Protesta surreale dei sindacati della funzione pubblica per “salvare” 6 giorni di ferie

09 Aprile 2020

Da una parte ci sono le aziende che falliscono, le partite IVA al collasso, i dipendenti delle aziende private in cassaintegrazione e quelli che non sanno se, finita l’emergenza, avranno ancora un posto di lavoro. Poi ci sono gli artigiani e i commercianti che si sono visti chiudere l’attività e devono sostenere i costi fissi pur avendo azzerato gli incassi.

Dall’altra ci sono i dipendenti dei Comuni e delle Comunità montane, dell’Ente regione e più in generale della pubblica amministrazione. Per loro, con l’obiettivo di ridurre le presenze e gli assembramenti in uffici, sono state immaginate, dove possibile, forme di lavoro agile da casa. L’80% del personale del comparto pubblico, anche di livello dirigenziale, può quindi svolgere a domicilio la sua prestazione lavorativa e, a fine mese, non avrà alcuna ripercussione sullo stipendio.

Per quelli impossibilitati a svolgere lo smart working e comunque esentati dal servizio, la Regione ha invece previsto di far utilizzare ai lavoratori le ferie già maturate. Anche in questo caso i lavoratori posti in ferie, perché impossibilitati a prestare la loro attività, riceveranno il 100% della busta paga a fine mese.

Da qui la protesta, da molti considerata surreale, dei sindacati della Funzione Pubblica CGIL, CISL e UIL che hanno indirizzato alla Regione, ai Comuni e al Celva una lettera in cui hanno chiesto l’immediato ripristino delle ferie e in particolare di quelle maturate dal 1°gennaio al 12 marzo 2020, in tutto sei giornate, per quei lavoratori che non possono lavorare da casa. Pena, hanno messo nero su bianco i sindacati, il ricorso all’autorità giudiziaria per “vedere tutelati i diritti dei loro assistiti”.

Le richieste dei sindacati sono state per ora respinte dall’Amministrazione regionale che nella sua riposta ha sottolineato come il Decreto Cura Italia abbia previsto la possibilità di mettere, anche unilateralmente, in ferie i lavoratori che non possono svolgere la loro attività lavorativa per ragioni che non derivino da fatti imputabili al datore di lavoro.

La protesta, nel marasma complessivo di questa emergenza sanitaria, poteva essere evitata se solo i sindacati avessero saputo interpretare e leggere la realtà alla luce della situazione attuale in cui la perdita di 6 giornate di ferie, peraltro usufruite, non può essere considerato un danno irreparabile per una categoria di lavoratori che, fortunatamente, non è esposta alle gravi conseguenze con cui devono fare i conti tutti gli altri.

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