Pressioni ai testimoni dell’udienza al fratello: due indagati

21 Gennaio 2019

Pressioni e minacce ai testimoni, nel giorno in cui il Gip li doveva sentire nell’inchiesta a carico del loro fratello minore, indagato per estorsione continuata. È il comportamento che il pm Luca Ceccanti addebita a Guido (54 anni) ed Enrico Rodà (52), che ora sono sottoposti alla misura cautelare dell’obbligo di dimora (nei rispettivi comuni di residenza) e di presentazione alla polizia giudiziaria, nonché accusati di intralcio alla giustizia.

Secondo la ricostruzione della Procura, i due si erano presentati al terzo piano del Palazzo di giustizia lo scorso 31 ottobre, poco prima dell’udienza in cui erano chiamati a comparire, per acquisire le loro versioni, tre testimoni del procedimento a carico del fratello Valentino (50 anni): un carrozziere, un gommista ed un commerciante Per ognuno, sguardi minacciosi, che in un caso sono diventati anche uno spintone.

Il tutto a pochi metri da un’aula di Tribunale, con la conseguenza di attimi di tensione palpabile, non sfuggiti a chi era presente. Per riportare la calma, prima era intervenuto il personale di sicurezza interno, poi quello della sezione di Polizia giudiziaria, quindi i militari della Guardia di finanza che avevano indagato sulle estorsioni e minacce per cui Rodà era stato arrestato il 13 settembre 2018.

Un atteggiamento, secondo gli inquirenti, pesante, aggressivo e continuo, che avrebbe – almeno in parte – centrato il suo obiettivo. La portata delle dichiarazioni in aula di un carrozziere (che avrebbe offerto gratuitamente a Rodà noleggi auto per circa diecimila euro) e di un gommista (che si sarebbe fatto carico di un cambio di pneumatici) era apparsa diversa da quanto prefigurato precedentemente dinanzi al pm.

Non aveva invece cambiato versione il commerciante spintonato dai due fratelli, che avrebbe pagato al 50enne un intero mutuo per l’acquisto di un capannone, del valore di 180mila euro (in rate da 1.200 euro ed offrendo anche garanzie personali). Proprio la “mutazione” nelle parole di alcuni suoi accusatori aveva fatto sì che Valentino Rodà, ancora agli arresti, ottenesse la misura meno rigida dell’obbligo di firma. Per i fratelli Guido ed Enrico, invece, il pm Ceccanti aveva chiesto i “domiciliari”, che il gip Colazingari ha convertito nell’obbligo di dimora.

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