“Togliere il salario di risultato significa azzerare il merito”
Come è noto, il Consiglio regionale ha approvato all’unanimità un emendamento inserito nella legge finanziaria per il triennio 2015/2017, che prevede l’indizione di un tavolo di concertazione per sospendere per l’anno 2016 l’erogazione del salario di risultato dei dirigenti del comparto unico e dell’USL al fine di ridurre la spesa complessiva del personale e creare un fondo di mobilità per incentivare il trasferimento del personale del comparto verso l’Azienda USL e le società partecipate e controllate.
In attesa di opportuni chiarimenti, necessari per definire le finalità e l’effettiva applicabilità della predetta norma, pare opportuno precisare quanto segue.
Il paese intero sta attraversando un momento di grave crisi e siamo d’accordo che occorra un sacrificio condiviso da parte di tutti, ma è una misura demagogica stabilire che siano solo i dirigenti a pagare. I consiglieri regionali hanno respinto, infatti, la proposta di ridurre le loro indennità prevedendo la possibilità di scegliere entro il termine di quindici giorni dall’entrata in vigore della norma, se ridursi o meno l’importo che percepiscono mensilmente.
L’ammontare dell’importo complessivo lordo annuo del salario di risultato per i dirigenti degli enti locali è in media pari a circa € 5.000 e varia a seconda dell’ente di appartenenza, mentre l’indennità lorda di un consigliere è di € 5.185 mensili a cui bisogna aggiungere la diaria, sempre mensile, di € 2.686, non soggetta a ritenuta.
Si vuole sottolineare che spetta ai dirigenti adottare atti che impegnano l’ente verso l’esterno, i quali sono i primi a rispondere in caso di violazione di legge per responsabilità contabile, amministrativa, penale e civile.
I consiglieri regionali che hanno approvato all’unanimità l’emendamento di cui trattasi rispondono invece esclusivamente da un punto di vista politico nei confronti di coloro che li hanno eletti.
E’ opportuno, inoltre, spiegare qual è la funzione del salario di risultato che viene erogato una volta all’anno e di cui non solo i dirigenti, ma tutti i dipendenti pubblici beneficiano ed il cui ammontare è variabile, in quanto è legato al raggiungimento o meno di obiettivi finalizzati al miglioramento qualitativo dei servizi, dell’organizzazione e delle proprie competenze professionali e, peraltro, approvati e stabiliti dagli organi politici dell’ente di appartenenza.
Al termine dell’anno viene redatta una scheda di valutazione in cui si dà atto del raggiungimento o meno degli obiettivi e, di conseguenza, si valuta il dirigente ai fine di quantificare l’ammontare dell’importo del salario di risultato.
Nel contratto della dirigenza è previsto che l’ammontare massimo complessivo del salario di risultato sia pari al 28% dell’indennità di posizione. A seguito dell’entrata in vigore delle recenti norme di contenimento della spesa pubblica questa percentuale, a decorrere dall’anno 2011, è già stata ridotta al 21,26%.
Lo stesso salario è inoltre soggetto a sospensione, riduzioni e/o mancata liquidazione previste da diverse leggi statali, applicabili anche nella nostra regione, che prevedono adempimenti obbligatori a carico dei dirigenti (disciplina dell’anticorruzione, trasparenza dell’attività amministrativa, adozione del piano delle performance …) e misure sanzionatorie in caso di non osservanza di tali obblighi.
La retribuzione di risultato, così come concepita nelle ultime normative nazionali ed in particolare dalla riforma cosiddetta “Brunetta” la legge 150/2009, ha come scopo quello di premiare il merito, cioè la migliore organizzazione del lavoro, l’individuazione di elevati standard qualitativi ed economici delle funzioni e dei servizi, l’incremento dell’efficienza del lavoro pubblico, il contrasto alla scarsa produttività e all’assenteismo e, infine, la trasparenza dell’operato delle amministrazioni pubbliche. Il trattamento economico accessorio è stato sostituito dal premio e la produttività individuale e collettiva è stata assorbita dal merito.
Togliere il salario di risultato significa, pertanto, azzerare il merito. Si tenga presente che con l’entrata in vigore della legge regionale di riforma degli enti locali la legge 6/2014, che prevede l’obbligo di associare i comuni valdostani, i segretari comunali e i dirigenti degli enti locali nell’anno 2015 si troveranno a dovere gestire in prima persona, a fianco degli amministratori, il cambiamento dell’organizzazione degli enti presso cui lavorano e ciò dovrebbe portare all’assegnazione di obiettivi strategici il cui raggiungimento non verrà retribuito benché la mole di lavoro aumenti notevolmente.
I Segretari comunali ed i dirigenti degli enti locali valdostani