Restituzione della cassa integrazione: sul ricorso delle coop il Tar non si pronuncia

29 Aprile 2021

Avevano deciso di appellarsi al TAR le tre cooperative sociali Les Relieurs, Tandem e Montfallère dinanzi alla decisione dell’Inps della Valle d’Aosta, risalente all’ottobre scorso, di chiedere la restituzione della cassa integrazione percepita da 48 operai agricoli tra la fine del 2015 e l’inizio del 2018. La sentenza del Tribunale amministrativo è arrivata oggi, giovedì 29 aprile,  e si traduce, in sostanza, in un nulla di fatto: il ricorso è stato respinto perché secondo il Tar  sarebbe di competenza della giustizia ordinaria.

“Non abbiamo ancora deciso come procedere, ci riuniremo a breve con i nostri avvocati per decidere se appellarci alla giustizia ordinaria o se fare ricorso al Consiglio di Stato” è il commento a caldo di Paolo Calosso, responsabile della cooperativa Mont Fallère.

Per ora nessuno dei singoli lavoratori coinvolti ha restituito all’Inps le somme contestate che vanno dai 7 ai 15 mila euro circa.

La vicenda al centro del ricorso

Una vicenda surreale: è quella in cui sono coinvolti 48 lavoratori e le rispettive cooperative sociali Les Relieurs, Tandem e Montfallère. La sede Inps della Valle d’Aosta, a partire dalla metà ottobre, ha recapitato ai malcapitati cartelle per somme indebitamente percepite in cui, in sostanza, si chiede la restituzione della cassaintegrazione percepita tra la fine del 2015 e l’inizio del 2018. Si tratta di cifre importanti per i singoli lavoratori – operai agricoli – che vanno dai 7 mila ai 15 mila euro per complessivi 300 mila euro circa.

Le nostre cooperative eseguono lavori sul verde – aiuole, prati, piante  – spiega Franca Aiello, Presidente de Les Relieurs – da 20 anni a questa parte, proprio perché operiamo in Valle d’Aosta, il nostro lavoro, essendo di fatto stagionale, si sospende nei mesi invernali”. Da qui il ricorso alla cassa integrazione per gli operai agricoli dipendenti delle cooperative. La cassa viene concessa tecnicamente “per stasi stagionale” fino all’inizio del 2018. “Poi l’Inps cambia l’interpretazione e passiamo alla cassa per “evento meteo”, ovvero il lavoro viene sospeso se c’è neve, se piove o se le temperature sono rigide” specifica Paolo Calosso, a capo della cooperativa Mont Fallère.

Al di là dei tecnicismi, le domande di cassa integrazione vengono comunque sempre accolte dall’Inps con documenti scritti, i lavoratori la ricevono e la dichiarano al fisco.

Poi arriva la doccia fredda di metà ottobre 2020. Per l’Inps quei soldi, anche se precedentemente autorizzati ed erogati, non sono dovuti. Nel dicembre 2019 si è infatti riunita una Commissione INPS composta anche da rappresentanti della Regione, dei Sindacati e di Coldiretti che ha annullato i provvedimenti di cassa integrazione da fine 2015 a inizio 2018. I motivi, si legge nel provvedimento INPS, sono tre: “il provvedimento di autorizzazione non è stato emesso dall’Organo legittimato”, si riscontrano carenze di spiegazioni nella relazione tecnica, la richiesta è ciclica e le aziende richiedenti non sarebbero legate a variazioni di tipo colturale. “Ciò che ci lascia esterrefatti è che si possano annullare degli atti con effetto retroattivo” ribadiscono Paolo Calosso e Franca Aiello sorpresi anche per la lentezza delle comunicazioni da parte dell’INPS. “Solo dopo 10 mesi dalla decisione riceviamo comunicazione di questo annullamento”.

Per noi è una vera e propria mazzata: la richiesta di restituzione arriva in alcuni casi alle cooperative già in affanno per via della crisi e in altri viene formulata ai lavoratori, spesso sono persone fragili, che non hanno ancora neanche ricevuto la cassaintegrazione Covid 19” “

 

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