“Ti spacco le ossa”: condannato a 3 anni di carcere per minacce e pressioni all’ex compagna

17 Gennaio 2018

Non ha esitato a superare la richiesta dell’accusa, il giudice monocratico del Tribunale di Aosta Marco Tornatore, nel condannare a tre anni di reclusione Omar Carlo Castagno, 48enne nato a Venaria Reale (Torino), comparso oggi, mercoledì 17 gennaio, in aula per rispondere delle accuse di violazione degli obblighi di assistenza familiare e di maltrattamenti nei confronti della ex convivente.

L’uomo dovrà inoltre risarcire con 15mila euro la donna, costituitasi parte civile nel processo, con cui si era trasferito nel 2014 a Morgex, e, a suo carico, è stato anche stato fissato un periodo di interdizione temporanea dai pubblici uffici. I fatti risalgono agli ultimi mesi della relazione tra i due, a cavallo tra il 2016 e il 2017 ed era stata lei a denunciarli, dopo essersi rivolta per chiedere aiuto ai Carabinieri della stazione nel paese della Valdigne.

Deponendo in aula nello scorso ottobre, la donna aveva quindi raccontato di come l’uomo scaricasse “in casa tutta la tensione e il suo nervosismo dopo che si era licenziato”, riferendo anche di “una sberla in testa” ricevuta “davanti agli amici" con cui era a pranzo. Secondo un sottufficiale dell’Arma, occupatosi delle indagini, l’imputato “diceva alla vittima ‘guai a te se ti rivolgi ai Carabinieri, o all’avvocato, fai la stessa fine di quelle che si sentono in televisione’”. Per un’altra testimone, Castagno minacciava l’ex compagna “che le spezzava le ossa” e lei “taceva per paura” ed era “molto ansiosa”. La coppia, nello stesso racconto, “aveva bollette da pagare, ma lui non portava a casa nulla”.

Circostanze che, nell’udienza di stamane, hanno indotto il pubblico ministero Luca Ceccanti a parlare non di un’“offesa estemporanea”, ma di “minacce, ingiurie, pressioni” che erano “quasi quotidiane e sicuramente invasive, con particolare portata coercitiva”. “Quel ‘Ti spacco le ossa’ – ha continuato il pubblico ministero – è frase che detta due volte” non ha rilevanza, “ma ripetuta, in un contesto maltrattatorio” ne assume. Considerazioni tali da portare il rappresentante dell’accusa a chiudere la sua requisitoria invocando una sentenza di colpevolezza, per un anno e sei mesi di carcere.

Di avviso opposto il difensore dell’imputato, l’avvocato Ascanio Donadio, per il quale non è accaduto nulla di diverso da “una crisi della convivenza”, che stava portando la coppia ad allontanarsi. “Le discussioni che ci sono state attengono ed afferiscono alla separazione. – è andato oltre – Non avevano mai un argomento diverso”. La donna, ha detto poi il legale nell’arringa, “contraddiceva a voce alta l’imputato, che alzava anche la voce. Siamo di fronte a due controparti, che stavano discutendo”. Uno scenario sulla base del quale l’avvocato ha concluso chiedendo l’assoluzione del suo assistito “perché il fatto non sussiste, o perché non costituisce reato”.

Il giudice Tornatore, pronunciandosi per la responsabilità penale di Castagno, ha riunito le accuse sotto il vincolo della continuazione, ritenendo più gravi tra le due i maltrattamenti.

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