Dal Savt un incontro per parlare del futuro di Cva
Il “nodo” rimane, ed è grande come una centrale idroelettrica: quotare o meno in borsa Cva? O ancora, restare come si è ora – una SpA a totale partecipazione regionale – o intraprendere altre strade?
Mentre la questione resta per ora nel “congelatore” di piazza Deffeyes il Savt – il Sindacato autonomo dei lavoratori – prova a riportare la questione sul tavolo con un incontro nei locali del Ccs Cogne per analizzare il modello organizzativo e societario migliore per la Compagnia valdostana delle acque.
Il tavolo degli oratori è abbastanza sbilanciato, e propende vagamente per una quotazione, anche se si esplorano vie traverse, anche se una certezza accomuna tutti i relatori: bisogna scegliere, e farlo in fretta.
Il “la” lo dà l’ex Presidente della Regione Dino Viérin she dopo il suo excursus storico sul travaglio della proprietà valdostana delle acque e degli albori dell’Azienda, esce dal tracciato squisitamente documentale: “Ad oggi Cva è il quarto produttore elettrico italiano – spiega -, non è una società ‘in house’ ma di diritto privato completamente partecipata, che vende su tutto il territorio italiano e distribuisce in Regione. Essendo interamente pubblica è assoggettata alle leggi statali e regionali che ne condizionano l’operatività e la rallentano. Ora servono scelte, valutando le ricadute e le conseguenze”.
O meglio: “Bisogna uscire da un equivoco – prosegue Viérin -: Cva è un’impresa che deve competere sul mercato e agire come altri operatori, quindi un soggetto che eroga un servizio pubblico?”.
La risposta la svela lo stesso Viérin a stretto giro: “È necessario un ddl per riprendere l’iter quotazione in borsa prima di un referendum consultivo. Non decidere è già una decisione, è la scelta definitiva frutto di un sottile e cinico calcolo politico. Non vorremmo trovarci a tempo scaduto, ‘obtorto collo’ e senza esserci presi la responsabilità di una scelta a dover scegliere tra un bando di gara in cui non si sa se Cva potrà partecipare o un partenariato pubblico/privato con questi ultimi a prendersi la guida. Dal 2001 al 2018 Cva ha distribuito dividendi per 614 milioni di euro e versato imposte in Regione per 2 miliardi 224 milioni. Sarebbe folle doverci rinunciare a causa dell’inerzia di una ‘politique politicienne’ e di una classe politica attenta solo al consenso”.
Sul punto più tecnico entra invece Piercarlo Carnelli, chiamato ad esaminare il quadro normativo per gli scenari futuri della società: “Serve che su questo tema – spiega – si decida presto e bene se si vuole mettere in piedi qualcosa di legislativo per blindare la situazione. Far salire sulla barca un altro operatore è una via percorribile, è un’opportunità. La prima opzione, ovvero che Cva rimanga così com’è ora, è l’opzione dell’inutilità e della sconfitta a priori perché il mondo va avanti. Siamo inseriti in un contesto e queste dinamiche vanno affrontate, piaccia o no”.
Anche qui la “volée” vira verso la politica: “Mi preoccupa di più la distribuzione, che ad oggi non è nelle mani regionali ma è riservata al Ministro – aggiunge Carnelli -. La Valle d’Aosta si è beccata secche critiche sulla sua inadeguatezza rispetto a quando doveva muoversi, anche perché doveva saperlo. La competenza non è un fatto decorativo per chi decide di farsi eleggere. C’è un termine per le concessioni e la distribuzione, il 2029 e 2030. Il Trentino l’ha capito, noi dobbiamo inseguire”.
La voce fuori dal coro è quella di Ezio Roppolo, ingegnere e rappresentante del comitato “Giù le mani dalle acque e dalla Cva”: “Non sono d’accordo con i miei predecessori – ha spiegato – il futuro che dipingono è piuttosto buio e vedono le aziende come qualcosa di assolutamente rivolto al profitto, una visione storica. Oggi le società devono pensare alla sostenibilità sociale e ambientale. La mission originale di Cva era quella di curare lo sviluppo economico territoriale ma siccome non l’ha mai fatto perché era una gestione privatistica per produrre profitti qualcuno si è arrogato il diritti di andare in quella direzione. Nessuno ha autorizzato questo passo, era compito degli azionisti che alla fine siamo tutti noi cittadini valdostani”.
E aggiunge: “L’obiettivo devono essere il fossil e carbon free ed una mobilità completamente elettrica come il riscaldamento. Ciò che viene raccontato sul fatto di crescere nel mercato nazionale è una sciocchezza. Se Cva viene quotata da qui al 2030 ogni anno entrerà nel mercato qualcuno con una capacità produttiva rinnovabile pari alla. Se si pensa che Cva resti sul mercato così vivete nel mondo delle favole, non è questo il futuro. A meno che non venga assorbita ma l’offerta di Iren sta arrivando al limite del ridicolo, tra poco ci regalano l’Iren stessa”.
La risposta arriva direttamente dall’interno di Cva, dalla disamina dell’Amministratore delegato della Società Enrico De Girolamo: “Quest’anno compiamo 18 anni – spiega -, una maturità comprovata dalle competenze e dalla forza economica e finanziaria. In una situazione normale questo sarebbe il preludio naturale per fare un salto di qualità e renderci concorrenziali con i competitor sul mercato. Qualsiasi aziende deve muoversi e investire per rimanere sul mercato, e quello in cui è inserita Cva altamente dinamico, con variazioni incredibili e competitor fortissimi. Se resta ferma perde valore”.
L’obiettivo, quindi, secondo De Girolamo è pensare in avanti. Ed il modo è uno solo: “Le aziende devono guardare al futuro. Noi non abbiamo problemi nell’immediato ma li avremo a medio termine, in più con le difficoltà delle concessioni che vanno in scadenza. Il mercato crea le condizioni per investire, e chi ha forza e soldi crescerà. Noi no perché la Legge Madia ci ostacolerà nell’acquisto di nuovi asset”.