Tre aostani in manette per una bancarotta fraudolenta da due milioni e mezzo di euro
Ufficialmente agivano quali imprenditori del settore discount. Per la Guardia di finanza, però, le cinque società di fornitura alimentare cui erano a capo, relative a vari punti vendita sul territorio regionale, rappresentavano una sorta di “bancomat” familiare, cui attingere con disinvoltura. Così, con l’accusa di bancarotta fraudolenta, sono stati arrestati oggi, mercoledì 8 agosto, gli aostani Francesco, Milo e Vasco Cannatà, padre e figli. Una quarta persona, congiunta di uno dei tre, è indagata a piede libero per concorso nel reato.
La vicenda scaturisce da una serie di verifiche fiscali, condotte dagli uomini del Gruppo Aosta delle Fiamme Gialle, in merito agli anni 2012 e 2013. I militari, analizzando i conti di due delle ditte del “gruppo”, accertano e contestano basi imponibili sottratte a tassazione per oltre 23 milioni di Euro, oltre ad un’evasione Iva per oltre 7 milioni e mezzo di Euro. Ne deriva una prima denuncia, per gli amministratori di fatto e di diritto, per dichiarazione infedele (visto il superamento della soglia penale dell’elusione fiscale).
Dalle ispezioni, tuttavia, ai finanzieri comandati dal tenente colonnello Francesco Caracciolo, si disvela uno scenario più ampio. Per “mascherare” il dissesto economico in cui versavano quei due soggetti giuridici, i tre arrestati non avrebbero fatto altro che spostare le risorse finanziarie disponibili da una società di famiglia all’altra. Così facendo, spiega la Guardia di finanza, non solo avrebbero agito “in totale spregio dell’autonomia gestionale ed amministrativa che dovrebbe caratterizzare” ogni azienda, ma “lo stato di decozione” si sarebbe ulteriormente aggravato.
Attraverso quelle operazioni, infatti, la maggior parte dei debiti sarebbe rimasta in capo alle società dissestate, avviate ad un ineluttabile fallimento, poi dichiarato dal Tribunale di Aosta con due sentenze: una emessa nell’agosto 2016 e l’altra pochi giorni fa. Dalle indagini, coordinate dal pubblico ministero Luca Ceccanti, sono stati individuati oltre 2 milioni e duecentomila euro trasferiti dalle fallite ad altre società, circa duecentomila euro trasferiti sui conti personali degli amministratori ed altri centomila euro utilizzati per scopi assolutamente personali, attraverso l’uso delle carte di credito aziendali.
In particolare, per le “Fiamme gialle”, in quest’ultimo caso, gli arrestati avrebbero proceduto ad acquisti “di capi di abbigliamento in noti outlet del nord Italia, smartphone, biglietti aerei, gioielli” e anche per il “download di software e brani musicali dagli store apple ed android, nonché per il pagamento di cure odontoiatriche”. Non è tutto, perché, sempre secondo gli inquirenti, una somma attorno ai cinquantamila euro sarebbe stata destinata a finanziare, peraltro “in modo infruttifero”, una nuova società, operante nel settore della ristorazione, “riconducibile alla moglie di uno degli arrestati”.
Proprio il fatto che l’attività economica del nucleo proseguisse, rendendo verosimile per i finanzieri l’ipotesi di reiterazione del reato, ha indotto la Procura a richiedere le ordinanze di custodia cautelare, concesse dal Gip Giuseppe Colazingari, che ha disposto per padre e due figli gli arresti domiciliari. Una trentina di finanzieri ha eseguito stamane le misure e, nel contempo, sono stati perquisiti tutti i luoghi riconducibili alle persone sottoposte alle indagini, tra i quali alcuni supermercati ancora aperti. Controllate anche due delle società destinatarie dei fondi ritenuti distratti.
La famiglia Cannatà è un nome storicamente legato alla distribuzione alimentare nel capoluogo regionale. Vasco, uno dei due figli di Francesco arrestati, ha anche tentato la carriera politica, candidandosi alle elezioni regionali del 2013 e alle comunali del 2015, nelle liste della “Stella Alpina”.