Politica Agricola Comunitaria europea: il commento di Coldiretti

26 Novembre 2021

Martedì 23 novembre è stata approvata una nuova politica agricola comunitaria (PAC) 2023-2027  dal Parlamento Europeo. Questo significa che ci sarà una regolamentazione più precisa e dettagliata per tutti i lavoratori del settore, dalle grandi aziende ai piccoli produttori. L’obiettivo è quello di rispettare il Green Deal europeo con provvedimenti per favorire un’innovazione più sostenibile, il ritorno alla terra delle nuove generazioni e una maggiore trasparenza di processi e prodotti.

Ma questo cosa significa per i piccoli produttori e gli imprenditori agricoli in una regione come la nostra? A commentare questa nuova politica, Alessio Nicoletta ed Elio Gasco, Presidente e Direttore di Coldiretti Valle d’Aosta. “È necessario attuare un Piano Strategico Nazionale per la crescita e lo sviluppo con azioni semplici da applicare che garantiscano la giusta sostenibilità economica all’attività agricola, adottando misure di attenzione ai territori di montagna e ragionando con un nuovo concetto di Macroregione Alpina”.

Frutto di un lungo e difficile negoziato, la prima proposta di PAC era stata presentata nel 2018, in risposta alle nuove regolamentazioni e direttive del Green Deal europeo. Il risultato finale delle contrattazioni ha dato vita ad una politica agricola comunitaria che vuole essere più verde, più equa, più flessibile e trasparente. Ma, inevitabilmente, una politica comunitaria di questa portata, che si applica a tutti gli stati membri dell’unione, va riletta e adattata al singolo territorio a seconda delle risorse e delle difficoltà presenti. Aggiungono Nicoletta e Gasco: “ora bisogna lavorare a livello nazionale e regionale per tradurre in misure semplici ed efficaci gli indirizzi dell’Ue, dall’innovazione alle politiche per favorire il ritorno alla terra delle nuove generazioni”.

“In Europa occorre però coerenza nelle politiche comunitarie – continuano – , dicendo SI a tutte le misure che aumentano la trasparenza di processi e prodotti, attraverso l’obbligo dell’etichettatura d’origine. Inoltre è necessario che queste garantiscano competitività agli agricoltori europei sul piano mondiale promuovendo ed applicando il concetto della reciprocità negli standard produttivi in modo che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri, garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali, ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute” continuano Nicoletta e Gasco.

Tuttavia, la PAC non porta solo innovazioni e idee costruttive. Il problema riguarda, in particolare l’idea del Nutriscore un nuovo tipo di etichetta alimentare a semaforo che indica se un alimento sia “sano” o meno in base al livello di zuccheri, grassi e sale, calcolato su una base di riferimento di 100 grammi di prodotto. Questo tipo di etichetta però, andrebbe a penalizzare i prodotti alimentari di export italiani, anche se sono esclusi da questa etichettatura gli articoli DOP, IGP e STG. Come concludono Nicoletta e Gasco “va avversato ogni tentativo di banalizzazione ed omologazione del modello agricolo italiano ed europeo, dicendo quindi NO ai finanziamenti alla produzione di carne in laboratorio o all’introduzione di etichette a semaforo quali il Nutriscore”.

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