Sergio Larrain: la poesia fotografica protagonista al Forte di Bard

24 Giugno 2014

“Quando scatti una foto, organizza il tuo corpo, i tre punti devono essere in linea. Si tratta di un’esperienza di yoga”. Così Sergio Larrain, fotografo cileno al quale il Forte di Bard in coproduzione con Magnum Photos – Fondation Henri Cartier-Bresson, dedica la prima retrospettiva italiana. Curata da Agnès Sire, direttore della Fondation Henri Cartier-Bresson, la mostra “Vagabondages” sarà aperta al pubblico dal 25 giugno al 9 novembre 2014. Larrain è ben lungi dall’essere uno di quei fotografi che scattano centinaia di foto cercando la migliore riuscita. La sua filosofia si riassume nell’unicità dello scatto. Ogni scatto nasconde uno studio e un’attenzione sulla luce, la geometria, il volume e il dettaglio, rientrando pienamente nell’ordine di idee dell’Occhio del secolo, Henri Cartier-Bresson.
Il progetto espositivo, che trova spazio nelle sale delle Cantine del Forte e che ha ottenuto l’alto patrocinio dell’Ambasciata del Cile in Italia, rende protagonista uno dei fotografi più ecclettici del gruppo Magnum Photos, Sergio Larrain (1931-2012), attraverso 127 scatti, quasi tutti compresi tra il 1950 e il 1964, il maggior periodo di produzione del fotografo, 4 disegni e 4 scritti originali di Larrain, 5 riviste accompagnate da 6 scatti vintage, 4 libri, oltre a due filmati.

Agnès Sire, direttore della Fondazione Henri Cartier-Bresson e amico epistolare di Larrain per trenta anni lo ha definito un meteorite che ha attraversato l’universo della fotografia e che ha avuto la saggezza di fermarsi perché non riusciva più a trovare la sua libertà fotografando, ma solo alienazione. Nato a Santiago del Cile nel 1931, Larrain nel 1978 decise di ritirarsi, dopo tanti viaggi, nella campagna cilena, dove ha vissuto una vita autosufficiente e ha insegnato yoga e disegno. Senza apparentemente nessuna motivazione, abbandona dunque la fotografia e inizia un percorso di introspezione mistica in un paesino della cordigliera cilena lontano dal mondo e dal contatto sociale. Scrive poesie e libri tra il silenzio delle Ande. Centinaia di fotografi si lanciano alla sua ricerca sperando di trarre ispirazione dal maestro. Il fotografo rifiuta anche di incontrare i corrispondenti del New York Times e del El Pais seguendo nel suo esilio. Ci lascia un patrimonio artistico di foto in bianco e nero. Nella piccola e paradossale “valle del paradiso”, tra i suoi vicoli e le sue infinite salite e discese, Sergio Larrain realizza alcune tra le sue foto più celebri.

Fermamente contrario all’idea di una mostra sulle sue fotografie, perché l’attenzione mediatica lo avrebbe allontanato dal suo isolamento duramente conquistato, accettò solo alla fine della sua vita che Agnès Sire curasse una retrospettiva del suo lavoro. Spesso Sire si scontrava con il desiderio del fotografo di distruggere tutto il suo lavoro e, soltanto garantendogli che la mostra e i libri su di lui avrebbero dato conforto all’umanità, riuscì a strappargli il consenso sulla riproduzione delle sue fotografie, che sono state oggetto di tre libri: Valparaiso, con testi di Pablo Neruda, Londra e Vagabondages.

La mostra Vagabondages, prima assoluta per l’Italia, ha letteralmente rappresentato il top event dei Rencontres di Arles dello scorso anno e l’edizione Thames and Hudson’s del catalogo dell’esposizione, Sergio Larrain: Vagabond Photographer a cura di Agnès Sire e Gonzalo Leiva Quijada ha da poco la medaglia d’oro come Best Photography Book Award dalla Kraszna-Krausz Foundation, il più prestigioso premio anglosassone sull’editoria fotografica. I libri vincitori di ogni edizione sono destinati a offrire un durevole e originale contributo educativo, professionale, storico e culturale al mondo della fotografia.

L’inaugurazione della mostra sarà preceduta da un incontro con Gonzalo Puga, nipote di Sergio Larrain e persona deputata dalla famiglia a curarne il patrimonio personale. Cileno di Santiago, Gonzalo Puga è designer e docente universitario.
 

Exit mobile version