Aperto il cantiere di ricostruzione della casa comune degli autonomisti

19 Maggio 2023

“Chiunque ad un certo punto della vita mette su casa. La parte difficile è costruire una casa del cuore. Un posto non soltanto per dormire, ma anche per sognare”. A dirlo, lo scrittore peruviano Sergio Bambarén, a cercare di “ricostruirla”, per l’ennesima volta, gli autonomisti. Anche se, questa volta, giurano che sia quella buona.

Armata Brancaleone disposta all’accanimento terapeutico pur di sopravvivere o autonomisti riuniti finalmente per il famoso bene della Valle d’Aosta? C’è chi giura che la partenza di questo tentativo sia quella giusta per portare a compimento il sogno: una réunion guidata da un entusiasmo paragonabile solo a quello del 1976, anno della storica riunificazione delle anime del Mouvement. L’appuntamento di ieri (giovedì 18 maggio, n.d.r.), aveva come scopo anche quello di vedere lo stato di salute delle realtà autonomista nel nome di una possibile (ma a detta di tutti i presenti all’Hotel Billia, certa), riunificazione sotto il segno dell’Uv riportando a casa tutti i transfughi e i protagonisti delle scissioni degli ultimi 30 anni, proprio nel giorno, non scelto a caso, dell’anniversario della scomparsa di Emile Chanoux.

Sul palco del Billia si accomodano i 5 responsabili politici che questa casa dovrebbero costruirla, oltre che mantenerla pagando le bollette, affinché il popolo autonomista possa sentirsi accolto e, di nuovo, in famiglia: Osvaldo Chabod, che per primo a inizio anno, aveva sollevato la questione della riunificazione con il manifesto Omo su de Tera, Cristina Machet, presidentessa dell’Union, Damien Charrence coordinatore di Vallée d’Aoste Unie, Albert Chatrian di Alliance Valdôtaine e Christian Sarteur di Pays d’Aoste Souverain. La serata si apre con le riflessioni di Sylvie Hugonin, animatrice della Jeunesse, ed Eloise Villaz, giovane expat di Morgex con un promettente futuro nel mondo del Diritto; discorsi che portano al centro del dibattito i cambiamenti climatici, lo stato di salute dell’autonomia valdostana e la volontà di un Movimento forte che sappia porsi di fronte alle sfide del futuro; le due giovani diventeranno il punto di riferimento per i tanti discorsi dei politici che sfileranno sul palco per più di 3 ore e che citeranno le due giovani ragazze come esempio di futuro brillante che attende il nuovo sogno autonomista. La volontà si scontra però con la realtà: solo una decina di presenti in sala si sarebbe potuta definire coetanea delle due ragazze ed è questo uno dei problemi degli autonomisti, il ricambio generazionale e il volerlo (non solo a parole).

A susseguirsi dal pulpito della Casa Madre alcuni storici unionisti come Joseph-César Perrin e Aldo Cottino, chi ha ricordato Emile Chanoux con scritti e lettere, come Jeannette Fosson e François Stévenin, interventi più improntati all’esercizio di stile e alla commemorazione che alla concretezza delle azioni da mettere in campo per tornare a essere credibili nei confronti dei valdostani o ancora gli ospiti più attesi come Laurent Viérin, presente in prima fila e accompagnato dal padre più defilato, che nel suo discorso ha rimarcato una frattura insanabile tra due visioni politiche opposte: “Questo progetto serve anche a ribadire la differenza tra noi, autonomisti e che crediamo a una Valle d’Aosta libera, e loro che cedono alle sirene dei partiti nazionali. Dobbiamo lavorare per costruire una casa con delle novità, tornando a parlare con chi non viene più a votare e mettendo sul piatto dei contenuti come l’acqua, la scuola e i servizi sul territorio”.

