Lavoro, i sindacati attaccano: “Sulla Società di Servizi la Regione fa finta di niente”
“È arrivato il momento che la Regione prenda seriamente in considerazione l’argomento Società di Servizi, in primis perché si andrebbe a garantire e a tutelare i lavoratori. Non se ne può più di queste distinzioni, che oltretutto non giovano al lavoro del personale e neppure agli utenti. È da troppo tempo che sulla Società di Servizi la Regione fa finta di niente”.
A scriverlo sono le Funzioni Pubbliche Cgil, Cisl e Uil, che annunciano la creazione di una piattaforma politico-sindacale, nata da “un attento studio e alla cronistoria delle vicende dall’istituzione della Società di Servizi ad oggi”.
Società che, costituita nel 2010, aveva come scopo “l’erogazione di servizi sulla cultura, istruzione, socio-assistenziale e servizio sociale” ma soprattutto “garantire l’occupazione e per non disperdere le professionalità acquisite da tutti quei lavoratori che per anni hanno e avevano lavorato con contratti a termine per la Regione”.
“Difatti la SDS era nota con il nome ‘salva precari’ – aggiungono i sindacati –. In seguito al confronto con le organizzazioni sindacali venne ipotizzato il trattamento economico del personale: sul sociale si individuò il CCNL AGIDAE e sulla cultura FEDERCULTURE. Comparati gli stipendi tabellari con le corrispondenti posizioni economiche del Contratto Collettivo Regionale di Lavoro del Comparto Unico, si colmarono le differenze contrattuali con quest’ultimo contratto collettivo, individuando un differenziale specifico (superminimo)”.
Un contratto aziendale “a tutt’oggi vigente” che in fase iniziale permetteva un trattamento economico sostanzialmente equiparato alle corrispondenti figure professionali dell’amministrazione regionale.
Qualcosa, però, è cambiato: “Nel corso degli anni sono stati adeguati gli aumenti contrattuali dei due CCNL suddetti, ma è mancata una rivalutazione dei superminimi aggiungono le Funzioni pubbliche –. Per la recente assunzione di 6 educatori professionali (qualifica comparabile per titoli agli assistenti sociali), non è stata a tutt’oggi concessa la negoziazione di un differenziale perequativo. Nel tempo inoltre, è completamente mancata una negoziazione sulla divaricazione economica che si è creata per il differente meccanismo di crescita ed anzianità professionale, tra i contratti collettivi di natura privata, con quelli di natura pubblica”.
Un problema che, nel tempo, farà sì che “la perequazione di partenza andrà sempre più a scontrarsi con troppe variabili: contrattuali, giuridiche e di mercato, con evidente sconforto degli operatori e con susseguenti ripercussioni in termini di efficienza ed efficacia della loro prestazione. Ricordiamo che stiamo parlando di Assistenti sociali, Educatori professionali, educatrici ed assistenti alle disabilità, operatrici socio-sanitarie ed operatori della cultura”, aggiungono i sindacati.
“Dimostreremo così la minore economicità dell’assunzione iniziale degli operatori del sociale, nel contempo la divaricazione retributiva comparata ai colleghi regionali – chiude la nota –, ma la cosa più grave è che è venuto a mancare il presupposto per cui è nata la Società di Servizi, quella di garantire la professionalità delle esperienze lavorative”.