Lo spirito dei Queen scuote Aosta con We Will Rock You
Il livello culturale collassa, la musica è vietata ed eserciti di adolescenti e giovani che sembrano usciti da una fabbrica di influencer. Questo è il pianeta Mall, regno di Killer Queen (interpretata da Natascia Fonzetti), aka “ordine e disciplina”, una terribile dittatrice senza scrupoli che vuole eliminare qualsiasi pensiero diverso dal suo. È in questo futuro distopico che s’incontrano Galileo Figaro (Damiano Borgi) e Scaramouche (Alice Grasso), i due anti-eroi pronti a sfidare il pensiero unico per la libertà. Per sfuggire all’omologazione dei Ga Ga Boys & Girls, la coppia si aggrega ai Bohemians, gruppo di ribelli capeggiati da Brit (omaccione con i capelli rasta che prende il suo nome da Britney Spears) e Oz (compagna del primo che invece omaggia Ozzy Osbourne). I Bohemians sono personaggi slegati dal genere e dalla identità: vivono però braccati da Killer Queen, in attesa che “l’uomo dei sogni” (Galileo) compaia sulla scena per liberarli, riportando in vita lo spirito del rock e con esso la socialità sul pianeta Mall.
Is this the real life? Is this just fantasy?
We Will Rock You, nella versione proposta al Teatro Splendor per il primo musical della Saison Culturelle 2023-2024, è uno degli spettacoli musicali più rappresentati al mondo: scritto da Ben Elton insieme a Roger Taylor e Brian May, dopo aver collezionato 35.000 presenze in 30 repliche nella prima parte del tour 2023, è sbarcato ad Aosta per la prima data del nuovo tour in Italia in questa nuova versione prodotta da Claudio Trotta per Barley Arts e per la regia di Michaela Berlini.
Uno spettacolo che non può rimanere confinato nelle semplici accezioni di “bello o brutto”, ma è un trionfo di musica, pensieri, rimandi all’attualità (grazie ai “sogni lucidi”, ad occhi aperti di Galileo che di fatto parla per citazioni di brani musicali) e allusioni più che esilaranti (dal Giambruno-gate in giù). Non può lasciare indifferenti perché in tre ore di spettacolo chiunque proverà una sorta di trance musicale in cui i piedi, i talloni e le mani batteranno insieme a quelle degli altri in una vera e propria ode alla musica che ha fatto la storia del mondo moderno. Non è un musical sui Queen, né sulla loro storia, né tantomeno su quella del più famoso di loro, Freddie Mercury – di cui ieri ricorreva tra l’altro l’avversario della tragica scomparsa, avvenuta il 24 novembre 1991 a Londra – ma è una storia di fantasia che di mostra come questa versione no replica possa trasformarsi e adattarsi e calzare perfettamente con qualsiasi situazione il mondo reale stia attraversando.
I want to break free
We Will Rock You è una profezia, o meglio, un monito affinché la profezia non si avveri. Un monito per impedire che le menti vengano formattate da un pensiero unico, da una musica unica, da una visione unica delle cose. E allora sfilano, per bocca di Galileo (ma non solo, ndr), tutti i testi antichi proibiti più conosciuti, ovvero le canzoni dei Queen che possono farsi riconoscere anche da una sola nota, un giro di basso, un riff di chitarra, una parola, e che messe insieme danno un senso a tutto quello che è non solo la loro musica, ma la musica in quanto forma d’arte, libertà di muoversi, di cantare, di ballare e di goderne a pieno. Da “I want to break free” a “We Will Rock You” (proposta due volte, anche nella sua versione ‘accelerata’) , passando da “Under Pressure” a “A Kind of Magic“, fino al gran finale della sinfonia liberatoria di “Bohemian Rhapsody” la musica diventa non solo monito, dunque, ma inno alla gioia di vivere insieme un’emozione che accomuna anziché dividere, che riunisce, anziché alzare muri.
La storia di Galileo, Scaramouche e gli altri, pur essendo fondamentale, perde dunque di senso di fronte alla ben più elevata missione che si preparano a compiere e che portano a termine per l’umanità intera. Si potrebbe raccontare semplicemente che quattro ragazzi e dei loro amici, antagonisti del pensiero unico, decidono di contrapporsi ai poteri forti del pianeta Mall per riportare nella legalità la musica, ma sarebbe riduttivo e farebbe ripiombare We Will Rock You in una dimensione troppo terrena e banale. Tutto quello che questo musical non è.
E, al netto della bravura dei 15 artisti sul palco e dei musicisti che finalmente fanno la loro apparizione come Deus Ex Machina solo alla fine, spuntando fuori dalla parte superiore della scenografia dopo una Cavalcata delle Valchirie di ben tre ore, questo musical è una iniezione di energia per i fortunati spettatori e per la Valle d’Aosta. Realizzare che, in un venerdì, ad Aosta, nella provincia più lontana dell’Impero, quella dove la frase più famosa è “non c’è mai niente da fare“, a soli 800 metri di distanza l’uno dall’altro, esistano e co-esistano due spettacoli (entrambi sold out), che più diversi non possono essere, Lo Charaban e We Will Rock You, porta a pensare che alla fine se qualcosa da fuori deve arrivare non è detto che impoverisca, ma che anzi possa portare una visione diversa delle cose. La pluralità, gli stimoli dall’esterno non cancellano una cultura, ma la arricchiscono e danno alle persone la scelta di vedere quello che preferiscono. Fortunatamente, in molti, hanno scelto di vedere entrambi.