Psichiatra arrestato, la Procura ottiene il giudizio immediato: ecco tutte le accuse
Richiesta di giudizio immediato. E’ la scelta della Procura di Aosta per Marco Bonetti, il medico psichiatra 63enne aostano agli arresti domiciliari dallo scorso 28 marzo. Al professionista – finito al centro di una indagine coordinata dal procuratore capo Giancarlo Avenati Bassi e dal pubblico ministero Luca Ceccanti e svolta dal Gruppo Aosta della Guardia di finanza – vengono contestati vari reati: violenza sessuale (su cinque pazienti e sulla madre di una sesta), truffa, peculato, falso, corruzione e cessione di sostanze stupefacenti.
Il Giudice per le Indagini Preliminari ha accolto la richiesta della Procura, fissando il processo per il 25 ottobre prossimo, ma va sottolineato che la difesa dell’ex dipendente Usl (era il “numero 2” del reparto di psichiatria, andato nel frattempo in pensione), rappresentata dall’avvocato Massimo Balì, ha a disposizione quindici giorni per chiedere il giudizio con un rito alternativo.
Bonetti non è però il solo imputato nel procedimento. Con le accuse di corruzione e falso sono infatti chiamati a comparire anche sette pazienti del medico (sei dei quali dipendenti pubblici), che lo avrebbero – secondo le risultanze dell’inchiesta – pagato per ottenere certificazioni mediche non veritiere, poi usate per trarre utilità. Valutata l’incidenza delle condotte dello psichiatra, l'USL ha affidato all'avvocato Corrado Bellora il mandato di costituirsi parte civile
Falso e corruzione: i certificati “addomesticati”
Interrogato dai pm lo scorso 15 giugno, rispetto al filone “certificati” dell’inchiesta che lo ha riguardato, Bonetti ha compiuto varie ammissioni. In particolare, ha detto: “Ammetto la falsità del certificato di…Devo dire che non ho chiesto io il denaro e dico inoltre: sa quanti fanno queste cose?”. Il medico ha anche riconosciuto, parlando di una paziente, che “non aveva nessuna patologia e che ho inventato la diagnosi di depressione”. Un’ulteriore conferma, legata ad un altro caso ancora, è venuta da un assistito, che ha spiegato agli inquirenti come “nelle sue relazioni Bonetti dava atto del perdurare del trattamento terapeutico”, quando invece la persona in cura “era da molto tempo che ne aveva interrotto l’assunzione”.
Nel dettaglio, la Procura sostiene che il medico abbia ricevuto almeno 50 euro da un pubblico dipendente, al quale ha certificato un periodo di malattia di tre mesi, attestando un “disturbo depressivo ansioso progressivo”. La medesima somma sarebbe stata versata allo psichiatra, da un altro paziente, per una richiesta di ulteriori 45 giorni, a prolungamento di un periodo iniziale di 165 già fruiti, dovuta a “ricaduta nello stato depressivo”. In quell’occasione, il medico ha anche messo nero su bianco di “considerare necessario un allontanamento definitivo dal lavoro”.
I pazienti co-imputati (finiti nelle immagini delle telecamere nascoste piazzate dalla GdF negli studi del professionista) non si rivolgevano a Bonetti solo per ottenere giorni di assenza giustificata dal lavoro. Un altro dei certificati rilasciati dal medico, relativo ad una falsa diagnosi di “depressione ansiosa”, è finito in una richiesta di riconoscimento di invalidità civile, mentre una “sindrome depressiva maggiore” è stata diagnosticata ad un altro lavoratore (anch’egli del campo pubblico e che, per gli inquirenti, avrebbe versato non meno di 400 euro) per motivare la sua assenza al domicilio in occasione della visita fiscale. Ancora, un certificato servito a “salvare” un dipendente dalla contestazione di assenza al “passaggio” del medico deputato al controllo dell’osservanza delle norme sull’assenza dal lavoro è stato emesso per 50 euro.
Relazionando sul “disturbo ansioso depressivo” di una impiegata del settore pubblico, Bonetti ha sottolineato la necessità di “lasciarla lavorare nelle attuali condizioni e non costringerla a modificare l’attuale impostazione di lavoro”, consigliando – in caso di impossibilità di procedere in quel senso – “di cercare di inserirla in sede prossima al domicilio”. Infine, dagli accertamenti dei pm, è emerso che, a fronte del pagamento di 50 euro, il professionista si era spinto a relazionare la “sussistenza di un peggioramento dovuto a cause di servizio” del “disturbo depressivo atipico” di un lavoratore.
