Oltre sei ore di dialogo, poi il giovane sul viadotto accetta l’aiuto dei soccorritori
Un lungo dialogo, durato oltre sei ore. Protagonisti a rotazione, assieme al varesotto 32enne che minacciava di lanciarsi dal viadotto di Saumont, un medico dell’emergenza del 118, un funzionario di Polizia stradale, dei vigili del fuoco e una psichiatra. Da quando la vicenda ha avuto inizio, attorno alle 16.30 di ieri, hanno cercato di capirlo, instaurando un rapporto di fiducia con lui ed ascoltando ciò che lo spaventava. Al calar dell’oscurità, con lui in canotta e short, lo hanno convinto ad accettare una coperta con cui coprirsi, hanno curato alcune ferite che presentava e, quando mancava poco alle 23, sorretto da un pompiere che si è ancorato sul lato esterno del ponte alto 70 metri, a desistere e lasciarsi accompagnare in ospedale.
Il timore di tutti i presenti (sul posto, oltre ai soccorritori e a dirigenti di Polizia, c’era anche il pm in turno Luca Ceccanti) era che il giovane, che si teneva solo con una mano alla ringhiera del viadotto che porta dall’A5 alla Statale 27 del Gran San Bernardo, potesse cadere accidentalmente. Ogni movimento del ragazzo, con non più di una ventina di centimetri di cemento sotto i piedi, era fonte di profonda apprensione, ma il dialogo è proseguito senza lasciarla trasparire e, a chi era a tu per tu con lui, il giovane ha raccontato storie anche personali, derivanti da una serie di paure più profonde e sedimentatesi nel tempo.
Nel frattempo, le forze dell’ordine presidiavano in anche la base del ponte, la strada che porta al poligono di Saumont, dove i Vigili del fuoco avevano steso un “cuscino” gonfiabile. Era stata predisposta, con il buio, anche una fotocellula, ma dopo alcuni minuti di accensione del suo generatore è stata spenta, probabilmente nel timore che potesse incrinare l’equilibrio che si stava creando tra i negoziatori e il 32enne. Mentre chi era sul ponte continuava a parlare con lui, il sistema di emergenza-urgenza, sulla base delle indicazioni dei negoziatori, agiva dietro le quinte, individuando e contattando una parente, giunta sul posto verso sera, contribuendo a sbloccare positivamente la situazione.
La vicenda ha avuto origine sul tratto della bassa valle dell’autostrada A5. La macchina di cui era alla guida il ragazzo, ad un certo punto, anziché cambiare corsia, entra in un’area di cantiere. Probabilmente tocca un mezzo di servizio, ma già l’intrusione fa scattare l’allarme. Una pattuglia della Stradale di Pont-Saint-Martin lo “aggancia” e inizia a seguirlo, cercando di fermarlo. L’automobilista non ne vuole sapere e arriva fino al casello di Aosta-est. Là esce, imbocca la galleria che sale verso il Grande e, sul viadotto, ferma improvvisamente la macchina. Scende, scavalca due ringhiere e si sposta nel tratto centrale del ponte, coperto da una recinzione più alta (che rendeva impossibile afferrarlo). Da lì, chiuso il tratto al traffico, inizia una storia di silenzi e parole vicendevoli. Finita, fortunatamente, bene.