“Roma val bene una messa”, o come le Politiche inguaiano il governo regionale
In matematica è possibile. Anzi, è una regola: meno per meno dà più. In politica – che è tutto fuorché una “scienza esatta”- no. Però, ci sono delle evidenze. Una di queste è sotto gli occhi di tutti: l’attenzione pubblica confluita sulle elezioni politiche del 25 settembre è in realtà il banco di prova della maggioranza regionale. Che qui, e non in aula, rischia di schiantarsi.
A fari spenti, visto il fiorire di liste e programmi, qualcosa è cambiato. Se il presidente Lavévaz pensava – legittimamente – di risolvere la crisi in Regione ed arrivare poi, in primavera, a pensare con calma alle politiche, la caduta del governo Draghi ha sovvertito il cronoprogramma. Ed ora sembra che saranno proprio le elezioni a risolvere la crisi in Regione. Però, forse non come la coalizione autonomista-progressista aveva in animo.
O meglio – e lo dicono in molti, anche tra gli “addetti ai lavori” -, comunque vadano le politiche sembrano dietro l’angolo nuove elezioni regionali. Nuovamente anticipate, come nel 2020. L’eccezione che diventa la regola.
Il naufragio dell’operazione Louvin e i problemi a sinistra
La candidatura – ormai ufficialmente saltata – di Roberto Louvin al Senato aveva uno scopo preciso: portare sul tavolo un nome che riunisse autonomisti e progressisti parlando anche a Rete civica – che infatti si è prontamente sfilata dalle sue frequentazioni con Area democratica, Adu e M5S -, oltre che al Pd.
“Sedotta e abbandonata”, ora la rive gauche potrebbe pesare sui numeri, visto che in Consiglio Valle ne fanno parte Bertin, Jean-Pierre Guichardaz, Crétier, Malacrinò e Padovani. Comunque vada, tanti saluti ai diciotto.
La candidatura di Caveri e la reazione di Alliance
A squilibrare gli equilibri ci ha pensato l’attuale assessore all’Istruzione Luciano Caveri, che ha dato la sua disponibilità a candidarsi. Ad onor del vero, un po’ più di una semplice disponibilità.
Sul suo blog l’ex presidente di Regione spiega – parlando di una “candidatura alla luce del sole” – che “quanto sta avvenendo non è un fatto personale” ma che “l’accelerazione dell’altra candidatura, quella di Robert Louvin, avvenuta senza essere consultati, è apparsa come uno strappo evidente verso quel processo di riunificazione delle forze autonomiste che ormai da tempo dovrebbe partire e nella realtà dei fatti non parte mai. Direi a dispetto del lavoro fruttuoso della componente autonomista in Giunta e in Consiglio regionale”.
L’effetto ottenuto però è l’opposto. I ben informati dicono che Alliance Valdôtaine, finora piuttosto guardinga – almeno esplicitamente -, sta pensando ad una controproposta mettendo sul tavolo il nome dell’ex consigliera regionale Patrizia Morelli (peraltro già candidata al Senato nel 2013). Lo scopo evidente è quello di strizzare l’occhio all’ala progressista. Quello meno evidente – ma ce l’hanno tutti i partiti – è quello di contarsi.
Il silenzio dei diciottesimi
Sottotraccia, in silenzio, Stella Alpina ed Evolvendo – che in Consiglio Valle esprimono il “super assessore” Carlo Marzi e Claudio Restano -, parevano convergere sul nome di Louvin. “Parevano” perché, ufficialmente, nulla è stato detto.
Difficile capire, se Caveri sarà, la reazione dei due movimenti. Sinistra permettendo, basterebbe il “mal di pancia” di uno di loro per tornare d’infilata alle urne.
Roma val bene una messa?
La “lezione” di quattro anni e mezzo fa sembrava acquisita. All’epoca, gli autonomisti si presentarono completamente divisi con il ticket Favre-Lanièce, da un lato, e quello Marcoz-Trione dall’altro. Il risultato? Complice il “ciclone 5 stelle” – che a livello nazionale prese il 33 per cento e qui riuscì a far eleggere Elisa Tripodi alla Camera e far arrivare Luciano Mossa a 1560 voti da Palazzo Madama – si “salvò” il solo Lanièce.
Comunque andrà a settembre, e nonostante le dichiarazioni di intenti, le Politiche stanno facendo implodere il già fragile equilibrio di una maggioranza regionale a 18 e uscita a stento da una crisi politica – ma più che altro psicologica, e di nervi -, autoindotta.
Aggiungendo rischio al rischio, se Augusto Rollandin prendesse più voti del candidato autonomista al Senato – dopo che Pour l’Autonomie ha salutato il tavolo delle trattative, se mai ci si sia seduta davvero -, all’attuale maggioranza mancherebbe qualsiasi punto d’appoggio. E con il partito del fu “Imperatore” ci si dovrà parlare sul serio, sempre che questi avrà voglia di ascoltare.
Insomma, oggi è Roma e non più Parigi che “vale bene una messa”. Anche se fosse una messa di requiem per il governo regionale.