Blue Whale, partono dai social gli accertamenti della Polizia sulle segnalazioni in Valle d’Aosta

31 Maggio 2017

Evitare di sovraesporre il fenomeno, per non favorire dinamiche di emulazione, e proteggere il contesto in cui gli agenti si devono muovere, considerata la natura di “materiale sensibile” di adolescenti e pre-adolescenti. E’ tutto nella somma di questi due fattori il riserbo che circonda le prime attività della Polizia postale e delle comunicazioni rispetto alle tre segnalazioni, registrate nella nostra regione, relative al “Blue Whale”. Si tratta di un “percorso iniziatico” a base di atti di autolesionismo tra giovanissimi, ordinati da un "conduttore" ai partecipanti, la cui origine è ricondotta in Russia, ma del quale stanno emergendo casi anche in Italia, come quello di Livorno, risalente al marzo 2017, sul quale gli inquirenti stanno ancora indagando e che potrebbe essere considerato il primo caso nel nostro paese.

Dalle maglie strettissime in cui la Sezione di Aosta della specialità telematica della Polizia ha avvolto la questione (il fenomeno viaggia soprattutto a filo di social network e strumenti telematici simili), traspare solo che gli uomini di via Festaz stanno muovendo i primi passi nell’acquisizione di riscontri. In uno dei tre casi, una ragazza molto giovane si è allarmata dopo aver letto un messaggio su una piattaforma di condivisione fotografica, con contenuti che ha segnalato – malgrado non conosca l’autore – per gli apparenti rimandi alla “Balena blu” (l’altro nome con cui, in Italia, è noto il fenomeno). Nelle altre due situazioni oggetto di accertamenti, a muoversi famiglie ed amici dei potenziali coinvolti. 

Il quadro è ancora generico, ed in Questura c'è scrupolo nel sottolineare che elementi utili a classificare effettivamente quanto indicato agli agenti come “Blue Whale”, al momento, non ne esistono. Tuttavia, l’attenzione al fenomeno è elevata ed è per questo che le segnalazioni sono state prese estremamente sul serio dalla “Postale”. Le “prove di fedeltà” incluse nel “gioco”, in cui il “conduttore” fa normalmente leva sulla fragilità derivante dai sintomi di disagio manifestati nel tempo da chi sceglie come concorrente, vanno da tagli sulle braccia, al sovvertimento dei ritmi sonno-veglia, fino a culminare nell’ordine di togliersi la vita.

L’ultimo allarme sul fenomeno è stato lanciato ieri dal procuratore dei minori di Ancona, Giovanna Lebboroni. Nelle Marche sono stati segnalati una decina di casi, ma assieme ai tre valdostani sono emersi episodi sospetti anche a Ravenna ed altri luoghi, in una geografia sinistra e preoccupante per le famiglie, che sta popolando rapidamente tutta la penisola. Anche perché una quantificazione reale del “gioco” al momento non è disponibile, come evidenziato dal Procuratore, che ha parlato di casi emersi “forse perché giornali e tv hanno cominciato a occuparsi di questo tema e magari fra qualche mese il fenomeno si ridimensionerà. O potrebbe accadere il contrario”.

Nonostante l’istigazione al suicidio sia un reato procedibile d’ufficio, la difficoltà ad indagare sul “Whale” sta, da un canto, nella complessità a giungere a chi “manovra” la Balena (visto che si tratta di meandri virtuali) e, dall’altro, nel fatto che – ha ricordato ancora Lebbrosi – “non si può tracciare un identikit delle vittime potenziali: possono essere minorenni con una strutturazione della personalità tendente al depresso, o al contrario ragazzi molto sicuri di sé. Figli di famiglie disgregate o di genitori attenti e collaborativi'. L’importante è non sottovalutare alcun segnale di disagio’'. E, aggiungono gli inquirenti aostani, non aver timore di segnalare anche dei semplici sospetti.

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