La cessione di stupefacenti: morfina senza finalità terapeutica
Secondo la Procura, Bonetti non ha guarito, ma causato “la dipendenza da oppiacei” di una donna in cura da lui. Alla paziente, per i pm, ha “prescritto abusivamente”, compilando 143 ricette (da due confezioni l’una), delle fiale di morfina, senza “alcuna finalità terapeutica”. Tali prescrizioni non solo sono avvenute “all’insaputa del medico curante” dell’assistita, ma “oltrepassando tra l’altro l’ambito della propria specialità” ed hanno permesso alla donna, sommandosi ad altre prescrizioni, di “avere dosi di morfina del tutto anomale”.
Anche su questo, in sede di interrogatorio, lo psichiatra non ha negato. “Sapevo che la cosa era a ‘rischio’ – ha detto ai magistrati – e che prima o poi mi avrebbe dato dei problemi e che il nodo sarebbe venuto al pettine”. Ha sostenuto quindi di aver “fatto tutto per cercare di” convincere la donna “a rimettersi in terapia con il suo medico curante”. Lei, in cambio delle ricette, “delle volte mi portava la verdura del suo orto. Ma non ero io a chiederglielo”.
Interrogandolo su questa vicenda, i pubblici ministeri hanno contestato al medico “diverse conversazioni telefoniche dal contenuto erotico”. Bonetti ha però ribattuto che la paziente “non ha mai pagato le visite. Non ho avuto con lei nessun tipo di contatto fisico”.
Le violenze sessuali sulle pazienti
L’accusa è sostenuta soprattutto attraverso le immagini realizzate con telecamere nascoste dalle Fiamme gialle comandate dal tenente colonnello Francesco Caracciolo. A Bonetti, i pm addebitano episodi tra gennaio 2016 e marzo 2017, avvenuti negli ambulatori di Aosta, Morgex, Châtillon, Gignod e Verres.
Nelle immagini, oltre alle “avances” sono finite anche le reazioni di alcune pazienti, che provavano a sottrarsi alle attenzioni del professionista cui si rivolgevano per disturbi e malattie. Una donna, palpeggiata dal medico dopo averle consegnato dei farmaci, disapprovava visibilmente, ma lui tentava comunque di infilarle una mano sotto la maglia, poi abbracciandola e provando, per quanto senza riuscirvi, a baciarla.
Nemmeno quindici minuti dopo e lo psichiatra aveva baciato e palpato un’altra assistita, arrivando anche a toccarla intimamente, con lei che “rimaneva impassibile, continuando a parlare”. La stessa attitudine (l’impassibilità) mostrata, una quindicina di giorni dopo, da una donna che aveva cercato “di ricomporsi” di fronte alle molestie.
In quello stesso giorno, nemmeno un’ora e mezza dopo, non era riuscito a baciare sulla bocca la madre di una paziente, perché costei si era divincolata, impedendo al medico di compiere il suo proposito. Il procuratore Avenati Bassi e il sostituto Ceccanti contestano molestie analoghe nei confronti di altre tre pazienti.
“Da quanti anni? Non so dire. Credo una decina”
Rispondendo ai pm sul denaro consegnatogli dai pazienti durante le visite (che non era dovuto, perché le stesse avvenivano in regime pubblico), Bonetti ha affermato: “questa modalità di azione è durata per anni. Non so dire quanti. Credo una decina di anni”.
Una “prassi” che il medico ha pure cercato di motivare: “Per quanto riguardo il discorso del denaro, io devo dire che avevo più pazienti degli altri. E quando finiva l’orario di visita il mio ambulatorio era ancora pieno. Visito mediamente circa 2.500 pazienti l’anno. E non ho mai mandato via nessuno”.
In merito, lo psichiatra ha continuato: “Si trattava di pazienti che non si erano prenotati e che per questo, a meno che avessero goduto dell’esenzione, avrebbero dovuto pagare un ticket. Io li visitavo lo stesso, anche senza prenotazione e senza che pagassero il ticket e loro per gratitudine mi davano il denaro. La media era di 50 euro”.
Gli inquirenti hanno calcolato che, nella parte dell’inchiesta relativa alla truffa, e quindi negli ultimi tre mesi del 2016, “in occasione delle visite effettuate quale erogatore di prestazioni sanitarie istituzionali a pazienti in carico al reparto di psichiatria Usl Valle d’Aosta”, Bonetti aveva agito su ventotto persone affinché “gli pagassero una somma, che faceva credere essergli dovuta”, procurandosi così un ingiusto profitto di 1.518 euro. Allargando l’orizzonte temporale dal 2011 al 2016, il totale indebitamente percepito sale a 83.665 euro, già oggetto di sequestro da parte della Guardia di finanza, in occasione di perquisizioni tra la casa e gli ambulatori del medico.
Lo psichiatra arrestato è infine accusato di peculato: stando all’accusa, dopo la pensione il medico aveva portato con sé, negli ambulatori dove continuava a visitare privatamente, ventidue confezioni di medicinali ospedalieri, per un valore appena inferiore ai 220 euro.