Tra le vie di Cogne, ferita dall’alluvione ma pronta a rialzarsi
Sono passate da qualche minuto le 13.30 di oggi, lunedì 1° luglio, quando “Fiamma 03” – l’elicottero dei Carabinieri che, assieme a quelli di Guardia di finanza (con anche i militari del Sagf), Vigili del fuoco e Protezione Civile (con a bordo il Soccorso Alpino Valdostano), sta facendo la spola tra Cogne e Aymavilles per l’evacuazione dei turisti rimasti bloccati ai piedi del Gran Paradiso – si posa sul prato di Sant’Orso. Con l’interruzione della strada regionale 47, piazza Chanoux è la zona nevralgica per chi deve ritornare a casa, dopo una vacanza cancellata dall’alluvione abbattutasi sulla vallata nella serata di sabato scorso, 29 giugno.
Ieri, domenica 30, i voli a ciclo continuo hanno riportato a valle circa 500 persone. Oggi, la previsione di primo mattino era di spostarne altrettante in giornata. Numeri per i quali la macchina di protezione civile ha lavorato a pieno ritmo. Sul lato del municipio, riparate sotto dei gazebo, sono in attesa le persone che saliranno sui voli a seguire. Sul lato opposto di piazza Chanoux, in coda all’ufficio informazioni turistiche, ci sono quanti si registrano per partire e lo faranno, verosimilmente, domani.
Tra i primi, non c’è concitazione. Ci sono bambini, anziani, diversi cani. Tutto ciò che è parte della quotidianità di una famiglia. “Paura? L’altra sera sì, – dice Silvano, della provincia di Milano, in attesa di lasciare il luogo – il fiume era bello pieno. Fortunatamente l’hotel era rialzato”. Dopo uno sguardo al suo boxer aggiunge: “Sarà forse un problema salire sull’elicottero con il cane, non so che reazione possa avere, ma proveremo. D’altronde bisogna tornare, con la macchina non si può”.
Poco distante, un elisoccorritore dà alle persone in fila le ultime indicazioni per l’imbarco. Una turista gli chiede: “dovremo spegnere il telefono, una volta a bordo?”. “Non ce n’è bisogno, signora, non siamo una compagnia di linea. – risponde, strappando i sorrisi di chi ha tanta voglia di leggerezza dopo un imprevisto e la paura – Vi facciamo un check-in più smart e potete pure portare un bagaglio più pesante”. Parole su cui i sorrisi di poco prima diventano applausi d’incoraggiamento, per chi lavora da ore.
Al primo piano del Municipio, in seduta permanente del Centro Operativo Comunale, il sindaco Franco Allera trova un momento per i giornalisti arrivati in paese. “Sono giornate complicate, – spiega – credo che nelle ultime quarantott’ore ho dormito 6-7 ore”. Con la mente, il primo cittadino si dice tornato ai tempi dell’alluvione del 2000: “Allora non ero in amministrazione, ma facevo il libero professionista ed eravamo stati coinvolti più o meno come stiamo facendo adesso, creando vari sottogruppi di lavoro”.
Da allora sono cambiate tante cose e “sicuramente ci ha dato una grossa mano la Protezione civile, anche se è ormai un dato di fatto che siamo telefono-dipendenti”. A Cogne, dopo le prime ore di black-out dei network mobili, sono state riattivate quasi tutte le compagnie, salvo una. L’alluvione “ci ha comunque portato via la fibra ottica, per cui tutta la dorsale di approvvigionamento dell’informazione e dei dati non funziona, i bancomat non funzionano. Adesso stanno intervenendo, spero che con oggi riescono a fare qualcosa”.
Non lontano dalla casa comunale (lungo le vie si incontrano comunque alcune persone, non è una ghost town), l’Hotel Bellevue era pronto a vivere proprio in queste ore, come tutte le strutture della località, il decollo della stagione. 95 dipendenti e una chiusura di due/tre settimane sono invece all’orizzonte. Il periodo sarà legato anche alle risposte che dovranno arrivare dalle istituzioni sulla cassa integrazione ed altri aspetti, ma la voglia di mandare un messaggio chiaro e forte al resto del mondo è tanta. “Il paese funziona, stiamo tutti bene, dice Pietro Imbimbo Roullet, titolare e delegato Adava per il comprensorio, chiedendo poi – a chi vuole aiutare Cogne – “di non cancellare le prenotazioni”.
Le criticità sono a tre chilometri dal capoluogo. In quella Valnontey in cui tutti assicurano “la situazione è più grave che nel 2000”. La vallata è stata frustata dall’esondazione del torrente a cui deve il nome che, uscito dal suo corso, è entrato in un campeggio ed è fuoriuscito nei pressi del ponte che attraversa la frazione. In mezzo, ha sfiorato alcune case, riempiendo i piazzali di fango e lasciandosi dietro la caduta di diverse frane. Lo schiocco del nerbo delle acque ha strappato non solo la strada, ma anche l’acquedotto, che da lì serve anche il capoluogo ed Epinel.
Il paese è quindi senz’acqua (l’energia elettrica, invece, è stata ripristinata dopo un primo periodo d’assenza). Dalla prima mattinata di oggi, ventidue persone sono al lavoro, con l’ipotesi di un riallacciamento in serata. Nel mentre, sempre in piazza Chanoux, una cisterna è a disposizione per gli approvigionamenti. Poco lontano, c’è anche una postazione medica, con un dottore. La sensazione, per quanto utopistica, è che le divise di diversi colori siano riuscite qui a diventare un tutt’uno nei confronti delle persone in difficoltà.
La sensazione è corroborata dalle parole di un gruppo di camperisti, che incontriamo nei pressi del parcheggio parallelo al prato di Sant’Orso. Arrivano dalla Sardegna e hanno rifiutato l’evacuazione in elicottero: “non possiamo lasciare il camper qui, anche perché è pieno di roba. Aspettiamo indicazioni. Ci hanno comunque fornito acqua e assistenza”. Erano nell’area vicino al fiume, che al salire dell’acqua, sabato, hanno abbandonato dopo essersi consultati tra di loro.
Paura? “Se avessimo tardato ad andarcene 10-15 minuti, avrebbe portato via anche il camper” rispondono. Però, “ci hanno scortato ed assistito, bisogna dire la verità”. Dietro di loro, poco lontano, un Vigile del fuoco libera un carico appena scaricato a terra da un elicottero. E’ un fascio di picchetti che due ragazzi ritirano per allargare la recinzione di una mandria. “Un amico è rimasto bloccato e gli animali hanno finito l’erba in quel settore”, spiegano, “bisogna farli mangiare”.
Sono le ultime persone incontrate prima del ritorno a Valle, nuovamente a bordo di un aeromobile dell’Arma. Però, quello che resta nel taccuino del cronista, al termine del paio d’ore in paese, è che da questa capacità di reazione collettiva, ognuno per la sua parte, emerge un dato. Cogne è ferita, a tratti anche profondamente, ma tutt’altro che al tappeto. Pronta a rialzarsi, risultato a cui le Istituzioni (Regione in primis) potranno -e dovranno- collaborare, ma che i cognein sanno bene va conquistato anzitutto sul territorio. Da loro. E hanno iniziato a inseguirlo ancora prima che smettesse di piovere.