In Valle d’Aosta il tasso di femminilizzazione nelle imprese è tra i più alti d’Italia
La Valle d’Aosta, nel biennio 2020-21, presenta un tasso di femminilizzazione – ovvero la percentuale di donne lavoratrici rispetto al totale degli occupati – molto alto rispetto alla media nazionale: il 51,1% per il biennio di cui sopra a fronte del 41,7% tasso nazionale del 2022. Il dato è emerso durante la conferenza stampa di presentazione dei dati riguardanti l’occupazione maschile e femminile nelle imprese valdostane con più di cinquanta dipendenti.
A presentare l’analisi statistica Dario Ceccarelli dell’Osservatorio economico e sociale, la Consigliera di parità Katya Foletto e l’Assessore allo sviluppo economico, formazione e lavoro Luigi Bertschy. “Questa indagine è relativa al biennio 2020/21 e interessa solo le imprese valdostane che hanno dai 50 dipendenti in su, mentre le analisi precedenti erano relative alle aziende con più di 100 dipendenti. Grazie all’obbligo di legge siamo riusciti ad avere accesso ad un bacino di dati più ampio con 70 imprese coinvolte in totale” premette Ceccarelli.
L’occupazione dipendente delle grandi imprese interessa il 20% del totale regionale: nel complesso le grandi aziende occupano – a fine 2021 – 8300 persone (8.600 comprese le unità sovraregionali), di cui poco più di 3.000 donne. Il primo dato che emerge è che le grandi imprese sono meno femminilizzate (circa 36%) rispetto al totale del sistema produttivo (51,1%). In sostanza, sarebbero le imprese di dimensioni minori a offrire maggiori opportunità di occupazione alle donne e questo anche nel settore più femminilizzato dell’economia ovvero i servizi.
Categorie professionali
La distribuzione per genere e categoria evidenzia differenze importanti tra uomini e donne: l’occupazione femminile è fortemente sbilanciata sul terziario, ma anche qui il divario aumenta di molto con l’avanzamento di carriera. La percentuale di uomini supera nettamente quella della componente femminile tra i dirigenti, i quadri e gli operai, mentre il rapporto si rovescia nel caso degli impiegati.
Conciliazione lavoro-famiglia
La stabilità occupazionale non risulta differenziarsi significativamente per genere, anche se cambia di molto a seconda del settore, in particolare quello turistico-commerciale evidenzia una minore stabilità assoluta.
I rapporti di lavoro part time riguardano circa il 20% dei dipendenti, ma con una notevole differenza di genere: le donne sono il 45,3%, mentre gli uomini il 6,2%. D’altro canto, il tasso di femminilizzazione dei rapporti part time sfiora l’81%.
Anche la trasformazione dei rapporti di lavoro interessa diversamente uomini e donne: nel primo caso riguarda prevalentemente il passaggio al tempo indeterminato, nel secondo da part time a tempo pieno. Anche il tasso di ricambio del personale interessa i due generi in modo eterogeneo con livelli di turnover più alti per le lavoratrici sia in ingresso che in uscita.
“Un dato molto utile a descrivere il modo in cui la donna viene considerata a livello professionale e lavorativo è ad esempio quello delle dimissioni dei lavoratori in fascia protetta. Per l’80% delle donne la motivazione è l’esigenza di conciliare vita lavorativa e privata per una mancanza di flessibilità o di disponibilità dei datori di lavoro a garantire questa flessibilità. La motivazione per il 90% degli uomini è il cambiamento di impiego” osserva Katya Foletto.
La formazione
Infine, si nota che le donne beneficiano di una minore formazione interna all’azienda rispetto agli uomini, sia per quanto riguarda le ore medie annue, sia in termini di tasso di copertura. Paradossalmente nel settore terziario (il più femminilizzato) le donne hanno formazione minore, con tasso di copertura tra il 40% e il 50%, rispetto all’agricoltura e all’industria, con un tasso di copertura dell’80%.
“I dati, molto utili per dipingere un quadro del mondo del lavoro valdostano, si riferiscono ad un biennio un po’ particola. Per noi sarà molto interessante vedere l’evoluzione nel biennio 22/23 perché i nuovi dati potrebbero mostrarci l’efficacia delle nostre politiche per promuovere la parità di genere sul lavoro. Ci interroghiamo, per esempio, sui dati del part-time, per capire se sia una scelta relativa alla qualità della vita, oppure una necessità più spiccata delle donne per via del lavoro di cura della famiglia. Insomma, questi dati per noi sono preziosi per cercare di migliorare le condizioni del lavoro per tutti” conclude l’Assessore Bertschy.