Legge elettorale, la Consulta torna a sollecitare la doppia preferenza di genere
“Siamo sicuri che i consiglieri stiano ragionando sul fatto che la doppia preferenza di genere è un valore aggiunto”. Raffaella Roveyaz, vice presidente della Consulta per le pari opportunità non sbaglia. I ragionamenti sulle modifiche alla legge elettorale non sono mancati, neppure durante l’estate. Peccato che ad oggi la Montagna non abbia partorito neppure il famoso topolino del detto popolare. All’orizzonte un accordo non c’è, in primis nella maggioranza, sul numero delle preferenze. Diventa difficile immaginare che, per chi punta alla rielezione in consiglio regionale, la priorità della riforma sia l’introduzione della doppia preferenza di genere. Delle cinque proposte di legge depositate in Consiglio regionale soltanto due la prevedono. Senza contare che sono soltanto 3 le donne presenti in Assemblea su 35 eletti.
A guardare ieri sera la platea gremita del salone di palazzo regionale per l’incontro “Politica: singolare femminile“, organizzato dalla Consulta per le pari opportunità guidata da Maria Elena Udali, viene da pensare che ancora una volta il Palazzo sia distante dalle istanze della società.
La Valle d’Aosta è rimasta, assieme a Sicilia e Friuli Venezia Giulia, l’unica regione a non aver introdotto la doppia preferenza di genere. Può continuare a ignorare le disposizioni nazionali, anche sovrazionali, perché regione speciale? “No” ha ribadito ieri sera l’avvocata Arianna Enrichens. “Bisogna adeguarsi. Non vedo ragioni per derogare a questi principi”. Principi peraltro presenti anche nello statuto della Regione, in particolare all’articolo 15, quando si dice: “Al fine di conseguire l’equilibrio della rappresentanza dei sessi” la legge elettorale “promuove condizioni di parità per l’accesso alle consultazioni elettorali”. “Promuovere vuole dire fare qualcosa” scandisce l’avvocata.
Laddove si sono rimossi gli ostacoli ad una maggiore rappresentatività delle donne in politica, i risultati ci sono stati.
Clotilde Forcellati, Assessora del comune di Aosta e presidente della consulta femminile, cita la recente riforma della legge elettorale degli enti locali. Se nel 1995 la presenza delle donne nei consigli comunali si fermava al 16%, nel 2015 con l’introduzione della preferenza di genere si è arrivati al 36,21% per passare poi al 38% nell’ultima tornata del 2020.
“Nei comuni pian piano la presenza dei due generi si sta riequilibrando. Magari non piacerà a tutti, ma a noi si”. Stessa situazione verificatisi al Parlamento europeo, dove nel 2019 si è arrivati al 41%. “Per rimuovere l’assimetria di genere e portare nelle discussioni politiche il punto di vista delle donne bisogna riscrivere il diritto” dice la docente dell’Università di Torino Mia Caielli. “e per farlo la presenza femminile deve essere almeno del 30%”.