Sanità, la “fuga” dei valdostani costa 8 milioni. Ma il “Parini” è anche capace di attrarre
C'è la percezione da sempre, in Valle d'Aosta, di una sorta di 'diffidenza' che accompagna l'Ospedale regionale. Una mobilità passiva – di utenti cioè che abbandonano la propria regione in favore di altre strutture considerate più affidabili – i cui costi, stando a quanto emerso, venerdì scorso durante la conferenza stampa di Giunta si aggirerebbero attorno ai 7/8 milioni di euro annui.
La “fuga” dei valdostani verso le regioni limitrofe sarà al centro dell’agenda politica delle prossime settimane. “Dopo l’approvazione dell’atto aziendale dell’azienda Usl – ha spiegato venerdì l’Assessore regionale alla Sanità, Laurent Viérin – andremo a rideterminare gli accordi di confine (lunedì prossimo è già in programma il primo incontro in Regione Piemonte, con l’Assessore Saitta) con l’obiettivo di inserire il presidio valdostano in una rete ospedaliera interregionale, lavorando sulla questione della mobilità sanitaria affinché non sia sempre e solo passiva ma che si possano creare sinergie per bilanciare ciò che i singoli sistemi sanitari possono offrire”.
Nonostante un’elevata mobilità passiva la Valle d’Aosta già oggi è capace di attrarre pazienti da tutta Italia ma anche dall’estero.
“Ci sono delle 'uscite' di pazienti dalla Valle soprattutto sulle alte specialità che non abbiamo in regione – spiega il Direttore Generale Usl Massimo Veglio – come la cardiochirurgia o la neurochirurgia. Ci sono però strutture che attraggono molta mobilità attiva dall'esterno come il Fivet (che si occupa di fertilizzazione in vitro, ndr) che è grande fonte di attrazione, o la Medicina Nucleare. Per quel che riguarda Ortopedia abbiamo una grossa voce in entrata, compensata però dai numeri in uscita. In altre strutture, come ad esempio Oculistica, alcune defezioni hanno portato diverse uscite di pazienti dalla Valle, che contiamo di recuperare dal momento che abbiamo individuato il nuovo primario della struttura”.
Un'attrattività costante che si spiega, in realtà, con grande semplicità: “Riguardo Medicina Nucleare – sottolinea il dottor Carlo Poti – abbiamo raggiunto un livello tecnologico e di competenze personali tale da attrarre un gran numero di utenti da fuori Valle, per la maggior parte italiani. A livello oncologico, ad esempio, siamo gli unici a proporre certi esami speciali che in Italia non si fanno”. Competenze e riconoscimenti anche per Chirurgia bariatrica, la cosiddetta 'chirurgia dell'obesità', che vede in Aosta un centro riconosciuto ed accreditato a livello europeo: “Abbiamo continuato – commenta il dottor Paolo Millo – la strada che ha aperto Parini. Annualmente curiamo circa un centinaio di malati l'anno, alcuni anche complessi, il 50% dei quali vengono da fuori regione”. E non solamente da quelle limitrofe: “Attraverso il 'passaparola' o le discussioni sui forum in internet – prosegue Millo – molti pazienti arrivano da tutta Italia, alcuni addirittura dalla Sicilia. Questo avviene per quello che offriamo: una équipe multidisciplinare che lavora assieme e si riunisce ogni 15 giorni per discutere caso per caso, elemento che ha fatto scuola in tutta Italia. Da due anni, poi, abbiamo completato il giro comprendendo anche la chirurgia plastica per occuparci del post-dimagrimento”.
E non è da meno il Centro di Sterilità FIVET, diretto dal dottor Marcello Massone, che ha portato introiti di mobilità attiva pura, nel 2014 e 2015, per oltre un milione di euro e in continua espansione grazie anche ad un servizio all'avanguardia rispetto ai vicini Piemonte e Lombardia e a liste d'attesa molto più corte. Oppure Pneumotisiologia, diretta dal dottor Rodolfo Riva, struttura anch'essa dalla grande mobilità proveniente dall'esterno: “Abbiamo potenziato l'attività del Poliambulatorio di Donnas – racconta Riva – e ci siamo fatti conoscere anche dai medici di base del Canavese. Qualche anno fa sono stati acquistati due spirometri da 35mila euro che oggi ci permettono di avere liste d'attesa molto brevi. Nel 2014 abbiamo avuto il 10/15% di pazienti dal Piemonte, dalla Lombardia e dalla Liguria, quindi circa 700 sui 5500 annui”. Numeri anche qui in crescita: “C'è ancora grande margine – conclude Riva – ed è tutta questione di qualità. Fino a qualche anno fa in Valle avevamo 3 casi annui di deficit di antitripsina ed eravamo gli ultimi in Italia, a causa di valutazioni errate. Nel 2016, facendo le valutazioni giuste siamo invece i primi in Italia, con 111/112 casi. È necessario puntare sull'eccellenza, la qualità e le competenze altrimenti, in una regione da 120mila abitanti un Ospedale non ha un futuro, diventerebbe una sorta di enorme ambulatorio”.