Un’Ornella Vanoni stanca, ma dall’intramontabile verve, porta a Bard la sua storia.

27 Luglio 2018

Ornella Vanoni arriva a Bard per raccontare la sua storia, ma il racconto della cantante meneghina parte inaspettatamente dal presente, perché per la Vanoni il passato è passato e, nonostante sia glorioso e pieno di successi, oggi è qui e va vissuto, perché, come lei stessa canta, “Domani è un altro giorno”. E se di presente bisogna parlare, è giusto farlo fuori dai denti, con la libertà di chi, come la signora, può permettersi il lusso di dire ad alta voce ciò che pensa: “Oggi è stata una giornata di merda. Tutto è iniziato male e la casa mi si è allagata”.

La Vanoni arriva al Forte di Bard alle 19, accusa il colpo, dall’alto dei suoi anni, nonostante il fisico sembri quello di una 30enne e l’ironia quella di una donna che non ha mai dovuto chiedere il permesso. La sua storia è sotto gli occhi di tutti, perché raccontarla per forza come la gente si aspetta che lei faccia? Anche in questo Ornella Vanoni è libera: fa fatica a salire sul palco, viene accompagnata, ma, quando davanti a lei esistono solo un microfono e il pubblico, ci sono solo le sue mani che accarezzano l’aria e la muovono con gesti sensuali, come quando nel 1982 cantava Musica Musica davanti alle telecamere della televisione di stato svizzera ondeggiando, così come quando le dita compiono il tipico gesto dei bambini, disegnando riccioli in mezzo ai capelli vaporosi e altissimi.

Ornella Vanoni c’è. E con lei la sua dose di ironia e il suo carattere non sempre facile (i musicisti si beccano qualche ramanzina e il fonico è la prima testa che cade alla richiesta di abbassare l’asta del microfono). Però la signora è così e lo spettacolo che regala è impareggiabile; tutti i grandi successi arrivano uno dopo l’altro: “L’appuntamento”, “Domani è un altro giorno”, “Ma Mi” e tanti altri.

“Sono cresciuta in una famiglia bene di Milano, studiavo lingue, poi è arrivato Strehler: mamma piangeva, papà piangeva, a Milano mi guardavano tutti male e dopo è arrivata l’onda genovese e chi c’era nell’onda genovese?”. Il pubblico di Bard la segue, risponde “Paoli” e parte l’indimenticata “Senza fine”. Il timbro della voce non tradisce, tutto sembra immutato: la Vanoni canta e recita, rallenta e accelera, ma su ogni brano mette l’accento. Nel panorama italiano è una delle poche che nella stessa serata può passare dalla mala alla bossa nova senza batter ciglio e a Bard non si risparmia, perché nella sua vita non lo ha mai fatto, e questo concerto, seppur breve, è rimasto fedele al tema. Allora ecco apparire accanto a lei sul palco, in sequenza, anche Gaber, Iannacci e Dalla, in un trittico che sembra uscito dal periodo d’oro della canzone italiana, quella canzone che solo in Italia viene chiamata leggera: “Non so, solo in Italia la chiamano leggera. Per me c’è la buona musica e poi c’è quella cattiva. Ora, se devo essere sincera, c’è soprattutto quella brutta”.

Ornella Vanoni può dirlo, lei che della musica ha fatto la sua vita, lei, in grado di passare dai gorgheggi in “Ricetta di donna” alla melodia più romantica in “Rossetto e cioccolato”, grande colonna sonora del film di Sorrentino “Le conseguenze dell’amore”.

Il concerto dura un’ora esatta, la cantante è stremata e non torna sul palco per i bis, ma nessuno sembra aver nulla da dire, come se anche solo 5 minuti della cantante siano sufficienti a placare la fame di bella musica, di talento e di storia, quella che la Vanoni ha fatto dai suoi esordi. E che importa se il nome del batterista proprio non le viene in mente, a Ornella si può perdonare (quasi) tutto.

 

Exit mobile version