#VdALavora: come diventare l’imprenditore del futuro secondo Oscar Farinetti
Che skills dovrà avere l’imprenditore del futuro? Lo ha raccontato Oscar Farinetti ieri, 30 settembreB, al Teatro Splendor in compagnia di Anna Prandoni, giornalista, divulgatrice e scrittrice enogastronomica, e lo chef da una stella Michelin Paolo Griffa.
Chi è Oscar Farinetti?
Presidente di Unieuro fino al 2003, fondatore di diverse imprese, come Eataly, Fico, Green Pea e scrittore di tantissimi libri come “È nata prima la gallina… Forse” a 68 anni Oscar Farinetti può essere definito a tutti gli effetti un uomo dalla mente poliedrica. A suo dire, il suo successo si basa su diversi fattori, primo tra tutti, una buona dose di fortuna.
“Fortuna: nascere in Italia. Fortuna pazzesca: nascere ad Alba. Fortuna incredibile: essere figlio di un partigiano della Matteotti e di una lavoratrice vestiaria. Nessuno di noi ha deciso di nascere in una delle regioni più belle d’Italia e quindi del mondo, come il Piemonte e la Valle d’Aosta, quindi, iniziamo con un grande colpo di c…”.
Ma la fortuna non è stata l’unico fattore a fare sì che Farinetti diventasse un grande imprenditore. “Anche la scuola, il liceo classico, mi ha aiutato moltissimo, mi ha aperto un sacco di porte, già allora mi piaceva studiare il latino e il greco, ero strano.” E da ultimo le persone di talento conosciute strada facendo: “Ho conosciuto personaggi pazzeschi che mi hanno cambiato la vita. Io tutti i giorni trovo qualcuno che ha più talento di me, però ho conosciuto alcune persone, come Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, Alessandro Baricco, Tonino Guerra, l’uomo più poetico che abbia mai conosciuto, che hanno avuto un grande impatto su di me”.
A suo dire, tra le sue prerogative, quella di diventare un imprenditore ha sempre rivestito un’importanza peculiare: “Io non sono diventato un imprenditore, io sono nato imprenditore, nella pancia di mia mamma ero imprenditore, sono figlio di due imprenditori, non ho mai immaginato di fare altro nella vita. La mia Madeleine da giovane era vedere mio papà e mia mamma la sera e mia mamma che gli rompeva le scatole sul lavoro, lei era la pessimista di famiglia”.
Prima mossa: saper gestire l’imperfezione
La prima mossa per diventare un imprenditore di successo, per Farinetti è quella di saper gestire le imperfezioni: “Siamo esseri imperfetti, già solo il fatto che non decidiamo dove nascere, quando nascere, in che epoca nascere, in che famiglia nascere, il colore della nostra pelle, non decidiamo il nostro sesso, il nostro orientamento sessuale. Una marea di variabili che incidono profondamente la nostra vita e che non decidiamo. C’è chi se lo dimentica, non decidiamo neanche quando morire, usiamo il 10% del nostro cervello, siamo partiti dallo 0,1%. Quanta strada abbiamo ancora da fare. Dobbiamo renderci conto che siamo imperfetti, questa situazione va gestita”.
Secondo Farinetti gli imprenditori si dividono in due categorie differenti: la prima è composta da coloro che cercano la perfezione e “non arrivano mai da nessuna parte” e arrivano a provare il sentimento “più terribile della storia dell’umanità”, la sfiducia. La seconda è composta da chi ammette di essere imperfetto e gestisce le sue imperfezioni: “Penserete mica che quando io vedo la somma degli inventari di 46 Eataly nel mondo abbia di fronte la somma giusta? A me interessa che sia il più vicino possibile a quella giusta”.
Seconda mossa: individuare le priorità e semplificare
Il secondo passo consiste nell’individuazione delle priorità e nella gestione delle complessità. “Individuare le priorità vuol dire, per esempio la mattina, prima fare la doccia e dopo vestirsi, perché se prima ti vesti e dopo fai la doccia è un casino bestiale”. Secondo Farinetti, spesso la complicazione è un alibi per giustificare la propria pigrizia: “Quelli bravi sono capaci di semplificare, è vero che i grandi problemi sono complessi ma cominciamo a semplificare e facciamo delle scelte, queste sono le caratteristiche dell’intellettuale del futuro”.
Terza mossa: pensare locale e agire globale
Un altro consiglio di Oscar Farinetti è quello di pensare locale e agire globale, un motto, a suo dire, perfettamente adeguato alla realtà imprenditoriale italiana: “Chi ha avuto il c… pazzesco di nascere in Italia deve studiare il proprio paese, deve farsi perdonare la fortuna di essere nato nel paese più bello del mondo. Non si deve essere orgogliosi di essere nati in Italia, si deve essere riconoscenti. Bisogna studiare il proprio territorio e poi venderlo al mondo. Esiste una domanda di Italia che fa paura”.
