Simboli nazi sui cancelli, la Procura chiede il rinvio a giudizio del proprietario
Va verso il processo Fabrizio Fournier, il 55enne di Saint-Vincent accusato di propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa per aver posto simboli nazisti sui cancelli della sua abitazione nella cittadina termale. Il pm Francesco Pizzato, titolare del fascicolo, ne ha chiesto il rinvio a giudizio al Gup del Tribunale.
Una volta chiuse le indagini preliminari all’inizio di maggio, l’uomo – avvalendosi di una facoltà concessa all’indagato – ha chiesto di essere interrogato. È così comparso, affiancato dai suoi legali Enrico Pelillo del foro di Bergamo e Danilo Pastore di Ivrea, dinanzi agli agenti della Digos della Questura di Aosta.
Nella circostanza, ha ribadito la tesi sostenuta dall’inizio dell’inchiesta: aquile e triangoli (ricondotti dagli inquirenti, rispettivamente, al Terzo Reich e alla simbologia usata per “classificare” i prigionieri dei cambi di concentramento) c’erano, ma la matrice culturale ad ispirarli non era quella nazista. Al riguardo, Fournier ha richiamato l’esoterismo, citando anche il pensiero del filosofo tedesco Schopenhauer.
Entrando nel merito, l’uomo ha poi insistito – assieme ai suoi avvocati – sul fatto che i triangoli raffigurati sugli ingressi veicolare e pedonale della sua abitazione fossero equilateri, mentre quelli che comparivano sulle tute a strisce degli internati erano di tipo isoscele. Differenza che, secondo Fournier e i difensori, avvallerebbe la “radice” differente rispetto al nazionalsocialismo. Argomenti che, tuttavia, non hanno modificato il convincimento della Procura.
Meno elementi, peraltro, l’indagato pare invece aver fornito su altri elementi emersi dalle indagini, come l’immagine “che lo ritrae mentre effettua il saluto romano in luogo pubblico” e “due video riferibili all’autore negazionista Robert Faurisson” aventi ad oggetto contenuti che mettono in dubbio l’olocausto, “nonché asserenti che la Shoah è uno strumento propagandistico sionista”.
Infine, stando a quanto appurato dagli inquirenti, Fournier avrebbe inviato a sette persone – tramite l’applicazione WhatsApp – messaggi con “link a filmati che fanno riferimento al pensiero negazionista” dello sterminio operato dal Reich. Collegamenti che venivano accompagnati da giudizi come quello per cui “le camere a gas sono delle ‘bufale’ servite per far passare per ‘mostri’ persone che non lo sono state per niente, come ‘il grande Adolf Hitler’”.
Episodi che la Procura ha ritenuto superare la soglia della libera manifestazione del pensiero, sconfinando in reato. Sul posizionamento dei simboli (nell’interrogatorio, legali e indagato sono pure tornati sulla copertura degli stessi, ad un certo punto, con delle lastre di metallo, ma gli inquirenti riconducono tale gesto all’aver avuto sentore del fascicolo) aveva presentato querela la Comunità ebraica di Torino, che risulta quindi persona offesa nel procedimento.
Quando il Gup del Tribunale, sulla base della richiesta del pm, fisserà l’udienza preliminare, potrà quindi comparire, con un suo legale, ed eventualmente costituirsi parte civile. Quanto a Fournier (che, nel mentre, ha rimosso del tutto le cancellate “incriminate”), avrà in quella stessa sede la possibilità di chiedere riti alternativi, o di discutere l’udienza, con il rinvio a giudizio con dibattimento ordinario, o l’archiviazione della sua posizione quali possibili esiti.