Nuovo interrogatorio in Procura per lo psichiatra ai domiciliari dalla fine di marzo
Rispetto all’ultima volta in cui aveva incrociato dei cronisti davanti a Palazzo di giustizia, pochi giorni dopo il suo arresto, avvenuto il 28 marzo, lo sguardo di Marco Bonetti fatica ad alzarsi e l’incedere appare meno sicuro, sorretto da un bastone di cui due mesi e mezzo fa non c’era traccia. Da quel giorno, lo psichiatra 63enne accusato di violenza sessuale, truffa pluriaggravata, peculato e corruzione, è rimasto agli arresti domiciliari. Inizialmente aveva scelto di non rispondere al Giudice per le Indagini Preliminari, in sede di interrogatorio di garanzia, poi le richieste ripetute di revoca della misura cautelare, in occasione di vari interrogatori, sempre rigettate.
Stamattina è comparso nuovamente in Procura, dove è stato interrogato dal Procuratore capo facente funzioni, Giancarlo Avenati Bassi, e dal sostituto Luca Ceccanti. Accompagnato dal suo attuale legale, l’avvocato Massimo Balì, si è visto porre dai magistrati inquirenti domande relative ad elementi raccolti successivamente all’arresto. Bonetti, allora dipendente dell’Usl della Valle d’Aosta (nel frattempo è andato in pensione), era stato tenuto d’occhio dagli uomini del Gruppo Aosta della Guardia di finanza tra novembre e dicembre 2016. In quel periodo, filmandolo in studio con telecamere nascoste, i militari avevano documentato diciotto episodi di molestie sessuali e trentacinque scambi di denaro nei confronti di pazienti psichiatrici affidati alle sue cure dal Servizio Sanitario Nazionale.
Fatti gravi, tanto da portare il procuratore Avenati Bassi a richiedere al Gip Davide Paladino, che l’aveva disposta con ordinanza, la custodia cautelare del professionista. Richiesta accordata, agli arresti domiciliari. Nelle settimane successive, le Fiamme gialle comandate dal tenente colonnello Francesco Caracciolo, avevano sviluppato alcuni spunti investigativi emersi sia dai filmati e dalle indagini iniziali, sia dagli esiti dalla perquisizione effettuata a casa del medico, nell’occasione del suo arresto.
In particolare, i finanzieri avevano voluto vederci più chiaro su certificati sanitari falsi destinati al rinnovo delle patenti di guida di alcuni pazienti, omettendo di rilevarne le patologie. Si erano così chiesti se il medico (formalmente, un pubblico ufficiale) avesse assecondato ulteriori richieste indebite degli utenti, certificando senza verifiche, e se i documenti fossero poi stati utilizzati dai destinatari per ottenere benefici.
Una “pista” battuta prelevando documentazione negli uffici di Aosta dell’INPS e dell’INAIL, con l’obiettivo di vagliare alcune pratiche pensionistiche a supporto delle quali compariva documentazione rilasciata dallo psichiatra arrestato. Non era stata, tuttavia, la sola direzione seguita dalla Guardia di finanza, giacché era trapelato come sotto la lente d’ingrandimento vi fossero anche giustificazioni per la mancata presenza sul lavoro.
Inoltre, partendo da una serie di agendine rinvenute durante la perquisizione, gli inquirenti erano riusciti a ricostruire gli importi percepiti per le prestazioni professionali che, avevano spiegato i finanzieri in una nota, “considerato il suo status di medico ambulatoriale dovevano essere completamente gratuite". Così, ai 6.500 Euro sequestrati al momento dell'arresto, si era aggiunta nelle scorse settimane la confisca di altri 83.884 Euro, ritenuti profitto del reato di truffa aggravata, per i compensi indebiti ricevuti dai pazienti, e di peculato, per i farmaci di proprietà del servizio sanitario nazionale trovati nelle perquisizioni. Il sequestro era stato eseguito su cinque distinti conti correnti e su un deposito titoli.
Oltre alla ricerca di ulteriori riscontri su queste attività d'indagine (che hanno coinvolto pure alcuni pazienti), l'interrogatorio di oggi è nato anche da una nuova contestazione mossa dalla Guardia di finanza al medico: lo spaccio di sostanze stupefacenti. In particolare, stando agli accertamenti degli inquirenti, Bonetti avrebbe firmato 143 prescrizioni abusive di morfina, poiché al di fuori del protocollo terapeutico, ad una paziente, in un periodo di due anni e mezzo circa. Ognuna delle ricette emesse dal professionista si riferisce a due confezioni da cinque fiale l'una del farmaco. Uno sviluppo che complica ancora la posizione dell'ex "numero 2" del reparto di psichiatria.