Da marzo, via ai lavori di risanamento nel tunnel del Monte Bianco: 385 ore di chiusura al traffico
Dieci milioni di euro d’investimento, per sostituire 555 metri di impalcato stradale, con un cantiere che impegnerà – nei lavori principali – ottanta persone, per un totale di 20mila ore/uomo. E’ l’“identikit” dell’intervento di risanamento che interesserà, tra poco più di due mesi, il tunnel del Monte Bianco. Cifre e dati sono stati illustrati oggi, giovedì 18 gennaio, da Gilles Rakoczy, direttore gerente del Gruppo Europeo di Interesse Economico del traforo, l’entità che raggruppa le due società concessionarie italiana e francese nella manutenzione e gestione unitaria della struttura, in esercizio dal 1965.
Perché c’è bisogno di sostituire le lastre di impalcato, che in sostanza è la parte a terra della galleria, fungendo nel contempo da volta del cunicolo di sicurezza sotterraneo? L’esigenza è emersa dall’analisi costante cui il tunnel è sottoposto per cogliere eventuali deformazioni conseguenti al transito dei mezzi. Un processo che avviene tramite dispositivi in fibra ottica e rilievi laser-scanner tridimensionali. “Finché i livelli di usura rientrano nella norma – spiega Rakoczy – preferiamo programmare ed effettuare gli interventi, com’è stato in passato per una serie di elementi nei quali avevamo riscontrato un tasso di cloruro importante, in grado di intaccare le armature metalliche”.
Posta la necessità di procedere, per il GEIE si è aperta la vera sfida, legata, da un canto, all’operare nel massimo della sicurezza, e, dall’altro, a minimizzare il più possibile il disagio per gli operatori economici e turistici delle vallate sui due versanti. “Si trattava, – sottolinea il Direttore gerente – di attendere la fine della stagione invernale, di evitare i periodi delle festività francesi e svizzere dell’Ascensione e della Pentecoste e di terminare i lavori entro l’inizio dell’estate”.
Il motivo è semplice da spiegare: ogni sabato di luglio ed agosto, il traforo accoglie oltre 8mila famiglie in viaggio verso le loro mete di vacanza. Un flusso che, compromesso, farebbe saltare i volumi record raggiunti ultimamente dal traforo. Basti pensare che nel 2017 sono stati registrati un milione 352mila 359 transiti di veicoli leggeri: il numero più alto da quando i presidenti Saragat e De Gaulle si sono stretti la mano nella galleria, cinquantadue anni fa, decretandone l’apertura.
La sostituzione dei 222 elementi di impalcato (lastroni lunghi oltre otto metri e larghi circa due e mezzo), assieme a 425 blocchi di marciapiede, avverrà quindi procedendo per venti metri a notte, tra gli ultimi giorni di marzo e giugno prossimi. Ad aggiudicarsi l’intervento è stato un raggruppamento d’imprese franco-italiano, con mandataria la SPIE batignolles, l’italiana Cogeis come co-appaltatore e la Setec, quale sub-appaltatore dell capofila. Ogni volta che scatterà la chiusura, due cantieri verranno allestiti in simultanea, uno su ciascun lato della galleria.
La modalità di esecuzione dell’intervento ha un che di avveniristico, anche perché il progetto dettaglia praticamente ogni minuto di chiusura, che andrà dalle 21 alle 5 del mattino. “Si partirà con la rimozione dei marciapiedi, quindi l’impalcato a terra verrà tagliato in parti corrispondenti alle dimensioni degli elementi da posare. – commenta Rakoczy, mostrando un video esplicativo – A quel punto, entreranno un camion vuoto e un carro ponte idraulico, realizzato appositamente per questi lavori. Il secondo si posizionerà al di sopra della parte da rimpiazzare, solleverà due pezzi e li poserà sul camion, che ripartirà, allontanandoli. Arriveranno quindi i lastroni nuovi e verranno posati e quindi fissati”. Avanti così, una coppia di elementi dopo l’altra, fino alla riapertura all’alba, dopo aver lanciato tutti i test di sicurezza funzionali alla riapertura.
In questo modo, il GEIE valuta di concludere l’opera in 385 ore di “semafori rossi”, articolate su ventisette notti di blocco della circolazione, cui si aggiungeranno cinque domeniche mattina (fino alle 13) e due interruzioni prolungate (da trenta ore ciascuna), corrispondenti con i fine settimana di inizio e fine lavori. Chiusure dalle ripercussioni economiche sui conti del traforo che, nelle previsioni della gestione, potrebbero rivelarsi relative.
“Abbiamo previsto un piano di comunicazione strutturato, – scandisce il Direttore – in maniera da informare il più possibile l’utenza, affinché possa organizzare di conseguenza i suoi spostamenti. Il traffico leggero, nelle ore notturne, è peraltro ridotto e i trasportatori hanno la possibilità di modulare le soste obbligatorie così da farle coincidere con le fasce di ‘stop’. Non è assoluto che, alla fine, emerga una perdita economica”.
Chiuso questo capitolo, tuttavia, se ne apriranno altri simili. Se nei prossimi mesi non si rimpiazzerà più del 4% degli 11,6 km di lunghezza del traforo, ai gestori del tunnel è già chiaro che il soppalco ha bisogno di essere cambiato anche in altri punti. “Si tratta – aggiunge Gilles Rakoczy – di tratti vicini alle due aree di imbocco. Anche in questi casi abbiamo riscontrato del cloruro, derivante dal sale usato nelle operazioni di sgombero neve. Ad oggi, tuttavia, non abbiamo ancora programmato questi ulteriori lavori”.
Andando oltre le opere di risanamento, il Direttore non si fa problemi nel parlare di tariffe, tema tradizionalmente caldo, soprattutto alla luce del “rumore” scatenato dall’aumento di quelle autostradali sul versante italiano del "Tetto d'Europa". “Nel 2017, così come era già stato l’anno prima, – afferma – non abbiamo avuto revisioni tariffarie. Dal primo gennaio di quest’anno, è entrato in vigore un incremento di poco più del 2%, legato per metà alla media dell’inflazione nei due Paesi e, per la parte restate, ai lavori di raddoppio del Fréjus. Quest’ultima frazione scatterà in ragione della parificazione esistente tra i pedaggi del nostro tunnel e quello piemontese”.
Il fatto che, nei dodici mesi chiusisi da poco si sia raggiunto un record di sempre di mezzi leggeri sta a significare che il “caro autostrade” non scoraggia i viaggiatori? Rakoczy risponde facendo ricorso alla matematica: “l’anno nuovo è iniziato in linea con il 2017, in cui abbiamo riscontrato un incremento globale del traffico del 4%, arrivando quasi ad un totale di 2 milioni di passaggi, tra tutte le categorie di veicoli. Numeri da primato, ai quali i transiti turistici hanno contribuito circa per due terzi”.
Insomma, il tunnel del Monte Bianco è decisamente “gettonato” per lo spostamento dall’Italia alla Francia, e viceversa, ed il raddoppiamento del Fréjus, secondo l'uomo per il quale la gestione non ha segreti, non comprimerà i volumi tra Courmayeur e Chamonix. “Credo che oggi – conclude il Direttore – i trasportatori su gomma prediligano gli itinerari dalle minori distanze e i tempi più brevi. Per questo non vedo, all’orizzonte, conseguenze per il Monte Bianco dalla realizzazione della ‘seconda canna’ al Fréjus”.