Operazione Geenna, i destini processuali degli imputati si dividono

19 Dicembre 2019

Com’era prevedibile, al momento della scelta dei riti, i destini processuali dei diciotto imputati dell’udienza nata dall’operazione Geenna, sull’esistenza di una “locale” di ‘ndrangheta ad Aosta con ramificazioni nel mondo della politica, si sono divisi. Attraverso i loro difensori, cinque di loro hanno comunicato al Gup Alessandra Danieli, nel corso dell’udienza di oggi, giovedì 19 dicembre, al Tribunale di Torino di non intendere avvalersi di giudizi alternativi.

Si tratta dei presunti membri del sodalizio aostano Alessandro Giachino, Nicola Prettico, Antonio Raso (tutti accusati di associazione di stampo mafioso) e del consigliere regionale sospeso Marco Sorbara e dell’ex assessore comunale di Saint-Pierre Monica Carcea, gli eletti arrestati a gennaio ed oggi ai domiciliari (per l’ipotesi di aver concorso esternamente nella “locale”). A seguito di tale opzione, discuteranno l’udienza preliminare, il cui esito sarà rappresentato dal rinvio a giudizio con rito ordinario (o, qualora il giudice ritenesse insussistenti le prove a loro carico, nell’archiviazione della loro posizione).

Nel primo caso, compariranno dinanzi al Tribunale in udienza pubblica, con la possibilità di produrre documentazione (o l’esito di indagini difensive), e citare testimoni a sostegno della loro tesi, nonché di farsi interrogare durante il dibattimento. Le stesse opportunità avrà, in quel processo, l’accusa (a rappresentarla oggi era presente, in aula, Anna Maria Loreto, neo-procuratore capo di Torino). Rimanendo al filone “valdostano” delle indagini, va segnalato che gli altri imputati alla sbarra hanno chiesto di essere giudicati con il rito abbreviato.

Tra di essi c’è colui che la Dda di Torino, sulla base delle investigazioni condotte dai Carabinieri del Reparto Operativo del Gruppo Aosta, ritiene aver capeggiato la “locale” del capoluogo, vale a dire Marco Fabrizio Di Donato, oltre a suo fratello Roberto Alex e a Francesco Mammoliti, tutti chiamati a rispondere di aver promosso e gestito il sodalizio di cui avrebbero fatto anche parte.

L’“abbreviato” è una forma processuale che permette di fruire, in caso di condanna, dello “sconto” di un terzo della pena prevista dal codice. Alla sentenza, tuttavia, il Gup arriva basandosi esclusivamente sui contenuti del fascicolo processuale, che vengono discussi da pubblico ministero e difensori, senza sentire né testimoni, né gli imputati. Le udienze, in questo caso, si svolgono a porte chiuse.

Sempre oggi, alcuni imputati hanno reso dichiarazioni spontanee. Una facoltà di cui si è avvalso, oltre al legale torinese Carlo Maria Romeo (imputato nel filone dell’inchiesta riguardante il traffico di stupefacenti e che ha “monopolizzato” l’attenzione della mattinata), Roberto Alex Di Donato. Parlando in videoconferenza dal carcere in cui è rinchiuso dal 23 gennaio ha detto: “Non sono, non sono mai stato, non sarò mai un’ndranghetista. La ‘ndrangheta mi fa schifo. Ho tenuto a dirlo in udienza perché tutti potessero sentire”.

La parte mattutina dell’udienza, iniziata alle 10, era stata anche dedicata alle costituzioni delle parti civili: la Regione è stata esclusa per vizi di forma, mentre sono state accolte le istanze dei comuni di Aosta e Saint-Pierre, nonché dell’associazione Libera VdA. Il procedimento osserverà ora una pausa, poi riprenderà il 10 gennaio 2020 per chi non ha scelto riti alternativi, mentre dal 7 febbraio inizieranno le discussioni degli abbreviati.

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