Sul caso della bimba morta al Beauregard è bagarre in Consiglio Valle. Ora l’Ufficio di Presidenza chiede scuse formali
L’Ufficio di Presidenza del Consiglio Valle – riunitosi nel primo pomeriggio di ieri, giovedì 20 giugno – “deplora, all’unanimità, l’atteggiamento tenuto da alcuni Consiglieri nel corso dell’adunanza consiliare, con espressioni ingiuriose e gesti volgari e inequivocabili”.
E, per questo, “a tutela dell’immagine del Consiglio e dei Consiglieri tutti, richiama al senso di responsabilità di ciascuno invitando alla tenuta di comportamenti consoni al ruolo e alla dignità dell’Aula”.
Con una postilla, dato che “invita altresì i Consiglieri coinvolti a formalizzare una dichiarazione scritta di scuse, fermo restando che, qualora si ripetessero tali situazioni sconvenienti, si procederà rigorosamente a termini di Regolamento, finanche all’espulsione ove necessaria”.
Nervi tesi
Le parole dell’Ufficio di Presidenza – unanimi – arrivano dopo la bagarre che si è scatenata in aula mercoledì mattina. Galeotta un’interrogazione a risposta immediata del consigliere Andrea Manfrin, capogruppo della Lega. Il titolo del punto all’ordine del giorno era piuttosto neutro: “Verifica delle procedure di presa in carico dei pazienti pediatrici presso l’ospedale Beauregard”.
Ma, inevitabilmente, la questione riporta dritta ai fatti drammatici degli ultimi giorni. Alla morte, cioè, della bimba di quasi tre anni sulle cui circostanze – questione non di poco conto – è in corso un’indagine aperta dalla Procura. Riferimenti che, peraltro, si trovano nel testo dell’iniziativa.
In Consiglio l’assessore alla Sanità Carlo Marzi si richiama al Regolamento, e con una mozione d’ordine chiede che l’iniziativa sia dibattuta in seduta segreta. Manfrin replica a sua volta: “Richiamerei l’attenzione circa le richieste fatte in questa interrogazione all’Assessore competente per conoscere se sia stata effettuata una verifica circa le procedure di presa in carico dei pazienti pediatrici al fine di evitare il ripetersi di tali tragedie”.
Voce coperta dal rumoreggiare dei consiglieri. Il tutto, mentre il presidente del Consiglio Alberto Bertin cerca di interrompere: “Non può, non può”. E, da qui, le déluge.
Microfono spento a Manfrin, che protesta. L’interrogazione, dice, va discussa, tra le proteste dell’aula. Il capogruppo leghista ci riprova: “Vogliamo capire le procedure di presa in carico dei pazienti, non ci sono riferimenti a persone. Qualcuno dovrebbe spiegare quali sono le motivazioni per usare la segretezza. O avete qualcosa da nascondere, non volete rispondere alla comunità valdostana, ed è un conto, altrimenti c’è la possibilità di spiegare”.
Fuori microfono, volano parole grosse. “Sciacallo!”, si sente distintamente. “Fai schifo!”, dice il consigliere Fp-Pd Andrea Padovani. Si sente anche altro, irripetibile, mentre i toni si alzano. “Vi invito a mantenere un atteggiamento degno di questo Consiglio e non sbragare”, interviene Bertin.
Questione di “dignità”
A testa bassa l’assessore Marzi – mentre il suo vicino di posto, Marco Carrel, scuote la testa – è laconico: “Non si tratta di ammissibilità – dice rivolto a Manfrin –, ma la maniera in cui lei ha deciso di presentare e di discutere questo tema è il motivo per cui andrebbe discusso in maniera segreta. Cioè per criteri di adeguatezza. Però, esiste anche un criterio di dignità dell’Aula e richiamare fatti di questo tipo a distanza di una settimana non rende merito a nessuno di noi e neanche alla comunità valdostana”.
Con 18 voti a favore, sette contrari e nove astenuti l’iniziativa si dibatte in seduta secretata. E ciò che è stato detto non può essere riferito. Quanto si è detto in Aula resta in Aula.
Oltre l’Aula
Fuori, però, è un’altra cosa. Anche se non si può entrare nel merito del dibattito, sui social le posizioni – inevitabilmente – si prendono. “Non starò qui a precisare cosa è o non è accaduto, perché ovviamente non c’è stata alcuna rissa e le parole riferite non sono esattamente quelle pronunciate, ma poco mi importa – scrive su Facebook Manfrin, riferendosi alle cronache pubblicate dai giornali –. Se tutto questo contribuirà a fare luce su quanto è accaduto e sta accadendo avrò raggiunto l’obiettivo”.
“Mi dispiace solo che i fatti debbano passate attraverso scene poco edificanti come quelle vissute in aula, soprattutto su un tema come questo – aggiunge il capogruppo leghista nel suo post –. Il mio pensiero va alla famiglia colpita da questa tragedia e al loro dolore, che nessuna azione potrà colmare. Mi auguro solo che su quanto accaduto possa essere fatta piena luce e che fatti come questi non debbano ripetersi mai più”.
Indirettamente, sempre su Facebook, è Padovani a prendere posizione sulla vicenda: “A tutto c’è (o almeno dovrebbe esserci) un limite. Ci hanno abituati nel tempo a strumentalizzare e mistificare praticamente ogni cosa. Hanno per anni decontestualizzato immagini, preso spezzoni di video e montato storie fingendosi paladini della cittadinanza solo per interessi elettorali.
Ma, appunto, a tutto c’è o ci dovrebbe essere un limite, limite che è stato ampiamente superato sciacallando su quella che è con ogni probabilità la peggior tragedia che possa capitare a un essere umano. E questo è davvero intollerabile”.
“Se la politica diventa solo un modo per ottenere consensi costi quel che costi, se ritiene lecito ogni mezzo, anche il più basso e disgustoso, siamo messi davvero davvero male”, chiude il consigliere Fp-Pd.