Gestione straordinaria – stabilita in secondo grado – a risarcire la “Sitav” con 3 milioni 615mila 200 euro, perché inadempiente all’intesa del giugno 1994, con cui la società dei Lefebvre aveva concesso in uso o in locazione al gestore subentrante beni e strutture, di cui era proprietaria, per condurre il Casinò.
Per i giudici della Suprema Corte si deve tornare in Appello, perché se è vero che, a seguito di quel risarcimento, “non v’è possibilità di ipotizzare che – in relazione alla banca dati – il giudicato” di secondo grado “abbia lasciato impregiudicati profili ulteriori di danno”, conglobando “nell’unica somma liquidata il ristoro spettante per gli inadempimenti correlati alla banca dati e alle informazioni in essa contenute”, la questione va considerata tutt’altro che chiusa relativamente “ai canoni e alle penali previsti per la restituzione degli altri beni locati”.
Nel dettaglio, si tratta “degli spazi destinati a parcheggi, del capannone contenente gli attrezzi per la manutenzione e del tunnel di collegamento tra il Casinò e il Grand Hotel Billia”. In poche parole, dei beni che la sentenza del 2007 ha accertato restituiti il 27 gennaio di quell’anno, data da cui deriva l’inadempienza alle tempistiche stabilite dal contratto tra le parti.
Ora, scrivono i giudici di Cassazione, “la liquidazione effettuata nel 2007 ha avuto ad oggetto esclusivamente la banca dati”, senza “prendere in considerazione i beni immobili e la loro ritardata restituzione”. Pertanto, nel giudizio d’appello “non si rinvengono statuizioni incompatibili con la possibilità di avanzare successive pretese per canoni o ritardi in relazione agli immobili”.
Va pertanto escluso – continua la sentenza della Suprema Corte – “che sussista una preclusione ‘ex iudicato’ in relazione alle domande riproposte nel presente giudizio, per la parte in cui si riferiscono a beni diversi dalla banca dati”. Per questo, uno dei motivi di ricorso del gruppo Lefebvre “deve essere accolto”, cassando parzialmente la sentenza precedente e rinviando alla Corte d’appello di Torino, “per l’esame delle domande concernenti i beni immobili” ed “anche per le spese di lite”.
Nella ricostruzione del legale che tutela il gruppo romano, dalla data di scadenza definitiva del contratto (il 30 settembre 1995), oltre agli interessi erano dovuti cento milioni di lire per ogni giorno di ritardo. Per la partita sui beni immobili, la casa da gioco potrebbe quindi trovarsi a sborsare una cifra non lontana dai dieci milioni di euro. Inoltre, al momento, fino alla nuova sentenza del grado di rinvio, sfumano le spese legali, tre milioni di euro, accollate ai Lefebvre dai giudici d’appello.
La questione ha già acceso le prime spie d’allarme in Regione. Il gruppo del “Movimento 5 Stelle” ha presentato, in vista della sessione del Consiglio Valle che inizierà dopodomani, mercoledì 24 gennaio, un’interrogazione a risposta immediata, “per conoscere le conseguenze economiche per la gestione straordinaria del Casinò di Saint-Vincent e per le casse regionali” a seguito dell’esito stabilito dalla Cassazione della “causa madre”. La casa da gioco scalda gli animi dell’Assemblea da lungo tempo e la sentenza di venerdì scorso non ha affatto le sembianze di un secchio d’acqua sulle fiamme.