Quando lo stalking arriva dalla vicina di casa, condannata 86enne

05 Maggio 2021

Si può parlare di metamorfosi dello stalking? Il tema non è semplice, ma le ultime sentenze emesse dal Tribunale di Aosta restituiscono come le cause per atti persecutori, che un tempo originavano prevalentemente da relazioni sentimentali che degeneravano nel finale, si stiano spostando nel campo dei rapporti di vicinato, assumendo spesso contorni inattesi, se non surreali.

Ne è fulgida testimonianza il processo conclusosi alcuni giorni fa, con la condanna a 13 mesi di reclusione di una 86enne aostana, Teresa Baudino. A portare in giudizio l’anziana è stata la donna che, nel 2013, si era trasferita nell’alloggio sopra quello dell’imputata. Molestie e vessazioni della vicina – è stata la sua versione – sono arrivate a ripercuotersi sulla propria qualità della vita, costringendola a rivolgersi a un medico per ansia e stress ed a rinunciare di fatto ad avere ospiti e ricevere le nipotine nell’abitazione.

I comportamenti contestati all’86enne, difesa dall’avvocato Oliviero Guichardaz, sarebbero iniziati poco dopo il nuovo arrivo nel condominio, senza cessare sino all’avvio del processo, nel 2019. Il “campionario” della persecuzione posto in essere, secondo l’accusa, includeva insulti (riferiti anche alle origini della persona offesa), minacce proferite anche quando la vicina era con figlia e nipoti, nonché continui colpi di bastone sul soffitto, per lamentare rumori (in realtà, per la Procura, inesistenti) dall’alloggio soprastante.

Non solo, l’anziana era accusata di aver richiesto pretestuosamente, per ben 35 volte nel giro di due anni, l’intervento delle forze dell’ordine, segnalando disturbi provenienti da casa della vicina. Giunti sul posto però – è emerso – gli operanti riscontravano, in alcune occasioni, l’assenza di quanto segnalato e, in altre, addirittura l’assenza di colei che avrebbe dovuto essere fonte di disturbo.

La sentenza del giudice monocratico Maurizio D’Abrusco include anche una provvisionale da 6mila euro a favore della vittima delle “angherie vicinali”, costituitasi parte civile nel processo con l’avvocato Davide Sciulli. Dal procedimento si è appreso anche che l’imputata non sarebbe nuova a episodi del genere: sette anni fa era già stata giudicata, e ritenuta colpevole in primo grado, per la persecuzione della vicina che abitava al tempo nell’alloggio sovrastante, ma aveva poi deciso di lasciarlo. Evidentemente, con la nuova residente non si erano parlate.

Exit mobile version