Le pedalate di Maurice Garin sul palco del Giacosa

20 Marzo 2009
E’ il 1871, in un villaggio nel cuore della Valle d’Aosta nasce il protagonista del ciclismo francese del primo novecento: Maurice Garin. Un’infanzia passata tra il profumo dei prati e le tribolazioni di una realtà contadina, emigrato in Francia che non era nemmeno un ragazzo per lavorare come spazzacamino, di Garin si intuiscono subito la forza d’animo, il coraggio e la tenacia.
Pierre Lucat, nei panni del  “petit ramoneur”, viaggia attraverso la sua vita, pedalando instancabile. Non conosce riposo Garin/Lucat, che nasce sulla bicicletta e da questa non scende mai, nemmeno per sposarsi, nemmeno per dormire!
Le immagini tratte dai giornali dell’epoca fanno da sfondo alla scenografia,  testimoniando le sue straordinarie vittorie e il successo di quello che allora veniva chiamato “ciclismo eroico”; gli altri personaggi come la mamma, gli avversari,  gli amici e le mogli si alternano intorno al protagonista, celebrandone le qualità.
Pierre Lucat è riuscito in questi anni a coniugare la professione di attore con la passione per il ciclismo, la versatilità italiana e la classe francese e poi vince sempre: il primo Tour de France con Garin a teatro, il cinquantesimo con Bobet nella fiction per Rai1 e il centesimo nel film in preparazione con il regista spagnolo.
Io sono fortunatissimo. Faccio un lavoro che mi consente di trasformarti in mille altre persone e fare così esperienze che altrimenti nella mia vita non riuscirei mai a fare. E di mettere insieme competenze che almeno in apparenza non hanno punti in comune.
Il mio sogno d'infanzia era diventare un ciclista professionista e grazie a tutti questi progetti sul mondo del ciclismo ho potuto vivere una parte di quel sogno.
E quando si ama qualcosa così tanto, anche i sacrifici che si fanno per raggiungerla pesano di meno. In questo caso gli allenamenti che fanno parte della costruzione del "personaggio" così come lo intendono gli americani, cioè il diventare fisicamente qualcun altro.
Io invece per costruire un personaggio, cerco di stimolare delle parti di me che magari ci sono, ma sono invisibili. Cerco di farle diventare ipertrofiche e così facendo sono loro a deformarmi, a farmi diventare un altro, ma in realtà sono sempre io.
E quello di restare se stessi, senza per altro essere riconosciuti, è un grande divertimento!”
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