“Riesci a portarmi il demolitore?”: così i clienti ordinavano la cocaina
Un “gruppo di persone stabilmente dedito alla commissione di reati” in materia di stupefacenti, “in grado di procurare e procurarsi droga in quantità tale da soddisfare un notevole numero di consumatori e quindi con evidenti e consolidati contatti” con “fornitori di notevole spessore”. Così il gip Giuseppe Colazingari – nelle 59 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare che all’alba di oggi, giovedì 8 luglio, ha fatto finire ai domiciliari sei persone, accusate di smerciare prevalentemente cocaina – riassume gli esiti dell’inchiesta “Home Delivery”.
Le consegne “domiciliari”
Le investigazioni dei militari del Nucleo di Polizia economico-finanziaria, comandati dal tenente colonnello Riccardo Scuderi, hanno riguardato il periodo da febbraio a maggio di quest’anno, quando la “terza ondata” del Covid-19 imperversava sull’Italia. Un dato che, come rivelato dalle varie attività inquirenti (inclusi intercettazioni, pedinamenti e acquisizioni di immagini della videosorveglianza), spingeva, per le restrizioni agli spostamenti, clienti e fornitori ad incontrarsi a domicilio, o nei pressi delle abitazioni.
Lo smercio ad Aosta
Ad emergere dall’inchiesta – coordinata dai pm Luca Ceccanti e Manlio D’Ambrosi – è Raffaele Salvemini (48 anni, di Aosta), che “disponeva costantemente” di cocaina. Le “Fiamme Gialle” hanno monitorato l’effettuazione di oltre 12 cessioni di “neve” a diversi clienti. Alcuni gli scrivevano sms apparentemente generici, come “vuoi passare a casa mia a bere una cosa?”, altri dissimulavano gli “ordini” nel linguaggio da lavoro: “riesci a portarmi il demolitore?”. Seguiva l’incontro, in cui la cocaina passava di mano ad un prezzo tra i 60 e i 100 euro al grammo.
La “cellula milanese”
“Le indagini – continua il Gip – hanno poi consentito di risalire alle fonti di approvvigionamento” di Salvemini. E’ in questo frangente che Domenico Mammoliti (35, Aosta, già noto alle forze dell’ordine, per essere stato sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno), si palesa quale “trait d’union” con il gruppo battezzato dagli inquirenti “cellula milanese”, perché composto da persone residenti tra Cesano Boscone e Corsico, nell’hinterland del capoluogo lombardo.
Il rapporto ricostruito dagli investigatori vedeva anzitutto la trasferta in Lombardia di Mammoliti, per trattare il rifornimento, cui seguiva l’arrivo dello stupefacente direttamente a domicilio. A fare da “corrieri” erano, per l’accusa, Vito Fornaro e Nicola Gaetani D’Aragona (46 e 44, entrambi di Cesano Boscone). Del secondo, i militari tracciano la presenza più volte ad Aosta tra febbraio e marzo di quest’anno, mentre Fornaro viene fermato il 16 aprile scorso, con 53 grammi di “coca”, proprio durante un “viaggio” in Valle e finisce in manette.
Il “canale torinese”
L’arresto, in flagranza di reato, manda momentaneamente “in tilt” lo smercio sulla piazza aostana. Salvemini, stando alle indagini, è costretto a “rivolgersi nuovamente ed insistentemente” ad un “canale torinese” cui aveva già fatto ricorso nel tempo. Stando all’inchiesta, referente ne era Gianpaolo Incani (56 anni, Torino), “gravato da numerosi precedenti specifici”. A cambiare, scoprono le “Fiamme Gialle”, è anche la modalità di approvvigionamento.
Incani è infatti “impossibilitato ad allontanarsi dalla propria provincia di residenza” (perché sottoposto a misure restrittive) e tocca a Salvemini “esporsi in prima persona per il trasporto” della droga in Valle. Così, mentre sta tornando da Torino, anche lui incappa nei finanzieri, che gli trovano addosso 43 grammi di “roba”, “destinata a soddisfare il portafogli di clienti” gestito con Mammoliti, e altri 9 grammi in casa.
Un “pusher” autonomo
Dalle indagini è emerso quale “pusher” con “una propria consolidata clientela”, dotato di “consolidati canali di approvvigionamento” e della “forza economica per acquistare” quantità di cocaina, anche il sesto arrestato nell’operazione, Andrea Marcone (59, Aosta). Sono almeno sette le occasioni in cui i finanzieri lo hanno individuato a smerciare, una delle quali a Vercelli (ove vennero anche sequestrati 6 grammi di stupefacente) e le altre ad Aosta, sempre con modalità di “delivery” casalingo, o nei dintorni. Anche la sua “tariffa” si attestava sui 100 euro per una “pallina” da un grammo.
“Domiciliari” per tutti
In tutto, nell’inchiesta, i militari del Nucleo hanno sottratto al mercato 124 grammi di cocaina e 103 di Marijuana. Dalle varie perquisizioni sono spuntati anche 283 grammi di sostanza da taglio, 2 bilancini di precisione e una pressa per confezionare le “dosi”. Apparendo “evidente la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza in ordine a tutti i reati contestati”, il Gip ha accolto la richiesta di misure cautelari avanzata dalla Procura e posto tutti e sei gli indagati ai “domiciliari”, valutando soprattutto che opzioni diverse non avrebbero inibito il rischio di reiterazione del reato.