Lavoro frontaliero: la UIL illustra le novità dell’accordo fiscale
1,5 milioni in tutto il mondo, 120 mila sul territorio europeo, 6 mila soltanto entro i confini della Svizzera: quella dei lavoratori frontalieri è una galassia dinamica e complessa, da gennaio resa ancora più controversa dall’introduzione del nuovo accordo fiscale del Governo. Al fine di dirimere i dubbi e di rispondere alle domande dei professionisti italiani impiegati nella nazione confinante, la UIL Valle d’Aosta ha organizzato oggi, sabato 3 febbraio, un’assemblea mattutina.
Le novità legislative
L’accordo fiscale permetterà, secondo le sigle sindacali, di salvaguardare tutti quei frontalieri che già avevano un qualsivoglia rapporto di lavoro in Svizzera. Questi erano prima soggetti a tassazione unicamente nello Stato estero, che poi s’incaricava di restituire il 40% del versamento all’Italia, secondo una ripartizione concordata.
“Dal 17 luglio dell’anno scorso, data di entrata in vigore della nuova legge, tutti i lavoratori sono chiamati a dichiarare il proprio redito finale in Italia allineandosi a tutti gli altri professionisti. – ha sottolineato il segretario generale UIL Frontalieri, Raimondo Pancrazio – Abbiamo concordato alcune agevolazioni per il riconoscimento delle peculiarità e delle problematiche degli impiegati, per esempio l’introduzione di una franchigia di 10 mila euro tolta dalla somma lorda guadagnata e la detrazione di tutti i contributi versati in Svizzera”.
Una ulteriore novità dell’accordo concerne il miglioramento delle procedure di scambio di informazioni fiscali tra Svizzera e Italia: il 20 marzo di ogni anno l’autorità fiscale elvetica sarà chiamata a comunicare all’Agenzia delle entrate dati puntuali circa ore di prestazioni e ammontare di guadagno degli impiegati del Paese.
“Il denaro potrà così tornare pienamente alle comunità attraverso l’incremento delle indennità di disoccupazione. – ha proseguito Pancrazio – Verrà anche predisposto un tavolo interministeriale tra ministero dell’Economia e delle finanze, ministero degli Esteri e ministero del Lavoro e delle politiche sociali per tutelare i diritti della persona e stilare uno statuto dedicato”.
La fiscalità
La natura dei lavoratori frontalieri è sfaccettata anche per ciò che attiene al versante fiscale e pensionistico degli stessi.
“Il prossimo 3 marzo voteremo per allargare la tredicesima a tutti i lavoratori, residenti in Italia compresi. – ha annunciato il responsabile ITAL UIL del Vallese, Pasqualino Gallicchio – Anche se il 61% della popolazione sarebbe favorevole, avremmo bisogno dell’avvallo della maggioranza dei Cantoni prima che il beneficio entri effettivamente in vigore”.
In Svizzera la fascia femminile della cittadinanza può accedere alla pensione a decorrere dai 64 anni di età, mentre quella maschile a decorrere dai 65. In caso di mestiere usurante, poi, l’arco temporale viene anticipato sino ai 62 anni di età.
“Esiste poi un secondo pilastro fiscale in tutto e per tutto comparabile al nostro Trattamento di fine rapporto (TFR), che può essere investito in forma di capitale o di rendita. – ha continuato Gallicchio – La domanda di invalidità viene riconosciuta sino al 40% e, nel caso si raggiunga la soglia del 70% con conseguente incapacità di servizio, è possibile beneficiare di una copertura finanziaria piena e di un pensionamento anticipato”.
I frontalieri in Italia
I territori maggiormente interessati da una tipologia di impiego frontaliero sono in Italia la Valle d’Aosta, il Piemonte e la Lombardia e in Svizzera il Cantone del Vallese, il Cantone del Ticino e il Cantone dei Grisoni.
“I frontalieri sono un fenomeno storico che copre diverse tipologie e posizioni di lavoro oltre che fondamentale per il mantenimento dell’economia dei comuni di confine. – ha commentato Pancrazio – Comprendere chi sono e come trattarli, nonché dedicare loro uno statuto che ne definisca diritti e doveri, è un ottimo punto di partenza per il riconoscimento del loro impegno quotidiano”.
L’accordo va ad aggiornare un documento oramai decennale, introducendovi indennità e benefici capaci di rendere la professione un’opportunità sia per il singolo che presta servizio all’estero, sia per il Paese straniero costantemente alla ricerca di personale.
“Non si tratta di imporre ulteriori tasse, ma di rendere meno appetibili le professioni svizzere introducendo in italia agevolazioni fiscali e maggiori riconoscimenti in maniera organica. – ha osservato il deputato valdostano Franco Manes – Sarebbe a mio avviso utile arrivare a mettere in piedi le stesse misure di sussidiarietà che caratterizzano le regioni di confine allo statuto speciale e renderle strutturali per valorizzare gli impieghi locali”.
Le perplessità dei frontalieri
Durante l’assemblea odierna i frontalieri presenti nella Sala Cogne della Pépinière d’entreprises di Aosta hanno potuto dare voce a una serie di perplessità cui i relatori hanno cercato di trovare risposta. Il segretario generale UIL, Ramira Bizzotto, ha peraltro promesso un prossimo potenziamento degli uffici del patronato finalizzato a “tutelare tutte le categorie di lavoratori, indipendentemente dal fatto che essi risultino impiegati in Italia oppure in Svizzera”.
Una delle prime questioni emerse ha riguardato la definizione di “lavoratore frontaliero”, ancora oggetto di confusione per molti. “Possono essere considerati tali tutti coloro che svolgano il proprio mestiere sul territorio svizzero dei Cantoni Vallese, Ticino e Grisoni e attraversino la frontiera tutti i giorni – ha precisato Pancrazio -. A tutti viene rilasciato il permesso di lavoro G ma non tutti hanno il medesimo trattamento fiscale”.
In aggiunta, i professionisti che risiedono nella fascia di confine con la Svizzera possono godere di trattamenti ancora differenti e specialistici, ciò che rende necessario un certo grado di chiarezza circa la propria posizione.
“È importante che chiunque verifichi quale sia la natura del proprio contratto di lavoro. – ha sottolineato ulteriormente Pancrazio – Pena il rischio di incorrere in brutte sorprese nel caso sia svolta un’ispezione”.
Un altro punto all’ordine del giorno è stato quello dei permessi concessi ai professionisti stranieri, diversificati a seconda della tipologia di lavoro svolta.
“Dal mese di gennaio è stata introdotta una discriminate secondo la quale l’ambito sanitario può beneficiare di permessi che danno accesso a vantaggi maggiori. – ha detto Gallicchio – In particolare, la categoria cosiddetta ‘B’ è stata fortemente contingentata perché concede diritti tra cui la cittadinanza dopo cinque anni di lavoro, ma viene ancora elargita al personale sanitario per arginarne la carenza”.
Agli impiegati del comparto edilizio, per contro, viene assegnato un permesso basico di tipo G che impone loro l’iscrizione al portale di previdenza online nonché il pagamento dell’assicurazione per malattia.
“Per il datore di lavoro in realtà non cambia nulla. – ha constatato Gallicchio – Di qui la necessità di verificare la natura del proprio permesso con attenzione e di richiederne uno alternativo qualora non risultasse conforme alle proprie esigenze”.