Lockdown di Natale, Confcommercio VdA: “Governo decreta la morte di un settore”
L’incertezza dei giorni scorsi si è purtroppo trasformata in certezza. Dopo una sola settimana di apertura, dal 24 al 6 gennaio bar e ristoranti torneranno ad abbassare le serrande.
Immediata la reazione di Confcommercio-Fipe Vda: “il Governo, con questa decisione, se confermata, si assume la responsabilità di decretare la morte di un settore fondamentale per i valori economici e sociali che esprime”.
L’Associazione ricorda come il periodo di lockdown deciso vale circa il 20% del fatturato di un intero anno.
“Per mascherare il suo fallimento nel contenimento del Covid-19, il governo ancora una volta decide di scaricare l’onere della riduzione del contagio sui pubblici esercizi, sottoposti da ottobre ad uno stillicidio di provvedimenti”. Graziano Dominidiato, Presidente di Confcommercio-Fipe Vda, condivide la presa di posizione di Fipe nazionale e ribadisce: “I Pubblici Esercizi non sono solo numeri; sono i volti e le mani dei gesti quotidiani, una componente simbolica e materiale della vita quotidiana degli italiani, dei loro ricordi e della via trascorsa insieme. E vorrebbero continuare a lavorare: lavorare non per mettere a rischio il Paese, ma per mettere in sicurezza un patrimonio imprenditoriale e sociale che contribuisce al futuro di tutti”.
Per questo Adriano Valieri, Direttore generale di Confcommercio VdA, avvalora la necessità che la Regione individui gli strumenti, ancorché complementari di quello previsti dallo Stato, per ristorare al cento per cento la perdita di fatturato subito per DPCM”
Sul nuovo decreto, presentato ieri dal Premier Conte, interviene anche Cna. Nei giorni di zona rossa tornano, infatti, a chiudere anche i centri estetici.
“I centri estetici, così come quelli di acconciatura, hanno sempre garantito altissimi standard di sicurezza per loro stessi e soprattutto per i clienti. – sottolinea l’Associazione – Non sono in alcun modo fonte di contagio: le poltrone e le postazioni sono di per sé distanziate. Prevedono un rapporto uno-a-uno con il cliente, non richiedono alcuna compresenza ed è la stessa organizzazione del lavoro a garantire che non ci sia alcun rischio di assembramento. Non c’è nessuna motivazione oggettiva per prevederne la sospensione in caso di lockdown generalizzato nel periodo natalizio. Eppure questa ipotesi è comparsa nel confronto politico”.