Processo Hybris, ridotte in appello le pene e esclusa l’aggravante del metodo mafioso
Pene ridotte da 41 a 12 anni ed esclusa l’aggravante del metodo mafioso. La Corte d’Appello di Torino ha ribaltato la sentenza di primo grado del processo sull’inchiesta Hybris.
Sono stati inflitti: 2 anni di carcere a Claudio Taccone 47 anni; 3 anni, 2 mesi e 20 giorni al figlio Ferdinando di 23 anni; 2 anni, 7 mesi e 20 giorni all’altro figlio Vincenzo 22 anni di Saint-Marcel; 2 anni, 6 mesi e 20 giorni a Domenico Mammoliti 28 anni; 1 anno e 8 mesi a Santo Mammoliti 41 anni, di Aosta.
La procura generale aveva confermato le richieste avanzate in primo grado, accusando gli imputati, a vario titolo, di tentata estorsione, danneggiamento, rapina, tentato omicidio e lesioni. In primo grado le condanne erano state: 8 anni e 4 mesi di carcere per Claudio Taccone, 13 anni e 6 mesi per il figlio Ferdinando, 8 anni, 7 mesi e 10 giorni per l’altro figlio Vincenzo, 8 anni e 2 mesi per Domenico Mammoliti e 3 anni per Santo Mammoliti.
In particolare Ferdinando Taccone e Domenico sono stati assolti "per non aver commesso il fatto" dall’accusa di incendio e di danneggiamento di due diverse auto a fini estorsivi. Per Claudio Taccone l’accusa di tentato omicidio è stata derubricata in lesioni personali aggravate.
“L’indagine denominata “Hybris”, termine greco che significa “prevaricazione”, è iniziata nel giugno del 2012 quando un’auto prese fuoco nel Quartiere Dora. Il proprietario, un operaio di un’impresa edile, denunciò il fatto sostenendo che si era trattato di un corto circuito. In realtà, da una serie di perizie emerse che il rogo era di origine dolosa. Altro fatto contestato ai cinque riguarda l’accoltellamento avvenuto qualche mese più tardi, nell’ottobre del 2012 ai danni di Domenico e Fortunato Tripodi (padre e figlio, ndr), rispettivamente di 59 e 18 anni.