Quarta mossa: saper narrare
A detta di Farinetti saper narrare è un requisito fondamentale per riuscire a farsi strada nel mercato: “Un prodotto non raccontato non esiste, bisogna saperlo raccontare, se poi lo sai raccontare anche bene può anche darsi che il prezzo meriti di più, la filiera venga pagata di più e così via. Narrare, nella vita è fondamentale”.
Quinta mossa: spostare il valore del rispetto dal senso del dovere al senso del piacere.
Il quinto consiglio di Farinetti è quello di spostare il valore del rispetto dal senso del dovere al senso del piacere. Un problema che secondo il fondatore di Eataly è legato a doppia mandata con la bassa percentuale di lettori presenti in tutto lo stivale: “Un paese che non legge non ce la può matematicamente fare. Leggere serve a farsi venire dei dubbi, chi non legge è pieno di sicurezze, certezze. Uno dei motivi per cui gli italiani non leggono è perché la nostra scuola ha un difetto di impostazione sul tema del sacrificio. Spesso i libri ci fanno paura, ci ricordano di quando eravamo piccoli, bisogna passare dal senso del dovere al senso del piacere”.
Sesta mossa: never ever give up
Never ever give up, può sembrare una frase fatta ma secondo Farinetti è proprio così che si ha successo nell’imprenditoria. Per lui, un esempio lampante dell’efficacia di questo mantra si ritrova nella sconfitta di Napoleone nella battaglia di Waterloo, alla fine della quale, il generale francese avrebbe affermato: “Gli Inglesi hanno vinto perché hanno combattuto cinque minuti più a lungo”.
Settima mossa: restare giovani
Per Farinetti è essenziale restare giovani e per farlo è indispensabile riconoscere i “vecchi” che ci circondano: “I vecchi si riconoscono perché dicono sempre ‘io’. Quando ascoltate qualcuno fate finta di prendere appunti. Invece, fate solo una stanghetta ogni volta che dice ‘io’. Se riempite il foglio non fate nulla di ciò che vi ha detto, perché è vecchio. I bambini fanno le domande, non dicono ‘io’, i vecchi danno solo risposte”.
Ottava mossa: copiare (non imitare)
Copiare non è nulla di negativo secondo Farinetti: “Io trovo che copiare sia uno dei gesti più umili, veloci, furbi e poetici allo stesso tempo. Copiare, non imitare. È chiaro che se tu pensi di essere l’unico ad avere talento non copierai mai perché continuerai a credere che sono tutti più stupidi di te, ma il più grande italiano della storia dell’umanità, Leonardo Da Vinci era un copiatore seriale”.
Nona mossa: saper cambiare
Saper cambiare, in un mondo in continua mutazione, è una skill essenziale per il numero uno di Green Pea: “Un’azienda ha bisogno di essere liquida al giorno d’oggi, per affrontare i temi esogeni che arrivano, chi non è liquido salta“.
Decima bossa: fiducia, patriottismo e coraggio
L’ultima mossa consigliata da Farinetti nasconde al suo interno una sfida: recuperare la fiducia che negli anni ’60 faceva sì che anche i piccoli commercianti concedessero ai loro clienti di pagare a credito, rispolverare un patriottismo privo di complessi di superiorità e ritrovare la capacità di scegliere e distinguere le opportunità che ci vengono offerte.
Paolo Griffa e l’importanza della ricerca
Dopo Farinetti, ad intervenire è stato Paolo Griffa, una stella Michelin, subentrato da poco al Caffè Nazionale, storico locale del centro di Aosta. La cucina dello chef si basa sulla ricerca, una ricerca che lui e il suo team hanno iniziato durante l’esperienza del Grand Hotel Royal & Golf di Courmayeur e che stanno continuando con la nuova avventura aostana. Per Griffa “innanzitutto ci dev’essere passione, bisogna scegliere questo lavoro e farlo per piacere personale. Quello che a me ha sempre spinto a fare questo lavoro è una curiosità estrema e il fatto che mi annoio in fretta, quindi cambio spesso menù. Quando ti abitui a fare una cosa e la fai bene è ora di andare avanti“.
Non solo Fontina all’ombra della Torre del Lebbroso
Dopo i due interventi, tutti i presenti si sono diretti sulla terrazza del Teatro Splendor dove un catering locale ha allestito un banchetto a base di Fontina. All’ombra della Torre del Lebbroso è stato possibile assaggiare una Fontina stagionata della Cooperativa di Oyace abbinata ad una gelée di timo e una Fontina d’alpeggio e quattro Fontine da assaggiare abbinate ad altri prodotti.