Altro ospite atteso Christian Sarteur di PAS, che sottolinea come Pays d’Aoste Souverain non si opporrà al progetto di una casa autonomista comune alle forze regionaliste, appoggiando il percorso anche in vista di una coalizione (fatto che potrebbe portare a un risultato elettorale storico per PAS), ma che l’obiettivo del suo movimento è chiaro e non sarà oggetto di compromesso e si chiama Indipendenza, parola che non rima troppo con alcune anime del Mouvement e che, a fine discorso di Sarteur, sull’immancabile Viva la Val d’Aousta libra, fa storcere il naso a più di un unionista seduto in platea. Perché, se è vero, come ripete Cristina Machet, che “bisogna voltare pagina e andare avanti senza stare a guardare sempre il passato perché ormai è, appunto, passato”, è pur sempre vero che l’autonomista, dentro di sé, ha bisogno di essere più puro (e più autonomista) del suo vicino, di quello che a un certo punto è uscito da gruppo e ha iniziato a cantare e suonare da solo. Mettere da parte i rancori e creare un polo che rispetti le varie anime e la pluralità del popolo autonomista è la vera sfida partita ieri da Saint-Vincent e che tenta l’impresa di ricucire sotto un’unica bandiera tutte le anime protagoniste delle tante fuoriuscite dalla gabbia del Leone.

In sala, le sezioni rappresentano ognuna un bacino di voti e il primo megafono diretto al territorio, ma sono proprio loro da convincere in un gioco delle parti un cui l’Union, ora, deve dimostrare che non ha paura del confronto con la realtà o con questo elettorato così diverso da quelli a cui è stata abituata fino a poco tempo fa, dimostrandosi matura e pronta a riaccogliere a braccia aperte i figli che sono usciti sbattendo la porta, organizzando “la riunificazione entro fine anno – come ha dichiarato Luciano Caveri nel suo intervento -, per essere pronti con uno statuto nuovo per quando la Valle d’Aosta dovrà entrare nel merito dell’autonomia con Roma”.

Quello che per i valdostani, negli ultimi anni, è stato un valzer, un avvitarsi su se stessi con lo scopo di rimanere a galla nella bolgia politica delle 35 sedie di palazzo, è lo spettro che il Mouvement deve allontanare e far dimenticare, nel segno di un progetto comune che diventi l’ultimo bastione della lotta all’avanzata dei partiti nazionali. A dare la stoccata a chi dice che si tratti di un’ennesima mossa di palazzo ci pensa Luigi Bertschy, che invita i gufi ad allontanarsi dal cerchio autonomista: “Se questo è un affare di Palazzo, allora chi avanza questa ipotesi dovrebbe tremare e temere la forza che vedo oggi in questa sala. Sono molti di più coloro che sperano che questa riunificazione non si faccia, rispetto a quelli che la vogliono, ma ai cari gufi dico di stare fuori dalla sala!”.

A chiudere la serata l’intervento di Renzo Testolin e la redazione di un documento che pone le basi della riunificazione, approvato per acclamazione, e l’inno degli autonomisti cantato da tutta la sala (nonostante molti siano già andati via dopo più di 3 ore di comizio). Non sarà questa sera a definire il successo o meno dell’impresa di réunion, ma con l’evento del 18 maggio il popolo autonomista ha messo il primo tassello di un percorso fondamentale per non morire e per prepararsi alle elezioni europee del 2024, primo vero banco di prova elettorale. Per fare questo è bene che il progetto convinca tutti gli elettori, perché a Saint-Vincent, ancora una volta, nonostante una sala gremita, c’era lo zoccolo duro, quella rete, una volta capillare, ora con grandi buchi, ma che cerca di resistere, fatta dalle sezioni e dagli storici votanti dell’area autonomista, mentre quelli da convincere della bontà del progetto sono altri e hanno disertato la serata, così come i giovani ridotti all’osso all’Hotel Billia.

Per la creazione della casa autonomista, dove poter sognare oltre che dormire, le mura sembrano essere state tirate su e le fondamenta non sono mai scomparse, rimane quindi da trovare gli inquilini che siano disposti a coabitare, perché, se i primi mesi sono sempre pieni di entusiasmo e buona volontà, una vera storia d’amore funziona solo se nel tempo resiste alle gioie e ai dolori. Altrimenti ci si sposa per tradire e la storia ricomincia da zero.

 

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