Ayas, presentata per il vallone delle Cime Bianche l’alternativa a Alplinks

23 Luglio 2016

«Per fare turismo qui ad Ayas è necessario tutto ciò che non è turismo classico: non si può fare riferimento ai modelli di venti anni fa». Marcello Dondeynaz sintetizza così lo spirito che ha animato una quarantina di persone, di cui la metà residenti nella valle laterale e l'altra composta da assidui frequentatori della località turistica, nel costituire il gruppo di lavoro "Ripartiamo dalle Cime Bianche"».

L'idea, in sintesi, è quella di immaginare uno sviluppo turistico del vallone delle Cime Bianche alternativo al progetto AlpLinks. Quest'ultimo, partito da Valtournenche, coinvolgerebbe i Comuni di Ayas e Gressoney, la Regione e Finaosta e le aziende di impianti del Cervino, Monterosaski e Zermatt, con l'intento di realizzare una funivia di otto chilometri tra Saint-Jacques di Ayas e il Colle Superiore delle Cime Bianche, a quasi 3 mila metri, dove già arrivano gli impianti di Cervinia. In mezzo, nella zona dell'alpeggio Vardaz a 2300 metri, ci sarebbe una stazione intermedia.

Quest'opera costerebbe minimo 50-60 milioni di euro, ancora da trovare, per ora c'è soltando uno studio di fattibilità realizzato per conto dei Comuni coinvolti e passerebbe nel Vallone, che è un area protetta. Per questi motivi, il gruppo di lavoro guidato da Dondeynaz pensa di avere il tempo per andare oltre al semplice "no", proponendo un piano alternativo da far conoscere alla popolazione e ai turisti con incontri e iniziative di sensibilizzazione.

"Ripartiamo dalle Cime Bianche" ha già realizzato un pieghevole informativo, che sintetizza un dossier di studio su flora, fauna, geologia e storia dell'area: dai riferimenti alle rocce verdi tipiche della zona, che milioni di anni fa erano fondale oceanico, alla presenza dell'antica via di immigrazione della comunità Walser e della Kremerthal, percorso di scambi commerciali tra la Lombardia e l'Europa, fino al ru Corthoud, canale realizzato nel 1300 e che si estende per 25 chilometri tra il ghiacciaio di Ventina e la collina di Saint-Vincent.

Anche da queste premesse il comitato propone di «far diventare l'area un laboratorio per un'iniziativa di sviluppo locale in grado di coinvolgere l'intero territorio comunale, su quattro linee di intervento». La prima riguarda la creazione di un parco naturale: «Servirebbe per meglio gestire sentieri le cui tracce rischiano di scomparire – spiega Dondeynaz – intervenire sugli alpeggi diroccati e analizzare le torbiere presenti, di enorme interesse scientifico».

Poi si tratta la rivitalizzazione dei villaggi di Saint-Jacques e Fiéry, in fondo alla Val d'Ayas, luogo in cui sono sorsero i primi due alberghi, ora chiusi: «Sono due villaggi da tempo in sofferenza – continua Dondeynaz – e per Fiéry si potrebbe pensare di prolungare la strada comunale, rendendolo raggiungibile con mezzi elettrici».

Le suggestioni sono molte, dalla promozione di spazi di cooworking per villeggianti, «un luogo dove chi abbia bisogno di tornare momentaneamente a lavoro durante la vacanza possa ritrovarsi e scambiare esperienze, puntando anche sulla presenza di banda larga», al rilancio del trekking sul Monte Rosa, con i suoi 4 mila relativamente facili da raggiungere, alla valorizzazione del patrimonio storico culturale e artistico.

L'idea di fondo alla base delle resistenze a concedere il vallone delle Cime Bianche all'impianto Alplinks, deriva dai dati sui flussi turistici, che per la Val d'Ayas sono equivalenti tra estate, circa 230 mila presenze, e l'inverno, circa 250 mila: a differenza di Valtournenche dove le presenze annue in media sono simili, ma lo scarto tra stagioni marca 200 mila presenze in più in inverno. «Non a caso – dicono nel comitato – l'idea dell'impianto parte da Valtournenche».

Da qui l'intenzione di preservare l'area che d'estate presenta un panorama unico: «È l'ultimo vallone del Monte Rosa non infrastrutturato – afferma Dondeynaz – caratteristica che col passare del tempo lo rende sempre più prezioso». Riguardo all'inverno il comitato sottolinea come ci siano «già 180 chilometri di piste da sci nel complesso del Monte Rosa: a chi interessa se sia o meno il terzo comprensorio più grande del mondo? Perché non pensare piuttosto a quei 500 mila italiani che vanno con le ciaspole e magari ad un grande anello di fondo a Pian di Verra?».

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