Dalla Valle d’Aosta alla Guyana francese, la mostra “Tramà” fa il giro del mondo

01 Ottobre 2022

Come già suggerito dall’etimologia patoisante del titolo scelto, il cui significato dalle mille sfaccettature si avvicina all’italiano mosso o spostato, la mostra “Tramà” si configura quale esposizione plurale e multiculturale. Allestita nei locali del mercato coperto di Aosta, essa punta a traslare l’arte dal solo e standardizzato spazio museale a uno spazio maggiormente spontaneo e naturalmente vissuto dal cittadino nella sua quotidianità, il tutto strizzando l’occhio alla contemporaneità dell’espressione degli 13 professionisti che vi hanno contribuito con le proprie opere e le proprie installazioni.

L’organizzazione

“Tramà” prende forma dalle idee e dall’iniziale entusiasmo di Silvia Musumarra e Simonetta Pedicillo, le quali, dopo essere entrate in contatto con l’artista Miriam Colognesi hanno avuto modo di studiare e abbozzare la mostra ipotizzandone come destinazione proprio il mercato coperto aostano. È stata successivamente la collaborazione con Luciano Seghesio e la sua galleria “Inarttendu” e con Lorenzo Germak di “Paratissima” a dare il “la” all’intera iniziativa.

“Dopo un primo sopralluogo, abbiamo compreso quanto tale progetto fosse in linea con la nostra filosofia di sostegno organizzativo ad artisti emergenti e, felici di essere stati chiamati all’azione in un differente contesto territoriale rispetto a quello torinese, abbiamo scelto di occuparci con piacere di allestimento e promozione di tale evento – racconta lo stesso Germak -. Siamo fieri di aver contribuito, in un proficuo clima di lavoro assieme ai curatori e alla città di Aosta, a una distribuzione artistica che speriamo possa ampliarsi anche esternamente nel capoluogo e in tutta la regione”.

“Una riflessione sul multiculturalismo”

Finanziata per metà dal Comune di Aosta, “Tramà” punta a non soltanto a muovere l’arte fuori dai musei ma anche a smuovere le menti di visitatori e appassionati fuori dai rigidi schemi dello status quo.

“Questo progetto è in costruzione da ben un anno e mezzo, quando questo eterogeneo e professionale gruppo di artisti ci ha proposto una idea che immediatamente abbiamo colto come vincente – spiega l’assessore alla Cultura Samuele Tedesco -. Tale esposizione di grande respiro esula dalla banale e noiosa autocelebrazione bensì guarda nella direzione di uno scambio tra usanze differenti a livello europeo e mondiale, innescando una potente riflessione sul multiculturalismo del quale la Valle d’Aosta è polo di attrazione e corridoio di passaggio”.

 

Tra tradizione e modernità

Gli spazi del mercato coperto, per definizione stessa teatro di scambi di merci e suggestioni sin dai tempi antichi, paiono, pur nell’alterazione della propria specifica funzione, aver mantenuto una curiosa essenza multietnica e plurigenerazionale.

“Accanto alle suggestive ed evocative opere che Nazzareno Biondo ha voluto realizzare utilizzando vecchi ma simbolici pneumatici, l’artista valdostana trapiantata nella Guyana Francese Elisa Presta ama con le sue istallazioni trattare tematiche legate al viaggio, all’identità, alla migrazione e al confine – illustra Colognesi aggirandosi con destrezza tra le creazioni in esposizione -. Sul versante nostrano, invece, associato in un elegante binomio alla sezione maggiormente orientata sul versante tecnologico di Andrea Carlotto e Riccardo Mantelli, figura l’utilizzo sperimentale di materiali tradizionali proposto da Peter Trojer e Roberto Gambale, quest’ultimo particolarmente interessante poiché capace di inserire nel solo legno il più insolito vetro”.

Un giovane tocco valdostano

Racchiuse nella concezione di un mercato quale occasione di ritorno all’idea di un nutrimento che esula dalla sola e insufficiente alimentazione sono, alfine, le proposte della valdostana Raffaella Santamaria.

Cibo, emozioni e ricordi rappresentano per noi esseri umani importanti elementi capaci di tenerci cuciti assieme nonché propulsori di crescita che, attraverso memoria e radici, ci portano ad apprendere e a sviluppare una rinnovata coscienza collettiva – osserva l’artista -. Ogni mia ricerca risulta intrecciata con processi analogici e metafore che, come un filo conduttore tra le varie mie opere, ognuno può interpretare sulla base del proprio vissuto e delle proprie personali associazioni di senso”.

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