S’infortuna sulla cascata di ghiaccio, ma è tardi: alpinista passa la notte in parete con 4 guide

20 Novembre 2016

L’idea di scalare una cascata di ghiaccio senza prestare troppa attenzione ai tempi dell’ascensione, le è costata, più ancora che un trauma alla caviglia (per il quale sta ora ricevendo le cure in pronto soccorso al Parini), una notte all’addiaccio, sulla stessa parete che stava provando a salire ieri, sabato 19 novembre. 

E’ la storia di un’alpinista di Voghera, 52enne, che si è trovata in difficolta sulla cascata “L’Acheronte”, una “lingua” che si sviluppa per 300 metri in Valnontey, non riuscendo più a proseguire. L’incidente si è verificato verso le 17.20, durante il rientro, e la macchina dei soccorsi si è messa in moto appena ricevuto l’allarme, con quattro guide alpine della stazione di soccorso di Cogne che hanno raggiunto la donna.

A quell’ora, però, era ormai buio e la parete non è di quelle in cui muoversi troppo nell’oscurità. Ai soccorritori non è quindi rimasto – considerate anche le condizioni tutto sommato buone dell’infortunata – che applicare una delle regole base della loro formazione: “risolvere un problema significa anzitutto non crearne un altro più grande”.

Così, le guide hanno valutato che il recupero dell’alpinista non potesse proseguire in sicurezza e hanno deciso di fermarsi, per la notte, lungo la cascata. Montata una tenda, vi hanno bivaccato assieme all’infortunata e ad un suo compagno di cordata. Stamattina, quando la luce del giorno ha consentito all’elicottero SA1 di alzarsi in volo, l’intervento si è concluso, portando a termine il recupero. 

La donna è stata trasportata in ospedale, sottoposta alle visite per il problema ortopedico in cui è incorsa, e questa mattina è stata dimessa con una frattura alla caviglia. Tutto è bene ciò che finisce bene (nella relatività di un infortunio in montagna, certo), ma ancora una volta, nello srotolare il “film” dell’accaduto, com’è accaduto negli scorsi mesi, un elemento di sottovalutazione non sembra avere un ruolo da comparsa

“Un incidente del genere è sempre una fatalità, – commenta Adriano Favre, direttore del Soccorso Alpino Valdostano – ma a quell’ora del pomeriggio l’oscurità incombe, diventa critico intervenire, e un alpinista deve saperlo. A quel punto, occorre essere già rientrati. Le cascate si scendono da dove si è saliti e la valutazione dei tempi deve portare anche a rinunciare a completare l’ascensione, perché la priorità è il ritorno in sicurezza”.

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