Sono due noti freerider valdostani le vittime della valanga sul Monte Bianco
Sono i freerider valdostani Alessandro Letey (31 anni, di Aosta) e Alfredo Canavari (49 anni, originario delle Marche, ma in Valle da anni) le vittime della valanga staccatasi nel pomeriggio di ieri, giovedì 20 maggio, sul versante francese del Monte Bianco, nel canale che porta al colle dell’Aiguille Verte, nella zona del bacino dell’Argentière. I loro corpi sono stati recuperati dal Peloton de Gendarmerie de Haute Montagne di Chamonix, dopo l’individuazione del punto dell’incidente, che non ha avuto testimoni, ed ore di ricerche.
La notizia suscita incredulità e profondo cordoglio in Valle. Si tratta di nomi di rilievo nel mondo dello sci estremo valdostano. Vite in cui la montagna non era solo una passione, ma un vero e proprio metronomo a scandire il ritmo dell’esistenza. Dopo esperienze nel downhill (con varie gare per diverse società, tra le quali i Pila Black Arrows), il 29 aprile di due anni fa Alessandro Letey – che all’epoca, nemmeno trentenne, aveva già all’attivo la nord-est, la nord-ovest della Grivola e la est del Gran Paradiso e della Tersiva – è uno dei due valdostani a scendere la parete nord della Becca di Nona (3.142 metri) con gli sci.
Una “prima”, sulla scia dell’impresa di Davide Capozzi e Julien Henry nel 2013 (che l’avevano compiuta con lo snowboard), testimoniata dal video di Pierre Lucianaz “I can see my home from up here”. Un’impresa che la scomparsa di Letey avvolge delle tinte più tristi. Un altro protagonista di quell’avventura, Edoardo Camardella di La Thuile, salito con Yari Pellissier e Letey (ma obbligato a rinunciare alla discesa, perché le condizioni del manto non consentivano il passaggio di troppi sciatori), morì in una valanga sempre sul Monte Bianco, ma a punta Helbronner, nel novembre di quell’anno.
Alfredo Canavari, invece, era nato nelle Marche e fin da piccolo aveva mostrato propensione per le attività a contatto con la natura, come il surf, la mountain bike, l’arrampicata e la pesca a mosca. L’amore per lo snowboard sboccia alla fine degli anni ‘80, spingendolo a trasferirsi in Valle per vivere a contatto con le montagne. Nel 2006 diventa maestro di sci, convinto com’è sempre stato che la tavola fosse una “malattia” della quale contagiare il maggior numero di appassionati. “Quando la neve è polverosa e profonda – si legge nella sua biografia sul sito dell’Aosta Snowboard Club – difficilmente manco l’appuntamento”.
La valanga che ha strappato alla vita i due freerider è stata la terza a fare vittime in due giorni, sul versante francese del “Tetto d’Europa”, portando a quattro il numero dei morti. Sin da mercoledì, giorno in cui l’affluenza in zona era aumentata considerevolmente per la riapertura della teleferica dell’Aiguille du Midi (rimasta ferma sette mesi), il Pghm aveva lanciato l’allarme, mettendo l’accento sugli accumuli nevosi importanti e sul forte vento in quota. Elementi per cui – hanno scritto i gendarmi su Facebook dopo la missione al col de la Verte– “al passaggio degli sciatori/alpinisti si stacca una placca di neve riportata dal vento”.
Le proporzioni della valanga che ha ucciso i due valdostani sono definite “straordinarie”. Staccatasi a circa 3.600 metri di altitudine, la massa nevosa ha corso per quasi mille metri. Il corpo di una delle due vittime è stato notato sul ghiacciaio di Argentière, al momento del primo sorvolo in zona. Una ventina di uomini a terra sono stati necessari per individuare il secondo disperso. Un’unità cinofila è riuscita a trovare il suo Artva, ma il dispositivo gli era stato probabilmente strappato di dosso dalla violenza della valanga. E’ stato grazie al apparecchio “Recco” presente in uno dei suoi indumenti che i gendarmi lo hanno trovato.
I parenti dei due, preoccupati dal non riuscire più a contattarli da ore, avevano segnalato nel primo pomeriggio di ieri, giovedì 20 maggio, la circostanza al Soccorso Alpino Valdostano, che ha trasmesso le informazioni ai colleghi francesi, innescando l’operazione di ricerca. L’entità della valanga, una volta individuata, ha ridotto al minimo le speranze di estrarre vivi i due, per quanto dotati delle attrezzature del caso. Da ieri sera, la Valle piange la scomparsa dei due “assi” del freeride.